sabato 14 Marzo 2020
Ad ogni equazione, ad ogni formula del nostro mondo superficiale corrisponde una curva o un solido. Per le formule irrazionali, la mia √-1, non conosciamo solidi corrispondenti, non li abbiamo mai visti. Ma la cosa terribile, è che questi solidi sicuramente esistono ma sono invisibili; perché in matematica, ci passano davanti come su uno schermo le loro ombre strane, irritanti — le formule irrazionali; e la matematica e la morte non sbagliano mai. Se questi solidi non li vediamo nel nostro mondo, in superficie, per loro ci sarà — e deve esserci per forza — un intero enorme mondo, oltre la superficie
[Evegenij Zamjatin, Noi, traduzione italiana di Barbara Delfino, Milano, Lupetti 2007]
2007]
lunedì 18 Maggio 2015
Era come suicidarsi, ma forse solo così sarei potuto resuscitare. Perché solo un morto può resuscitare.
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Una donna, con una cintura stretta stretta sopra una “unif” che le faceva sporgere in due semisfere il sedere che lei muoveva di qua e di là come se avessi proprio lì gli occhi, mi sghignazzò in faccia.
[Evgenij Zamjatin, Noi, traduzione di Barbara Delfino, Milano, Lupetti 2007, pp. 181, 182]
lunedì 18 Maggio 2015
La libertà e la delinquenza sono così indissolubilmente legate tra loro come… mettiamo, il movimento dell’aereo e la sua velocità: la velocità dell’aereo _ se la velocità dell’aereo = 0, l’aereo non si muove; se la libertà dell’uomo = 0, egli non commette delitti. È chiaro. L’unico mezzo per affrancare l’uomo dalla sua tendenza alla delinquenza è privarlo della libertà. e non è da molto che ce ne siamo liberati (questo “non è da molto” s’intende nella misura cosmica del tempo)
[Evgenij Zamjatin, Noi, traduzione di Barbara Delfino, Milano, Lupetti 2007, p. 31]
domenica 17 Maggio 2015
“Egregi numeri! Recentemente gli archeologi hanno ritrovato un libro del ventesimo secolo. In esso l’ironico autore racconta la storia del selvaggio e del barometro. Il selvaggio notò che ogni volta che il barometro si fermava su ‘pioggia’ effettivamente pioveva. E poiché il selvaggio voleva la pioggia, egli fece di tutto per smuovere nel senso voluto il mercurio finché il livello segnò ‘pioggia’ (sul palcoscenico comparve un selvaggio con le penne in testa che cercava di tirar fuori il mercurio e tutti risero). Voi ridete, ma non vi pare che fosse più degno di riso l’uomo europeo di quell’epoca? Così come il selvaggio, l’europeo voleva la ‘pioggia’, una pioggia con la minuscola, una pioggia algebrica, ma se ne stava davanti al barometro impotente come un pulcino bagnato. Il selvaggio almeno era più coraggioso ed energico e aveva una sua logica, sia pure selvaggia; egli era in grado di capire che c’era un legame tra effetto e causa. Tirando fuori il mercurio egli seppe fare il primo passo su quella grande strada sulla quale… ”
Qui (ripeto: scrivo senza nascondere nulla) qui per qualche tempo io divenni come impermeabile alle correnti tonificanti che fuoriuscivano dall’altoparlante. Ad un tratto mi sembrò di essere venuto inutilmente (ma come avrei potuto non farlo dal momento che ero stato convocato?); mi sembrò che tutto fosse vuoto, vuoto come una conchiglia. E riuscii a concentrare con fatica la mia attenzione solo quando il fonolettore passò al tema fondamentale: la nostra musica, la composizione matematica (la matematica-causa, la musica-effetto), alla descrizione del musicometro scoperto di recente.
“Girando semplicemente questa maniglia, chiunque di voi può produrre tre sonate all’ora. Quanta fatica costava ciò ai vostri antenati. Essi potevano creare soltanto arrivando a degli attacchi di ‘ispirazione’, una forma sconosciuta di epilessia. Ed eccovi una divertentissima illustrazione di ciò che riuscivano a fare – la musica di Skrjabin del ventesimo secolo. Questa cassetta nera (sul palcoscenico si aprì il sipario e si vide il loro antichissimo strumento) – questa cassetta nera la chiamavano pianoforte…”
[Evgenij Zamjatin, Noi, traduzione di Barbara Delfino, Milano, Lupetti 2007, pp. 16-17]
domenica 21 Dicembre 2008
Noi poi ci abbiam dei caratteri, quelli che son nati lo stesso giorno che son nato io, alla stessa ora, nella stessa città, e che abitiamo nell’appartamento dove abito anch’io, nello stesso quartiere, nella stessa città, ci abbiam dei caratteri, noi, che cominciare a fare le cose ci mettiam delle ore.
Dopo poi quando cominciamo, apriti cielo, però cominciare, che due maroni.
lunedì 24 Novembre 2008
Ad ogni equazione, ad ogni formula del nostro mondo superficiale corrisponde una curva o un solido. Per le formule irrazionali, la mia √-1, non conosciamo solidi corrispondenti, non li abbiamo mai visti. Ma la cosa terribile, è che questi solidi sicuramente esistono ma sono invisibili; perché in matematica, ci passano davanti come su uno schermo le loro ombre strane, irritanti — le formule irrazionali; e la matematica e la morte non sbagliano mai. Se questi solidi non li vediamo nel nostro mondo, in superficie, per loro ci sarà — e deve esserci per forza — un intero enorme mondo, oltre la superficie
(Da Noi, di Evegenij Zamjatin, scritto nel 1920, ripubblicato nel 2007 da Lupetti in una collana che si chiama I rimossi, traduzione italiana di Barbara Delfino)