3 novembre – Bologna

venerdì 3 Novembre 2023

Venerdì 3 novembre,
alla libreria Feltrinelli
di Piazza Ravegnana,
a Bologna,
alle 18,
con Nicoletta Bianconi,
parliamo del
suo romanzo
Un invincibile
inverno

Il buio

venerdì 6 Ottobre 2023

Un poeta russo diceva che il significato principale di una parola, come il sole, nasconde tutti gli altri significati, i quali, però, come le stelle, continuano a esistere anche al buio. E uno scrittore francese diceva che può succedere, nella vita, che una persona scompaia e il mondo si ripopoli. Ecco. Questo succede nel romanzo di Nicoletta Bianconi: una persona scompare, e si accende il buio.

Esce oggi, per Manni Editori, Un invincibile inverno, il primo dei 4 romanzi a trovare un editore tra quelli usciti dal corso della Scuola Karenin Trovare la sedia (scrivere un romanzo in un anno).

Cosa c’è?

giovedì 23 Gennaio 2020

Uno era un terrorista prigioniero nella fortezza di Pietro e Paolo. Tutta la prigione ne attendeva la condanna a morte.
D’un tratto dalla sua cella una risata ampia, fragorosa. Una risata di pancia.
Una risata prima dell’impiccagione è più spaventosa dei singhiozzi.
Qualcuno aveva dato l’allarme: sembrava che la pazzia avesse preceduto la morte.
E alla domanda: “Cosa c’è?” Aveva risposto:” Sto leggendo Gogol, La notte prima di Natale. Dove si parla del fabbro Vakula. Da morir dal ridere…”

[Dal Repertorio dei matti della letteratura russa, in preparazione, questo matto è di Nicoletta Bianconi]

Essere fallito

giovedì 7 Novembre 2019

Uno era un poeta che considerava essere fallito non solo una professione, ma una specializzazione.

[Dall’Arciere dall’occhio e mezzo. Autobiografia del futurismo russo, di Benedikt Livšic, per il Repertorio dei matti della letteratura russa, redazione di Bologna, questo matto è di Nicoletta Bianconi]

8 aprile – Bologna

lunedì 8 Aprile 2019

Lunedì 8 aprile,
a Bologna,
alla libreria Ambasciatori,
in via degli Orefici, 19,
alle 18,
Qualcosa di giallo,
di Nicoletta Bianconi

Meglio evitare

venerdì 15 Marzo 2019

«Per decidere se è Bene o Non Bene, abbiamo una regola molto semplice: il tema deve essere vero. Dobbiamo descrivere ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ciò che facciamo. Ad esempio, è proibito scrivere: “Nonna somiglia a una strega”; ma è permesso scrivere: “La gente chiama Nonna la Strega”. È proibito scrivere: “La Piccola Città è bella”, perché la Piccola Città può essere bella per noi e brutta per qualcun altro. Allo stesso modo, se scriviamo: “L’attendente è gentile”, non è una verità, perché l’attendente può essere capace di cattiverie che noi ignoriamo. Quindi scriveremo semplicemente: “L’attendente ci regala delle coperte”. Scriveremo: “Noi mangiamo molte noci”, e non: “Amiamo le noci”, perché il verbo amare non è un verbo sicuro, manca di precisione e di obiettività. “Amare le noci” e “amare nostra Madre”, non può voler dire la stessa cosa. La prima formula designa un gusto gradevole in bocca, e la seconda un sentimento. Le parole che definiscono i sentimenti sono molto vaghe; è meglio evitare il loro impiego e attenersi alla descrizione degli oggetti, degli esseri umani e di se stessi, vale a dire alla descrizione fedele dei fatti.»

