Come no

lunedì 6 Marzo 2017

Miriam

Questo paese è così serio. Così silenzioso. Mi fa impazzire, il silenzio. chissà se di silenzio si può morire. C’è una forza invisibile che preme di continuo sulle nostre parole come una mano su una ferita aperta, zampillante. Al Comune c’è un enorme schedario pieno di certificati di morte che dicono soffocato dalla rabbia o morto asfissiato di infelicità inespressa. Silentium. L’unica cosa che si sente di notte sono i Tir che sfrecciano sulla statale per portare gli animali drogati a farsi trucidare. Vi consiglio di non guardare negli occhi quelle mucche. È l’evento principale. L’unica ragione per cui non ci sopprimono tutti alla nascita è che questo ci risparmierebbe una vita di sofferenze. L’assistente spirituale della scuola mi ha invitata a cambiare atteggiamento nei confronti di questo posto e a imparare ad amarlo. Ma io lo amo, le ho detto. Ah, come no, ha detto lei, come no.

[Miriam Toews, Un complicato atto d’amore, traduzione di Monica Pareschi, esce il 30 marzo 2017]

Il giorno del nostro matrimonio

lunedì 3 Settembre 2012

Il giorno del nostro matrimonio non è venuto nessuno tranne il giudice di pace del Registro Civile di Cuauhtémoc, che ha concluso la cerimonia in meno di un minuto. Si era perso cercando di seguire le indicazioni di Jorge per il nostro Campo ed era già buio quando finalmente è arrivato. Jorge aveva portato una candela e l’aveva accesa e posata accanto al documento che dovevamo firmare e quando io mi sono chinata per scrivere il mio nome, Irma Voth, il mio velo ha preso fuoco e Jorge me l’ha tolto di dosso e l’ha scagliato per terra, spegnendo il fuoco a pestoni. Eravamo in un boschetto non lontano dalla fattoria dei miei genitori. Il giudice di pace mi ha detto che ero una ragazza fortunata e Jorge mi ha preso per mano e siamo partiti di corsa. Lui portava una camicia troppo grande e delle scarpe di plastica rigida. In realtà non sapevamo cosa fare, ma dopo un po’ abbiamo smesso di correre a abbiamo camminato a lungo e poi siamo andati a casa mia e abbiamo detto ai miei genitori che ci eravamo sposati e mia madre se n’è andata in camera sua chiudendo piano la porta e mio padre mi ha preso a schiaffi. Jorge allora l’ha incollato alla parete della cucina gli ha detto che se ci riprovava un’altra volta l’avrebbe ammazzato.

[Miriam Toews, Mi chiamo Irma Voth, traduzione di Daniele Benati, Milano, Marcos y Marcos 2012, pp. 19-20]