Il nonno aveva cominciato a raccontare

sabato 29 Giugno 2013

Il nonno aveva cominciato a raccontare.
– Avevamo un presidente, Lohengrin si chiamava, severo, pieno di foruncoli, e tutte le sere andava a fare un giro su una barca a motore. Andava sulla barca e navigava sul fiume, navigava e si schiacciava i foruncoli.
Intanto che raccontava gli lacrimavano gli occhi, era agitato.
– E fatto il giro in barca, tornava in direzione e si stendeva sul pavimento. E non ci potevi più parlare: taceva, taceva. E se gli dicevi qualcosa che non gli andava bene, andava in un angolo e scoppiava a piangere. Stava lì e piangeva e faceva la pipì sul pavimento, come un bambino piccolo.
Il nonno si era azzittito d’un tratto. La sua bocca si era increspata, il suo naso bluastro si era acceso e poi si era spento. Piangeva. Piangeva come una donna, con la testa tra le mani e le spalle che andavano su e già come onde del mare.
– Be’, Mitrič, tutto qui?
– Tutto qui, – aveva riposto il nonno tra le lacrime.
Tutto il vagone era scoppiato a ridere.

[Venedikt Erofeev, Moskva–Petuški, Moskva, Prometej 1990, pp. 74-75]

Trallallà

venerdì 3 Maggio 2013

[Copio qua sotto un pezzetto che doveva uscire oggi su Libero e non è uscito (non scrivo più su Libero, trallallà)]

Mettendo a posto i miei libri mi sono accorto di avere un’edizione sovietica del Giovane Holden, il celebre romanzo di Salinger. Il giovane Holden è un libro che era stato pubblicato e diffuso, in Unione Sovietica, per dimostrare che in occidente la gioventù era corrotta. Holden, dice l’introduzione della mia copia sovietica del Giovane Holden, era un misantropo, un brontolone, un instabile, un pigro, uno che mentiva anche quando non ce n’era nessun bisogno, un inaffidabile egoista, uno il cui ideale era andare a lavorare in macchina, o in autobus, passando per Madison Avenue, leggere i giornali, giocare a bridge tutte le sere e andare al cinema, uno che di sé diceva, continuamente «No, io comunque son poco normale». Ecco. Nonostante questa cattiva pubblicità, per così dire, Il giovane Holden ha avuto, in Unione Sovietica, un successo straordinario, che mi viene da paragonare al successo che ha avuto un grande libro russo, Moskva-Petuški, di Venedikt Erofeev, il cui protagonista è uno che beve dal mattino alla sera e che vive in un universo, la Mosca della fine degli anni sessanta, dove tutti bevono dal mattino alla sera (sul treno nel quale si svolge l’azione del romanzo, una specie di accelerato che va da Mosca a Petuški fermandosi in tutte le stazioni, nessuno ha il biglietto e tutti pagano la multa al controllore, che consiste nel riempirgli il bicchiere di vodka). Ecco questo libro, scritto nell’autunno del 1969, dopo essere stato diffuso attraverso il circuito non ufficiale del samizdat (autopubblicazione), e dopo essere stato pubblicato in Israele nel 1973 e a Parigi nel 1977, è comparso in Russia in un’edizione ufficiale soltanto nel 1989, in piena perestrojka e nel pieno della campagna promossa da Gorbačëv contro l’ubriachezza, ed è stato pubblicato, inizialmente, su una rivista che si intitolava «Sobrietà e cultura». E a pensare al destino sovietico di questi due libri, Il giovane Holden e Moskva-Petuški, mi è venuto in mente quello che ha scritto Giorgio Manganelli in un saggio del 1967 intitolato La letteratura come menzogna dove ha scritto, mi scuso per la povertà del riassunto ma lo spazio è quasi finito, che la letteratura è come il culo del mandrillo, bellissimo e non serve a niente.

No, no, ascolta

venerdì 18 Gennaio 2013

– No, no, ascolta. Tu saresti capace, di notte, di entrare quatto quatto nell’ufficio del segretario di partito, calarti le braghe e bere un intero boccetto di inchiostro e poi rimettere a posto il boccetto, tirarti su le braghe e quatto quatto tornare a casa? Per la donna amata? Saresti capace?
– Zio canta, no che non sarei capace.
– Eh, per forza.

[Venedikt Erofeev, Moskva–Petuški, Moskva, Prometej 1990, p. 74]

Erofeev

venerdì 11 Novembre 2011

– Mi dica, dove stimano di più l’uomo russo, al di qua o al di là dei Pirenei?
– Non so come stanno le cose al di là, ma al di qua non lo si stima affatto. Io, per esempio, sono stato in Italia, e là non prestano la minima attenzione, all’uomo russo. Là non fanno altro che cantare e dipingere. Un tipo, per esempio, sta lì beato e pacifico a cantare. Un altro, lì vicino, è seduto a dipingere quello che canta. Un terzo, a una certa distanza da questi due, canta qualcosa su quello che dipinge quello che canta. E che tristezza si prova per tutto ciò. Loro, invece, la nostra tristezza non la capiscono affatto.
– Son poi anche italiani, cosa vuole che capiscano?

[Venedikt Erofeev, Moskva-Petuški, Moskva 1990, p. 80]

Erofeev

venerdì 21 Ottobre 2011

“Che bello che siamo tutti istruiti! Qui è proprio come in Turgenev, che stan tutti seduti e parlan d’amore… Lasciate che vi racconti anch’io qualcosa, di un amore straordinario e di come possono essere indispensabili le donne cattive. Facciamo come in Turgenev, che ciascuno racconti qualcosa!”.
“Dai!”. “Dai, sì, facciamo come in Turgenev!”.

[Venedikt Erofeev, Moskva-Petuški, Moskva, Prometej 1990, p. 72]