Una Wolkswagen color bronzo
Nel libro di Carlo Fruttero Mutandine di Chiffon (Mondadori 2010, 219 pagine, 18 euro e 50), che ha come sottotitolo Memorie retribuite, c’è un capitolo intitolato Night of the Telegram nel quale si racconta delle reazioni che scatenò, negli uffici dell’Einaudi, dove Fruttero lavorava, la notizia dell’invasione russa d’Ungheria. Si resta un po’ stupiti, nel vedere che Fruttero, che quasi niente dice, in questo libro, della seconda guerra mondiale, dedica alcune pagine agli avvenimenti di Budapest, alla ricerca frenetica di notizie, alla convocazione di una segretaria russa, la signorina Dridso, per decifrare quel che dice Radio Budapest, alla scoperta che l’ungherese non è un lingua slava, alla successiva convocazione del germanista Cesare Cases per tradurre i notiziari di Radio Vienna, all’incertezza sul che fare che si prolunga fino a sera, quando Fruttero e Giulio Bollati sono invitati a cena in collina nella «bella villa di un’amica».
Quando sono ormai al dessert, arriva una telefonata di Giulio Einaudi per Bollati, e Bollati sparisce nello studio, e dopo un po’ si affaccia a chieder della carta, e poi sparisce ancora, e gli ospiti restano in sala da pranzo a chiedersi cosa si dicano di là Bollati e Einuadi, e la radio è accesa e parla di «combattimenti, barricate, morti, colonne di profughi e nient’altro». Quando Bollati, dopo quasi un’ora, ricompare, ha in mano dei fogli. È un lungo appello all’ONU, che Fruttero, «anglista ufficiale della maison», deve tradurre in inglese. Fruttero protesta, «un’iniziativa perfettamente inutile, persino ridicola, se permetti», ma non c’è niente da fare, gli tocca tradurlo lì, seduta stante, e comincia a confrontarsi con le «ferme prese di posizione», le «fiduciose speranze», i «valori democratici», il «ripudio d’ogni violenza», il «sangue innocente», il «comune sforzo per la patria», e così avanti «da un clichè all’altro». Fruttero prova a «tagliare, condensare, rifare, fondere, ribaltare», ma Bollati ripristina sempre la versione originale, «il padrone (ma se non sa l’inglese), il padrone, ti dico, controllerà, andrà su tutte le furie, deve essere il più letterale possibile». Alla fine, – scrive Fruttero – «mi arresi, e composi (a quel punto, anzi, con perversa scrupolosità) un testo di cui ancora oggi ho confusamente vergogna». Continua a leggere »