[Agota Kristof, Trilogia della città di K., epigrafe a Nicoletta Bianconi, Qualcosa di Giallo, Roma, Sempremai 2019]

Un pezzetto di Qualcosa

martedì 28 Agosto 2018

Uno dei miei giochi preferiti eran le Barbie a la mia Barbie preferita era una mora con gli occhi castani che era costata 19 mila lire, me l’avevano comprata perché mi ero fatta fare 10 punture di penicillina.
La Barbie aveva un marito senza vestiti solo con degli slip a stelle e strisce come la bandiera americana ed era di proprietà di mio fratello.
Nel gioco il marito entrava solo qualche secondo all’inizio, cioè quando la Barbie lo salutava dicendogli ci vediamo stasera che lui doveva andare a lavorare, in realtà finiva dietro di me a faccia in giù e nel gioco non entrava più.
Per il resto la Barbie passava il tempo a provarsi i vestiti che gli faceva mia nonna sarta con gli avanzi delle stoffe, ne aveva per ogni occasione, il marito, invece solo quel paio di slip a stelle e strisce come la bandiera americana.
Un altro gioco era quello che facevo il mercoledì mattina a Bellaria quando c’era il mercato e io mi alzavo alle 6, avevo già preparato tutte le mie cose la sera prima.
Un tavolino fatto con delle cassette di legno, una cassa che era una scatola da scarpe e le cose da vendere.
Mi mettevo davanti alla casa che avevamo preso in affitto e stavo lì a vendere le mie cose, le mie cose erano: qualche bottiglia di aranciata San Pellegrino e di Coca Cola e qualche bottiglietta de succo di frutta che avevo comprato il giorno prima con la mamma alla Coop e che per richiamare la gente vendevo a molto meno di quello che le avevamo pagate.
Ma soprattutto quando nevicava mi piaceva uscire con il secchiello e la paletta e fare i castelli di neve.

[Nicoletta Bianconi, per Qualcosa numero 3, che esce, praticamente, al festival letteratura di Mantova, come rivista – libro – organo ufficioso dei sapodisti]

Carmelo Cicognani

mercoledì 7 Febbraio 2018

[Il compito di Nicoletta Bianconi alla scuola media inferiore di scrittura biografica, il compito era: raccontate una storia stupefacente]

Carmelo Cicognani era un signore piccolo e forte, con i capelli rossi, anzi arancioni e faceva il macellaio al macello comunale, mia mamma era andata a lavorare lì come ragioniera quando aveva 18 anni e ci è rimasta fino al 1980 e Carmelo le ha voluto un bene, come a una figlia, forse perché lei il babbo non ce l’ha mai avuto.
Il macello comunale era dove adesso c’è il cinema Lumiere in via Azzo Gardino e quando c’era il macello quei posti lì non si chiamavano mica Piazzetta Pasolini e Piazzetta Magnani, lì c’era pieno di animali e c’era un odore tremendo, mia mamma mi raccontava che le portavano sempre le bolle e le fatture sporche di sangue.
Un giorno poi è successo che è scappato un toro e si è messo a correre e ha ucciso una donna che stava andando in bicicletta.
Carmelo entrava nel recinto da solo con uno strumento che era una specie di pugnale e con un colpo secco nella prima vertebra uccideva le bestie una dopo l’altra.
Voleva così bene a mia mamma che anche dopo che lei aveva cambiato lavoro e lui era andato in pensione continuava a venirla a trovare e il giorno di Natale era sempre a mangiare da noi e ci raccontava, come faceva lui, mezzo in dialetto e mezzo in italiano, dei fatti della sua vita, e io l’avrei ascoltati per giorni interi i suoi racconti, soprattutto quello di quando da giovane subito dopo la guerra aveva trovato lavoro come garzone da un macellaio vicino a casa sua, che lui abitava in via Torleone, e c’era un signore in via Fondazza che allora era povero anche lui che si chiamava Giorgio Morandi e lo chiamava sempre in casa per farsi legare la pancetta, Carmelo, diceva, vieni su che ho una pancetta fresca da legare.
E Carmelo andava, ma il sig. Giorgio Morandi non aveva dei soldi da dargli e gli diceva, tieni ti dò due quadri, no, diceva Carmelo, dei quadri non me ne faccio niente, con i quadri non metto mica su la pentola.
E non si perdonava di questa cosa, adesso sarei un signore, diceva, e avrei fatto fare la signora anche alla Bassini, che era sua moglie e che chiamava per cognome.
Poi, ci raccontava di quell’altra parte della sua vita, perché Carmelo aveva una specie di secondo lavoro, ma non era un lavoro perché non prendeva niente, era una passione, era l’uomo tuttofare di Nino Benvenuti.
E Nino voleva solo Carmelo, ovunque andasse voleva lui.
Anche fra il 1967 e il 1968 quando a New York al Medison Square Garden Benvenuti incontrò Griffith per 3 volte per il titolo mondiale Carmelo era nel suo angolo del ring.
Partivano in nave, 3 settimane di viaggio perché Nino doveva abituarsi al fuso orario e si allenava, raccontava Carmelo, in mezzo all’oceano, correndo e saltellando per tutta la nave.
E, diceva, Nino era tesissimo, allora i giorni prima lo portavo a correre al Central Park e gli urlavo dai Ninni che il titolo mondiale lo portiamo in Italia, forza dai, dai.
E c’è un libro che si chiama “Anche i pugili piangono” di Sandro Mazzinghi dove c’è un pezzo che fa così: “Carmelo Cicognani ha lustrato a lungo ieri sera le scarpette da combattimento di Nino Benvenuti. Quando è andato silenziosamente e nella camera del pugile a riporle nella valigia Nino dormiva già da qualche ora. Ero un sonno tranquillo, quello dello sfidante, il sonno di uno che si sente a un passo dalla vittoria. Il sig. Cicognani è capo abbattitore al macello di Bologna, si vanta di essere l’ultimo artista della macellazione, l’ultimo a usare una sorta di coltello rigido a due lame. Ci ha detto: Per usarlo ci vuole forza, tempismo, polso di ferro e velocità, Benvenuti potrebbe fare il mio mestiere, Mazzinghi no è troppo violento, precipitoso, impreciso; per questa ragione Nino vincerà e vincerà anche perché gli ho lucidato le scarpe, gliele ho fatte diventare molto simili agli stivali delle sette leghe”.

