Una cosa così bella che non succederà mai
cioè io ho proprio l’impressione che i libri, la letteratura, diano la possibilità di uscir dal seminato e si trova della roba così bella, fuori dal seminato, che voi mi potreste chiedere, per esempio, come mai son già venti minuti che parlo del Buio oltre la siepe di Harper Lee senza dir niente né del Buio oltre la siepe né di Harper Lee e se penso di andare avanti molto, a non parlarne, e io vi risponderei che penso di andare avanti altri venti minuti, a non parlarne e che a me, quella cosa lì di non parlare dell’argomento del quale dovrei parlare, può sembrare una cosa strana, mi rendo conto, il fatto che uno fa un discorso sul Buio oltre la siepe di Harper Lee che è un libro che ha letto quarant’anni fa e non si ricorda praticamente niente e non lo rilegge e non vuol dire niente, di quel libro lì, e vi concedo che è strana solo che è una di quelle stranezze che a me piacciono forse per via che io, una cosa che mi piace moltissimo, è il niente; cioè io non ascolto molta musica, ma uno dei miei pezzi musicali preferiti è un pezzo di un compositore americano che si chiama John Cage che si intitola 4’ 33” e sono quattro minuti e trentatré secondi di silenzio, e l’ho visto eseguito qualche anno fa al conservatorio di Parma, nella sua trascrizione per violoncello la violoncellista ogni tanto voltava una pagina, una musica meravigliosa a me mi piace talmente, questa cosa qua, il niente, quando non c’è niente da dire, o quando non si sa cosa dire, o quando non si sa cosa fare, o quando non si vede niente, o quando non si capisce niente, o quando non si sente niente, o quando non si riesce a dormire, o quando non si vuole mangiare: le astensioni di tutti i tipi, le scene mute, le fotografie senza pellicola, le macchine che restano senza benzina, i sans papier, i sanculotti, i frigo vuoti, i film muti, i buchi neri, la menopausa, le notti in bianco, quando si cerca in tutte le tasche e non c’è neanche una sigaretta; i digiuni, gli anestetici, gli astemi, gli anoressici, gli scioperi; le pianure, le steppe, i deserti, la siccità, la crisi energetica, i black out, gli annulli filatelici, le amnesie, la crescita zero, le tinte unite. La calvizie, la sterilità, il celibato e il nubilato, l’inappetenza e l’incontinenza, il buio, il silenzio, il niente, il nulla, a me mi piace talmente che una volta ho organizzato un convengo, sul niente, 6 ore di conversazione sul niente con dodici relatori e il convegno inspiegabilmente ha anche avuto un discreto successo tanto che l’abbiamo rifatto due volte, una volta a Ravenna una volta a Bologna e l’ultima volta, a Bologna, uno dei relatori era un editore di Faenza che ci ha raccontato che da giovane era innamorato di una ragazza che l’aveva iniziato alla pratica politica di estrema sinistra e l’aveva costretto, in un certo senso, a leggere Marx, Lenin, Mao, e dopo un po’ questa ragazza l’aveva lasciato e si era sposata, con un portiere (di calcio) democristiano e aveva fatto 3 figli nel giro di pochissimi anni. Questa vicenda, ci ha raccontato questo editore, ha generato l’idea di un libro che è diventato il suo bestseller, della sua casa editrice, libro che si intitola Tutto quello che gli uomini sanno delle donne, ed è un libretto di un centinaio di pagine tutte bianche, che ha venduto più di centomila copie, appena uscito la CGIL di Milano, da sola, ne ha ordinate 8.000 copie, che lo regalava ai suoi associati, e anch’io, all’epoca, sarà stato il 1990, l’avevo trovato sul bancone della Feltrinelli di Parma e l’avevo comprato, e quell’editore di Faenza, però, dopo un po’ si era stancato di farlo. Gli sembrava poco serio vendere tante copie di un libro su cui non c’era scritto niente e venderne meno di libri su chi c’erano scritte delle parole che a lui piacevano molto ma a me, devo dire, quel libro lì a me continua a sembrarmi un libro bellissimo che è anche il segno di una libertà, cioè dentro un libro, veramente, uno che scrive un libro sperimenta una libertà che uno che scrive, per esempio, su un giornale, io scrivo anche su dei giornali, non ce l’ha mica, quella libertà, che se un giornale pubblicassero tutto il giornale bianco, dalla prima all’ultima pagina, la CGIL di Milano non ne comprerebbero neanche una copia, secondo me, ma poi un giornale così credo che non lo pubblicherebbe nessuno che è un peccato a me piacerebbe moltissimo, un giornale tutto bianco che uno può scriverci quello che vuole, io sarei disposto anche a comprarlo, non tutti i giorni, probabilmente, ma avere davanti della carta bianca, esser di fronte a questo nulla a me sembrerebbe un modo bellissimo di cominciar la giornata, che meraviglia, sarebbe, e è una di quelle cose che a me vien da pensare che son così belle che non succederanno mai, credo.
[da Non c’è cultura che rende migliori, discorso sui libri pronunciato a Sassuolo il 29 giugno 2015 dentro la manifestazione I libri ti cambiano la vita]