Cose che ci servono per Qualcosa

martedì 30 Maggio 2017

Clic

Raccontate un gioco che facevate

martedì 23 Febbraio 2016

[Il terzo compito della scuola media inferiore di letteratura per ragazzi era raccontate un gioco che facevate da piccoli, questa è la soluzione di Nicoletta Bianconi]

Uno dei miei giochi preferiti eran le Barbie a la mia Barbie preferita era una mora con gli occhi castani che era costata 19 mila lire, me l’avevano comprata perché mi ero fatta fare 10 punture di penicillina.
La Barbie aveva un marito senza vestiti solo con degli slip a stelle e strisce come la bandiera americana ed era di proprietà di mio fratello.
Nel gioco il marito entrava solo qualche secondo all’inizio, cioè quando la Barbie lo salutava dicendogli ci vediamo stasera che lui doveva andare a lavorare, in realtà finiva dietro di me a faccia in giù e nel gioco non entrava più.
Per il resto la Barbie passava il tempo a provarsi i vestiti che gli faceva mia nonna sarta con gli avanzi delle stoffe, ne aveva per ogni occasione, il marito, invece solo quel paio di slip a stelle e strisce come la bandiera americana.
Un altro gioco era quello che facevo il mercoledì mattina a Bellaria quando c’era il mercato e io mi alzavo alle 6, avevo già preparato tutte le mie cose la sera prima.
Un tavolino fatto con delle cassette di legno, una cassa che era una scatola da scarpe e le cose da vendere.
Mi mettevo davanti alla casa che avevamo preso in affitto e stavo lì a vendere le mie cose, le mie cose erano: qualche bottiglia di aranciata San Pellegrino e di Coca Cola e qualche bottiglietta de succo di frutta che avevo comprato il giorno prima con la mamma alla Coop e che per richiamare la gente vendevo a molto meno di quello che le avevamo pagate.
Ma soprattutto quando nevicava mi piaceva uscire con il secchiello e la paletta e fare i castelli di neve.