Veramente

domenica 20 Ottobre 2019

Sto sentendo per radio la Leopolda, se dovessi riassumere il senso degli interventi di stamattina, fino a adesso, mi sembra che sia questo: Matteo Renzi è veramente bravissimo.

Per il bene del paese

mercoledì 14 Agosto 2019

Passare il mese di agosto in città mi piace molto: mi sveglio, vado a correre, leggo, scrivo, faccio la spesa, pulisco la casa, ascolto la radio e il telefono muto, e pochissime mail, e l’impressione di essere io, a decidere cosa fare della mia giornata, e son giornate lunghissime, dalla mattina alla sera.
E in una di queste giornate, l’altro ieri, dalla radio è entrata nella mia cucina la voce di Matteo Renzi che diceva che voleva fare, con il MoVimento 5 stelle, un governo No tax, cioè mettere a posto i conti, lui e il MoVimento 5 stelle, e poi, magari, andare a votare, ma non per un tornaconto personale, per il bene del paese.
Io, non sono un esperto di politica, ma ascolto molto la radio, e quando ho sentito così, mi sono ricordato che Renzi, pochi mesi fa, aveva detto che lui, col MoVimento 5 stelle, mai e poi mai.
E invece adesso, per il bene del paese, sì.
E mi è tornato in mente di quando Renzi, qualche anno fa, aveva detto che lui, il presidente del consiglio senza passar dalle urne non lo avrebbe fatto mai e poi mai.
Invece poi, per il bene del paese, gli è toccato di farlo.
E mi è tornato anche in mente di quando Renzi aveva detto che lui, l’articolo 18, non ci pensava minimamente a tagliarlo, che gli investitori internazionali con cui parlava non gli chiedevano affatto di tagliare l’articolo 18.
Invece poi, non si sa bene perché (per il bene del paese, si presume), gli era toccato di tagliarlo.
E mi è tornato poi in mente di quando Renzi aveva detto che lui (e Maria Elena Boschi) se perdeva il referendum sulla riforma istituzionale (di Maria Elena Boschi) si sarebbe ritirato dalla politica.
E invece poi, per il bene del paese, gli è toccato non ritirarsi.
E a Maria Elena Boschi, è toccato anche a lei.
E mi è tornato anche in mente di quando Renzi aveva detto che lui, a una scissione del PD non ci aveva mai minimante pensato.
Invece adesso magari, per il bene del paese, gli tocca anche causare la scissione del PD.
E alla fine mi è venuto in mente il più bel libro che ho letto quest’anno, che poi è un libro che ho riletto, che si chiama Viaggio sentimentale, e l’ha scritto Viktor Šklovskij, ed è un libro che parla della rivoluzione russa, cui Šklovskij ha partecipato in prima persona, non dalla parte dei vincitori, e a un certo punto Šklovskij dice: «Non voglio farmi più intelligente di quel che sono: dico solo quello che penso. È inutile tutta la nostra finezza e lungimiranza politica. Se, invece di provare a fare la storia, provassimo semplicemente a considerarci responsabili dei singoli atti che la compongono, forse gli esiti non sarebbero così grotteschi. Non la storia bisogna fare, ma una propria biografia».
E mi è venuto da pensare che Renzi, se invece che al bene del paese pensasse alla propria biografia, forse sarebbe meglio anche per il paese.
Chissà.
Io non è che me ne intenda.

[uscito oggi sulla Verità]

Non ci sono più gli archivisti di una volta (un articolo del 27 febbraio)

venerdì 15 Giugno 2018

Sto rileggendo un libro di uno scrittore polacco che ha un nome impronunciabile, Szczygieł, il libro si intitola Gottland, è una storia della Repubblica Ceca e racconta, tra le altre, la vicenda di uno scrittore che si chiama Eduard Kirchberger, e pubblica romanzi pieni di «fantasmi, mostri, streghe, banditi e assassini»; poi, dopo che, in Repubblica Ceca, erano stati vietati i romanzi di questo tipo, questi libri erano stati ribattezzati «scarti» e sul portone della biblioteca Civica di Praga era comparso un cartello che diceva: «Cari lettori, siamo sicuri che approverete la nostra decisione di non dare più in prestito gli scarti (romanzi rosa, d’avventura, polizieschi) . Non compilate quindi moduli di richiesta e non chiedeteceli», dopo che era successo così, Kirchberger si fa chiamare Karel Fabian, e con questo pseudonimo scrive «storie di operai, partigiani, comunisti, e nemici del popolo». E, in questa sua nuova veste, si sente in diritto di dare dei consigli al Partito, all’unico Partito esistente allora in Repubblica Ceca, tra i quali questo «Bisogna insegnare il comunismo dai pulpiti, col Vangelo in mano».
Ecco, Matteo Salvini, a Milano, l’altro giorno, dal pulpito del suo comizio in piazza Duomo, ha insegnato il leghismo col vangelo e la costituzione in mano, e è un leghismo che io, devo dire, faccio fatica a capire, perché è diverso dal leghismo cui sono abituato io, quello di Bossi, che era, per come lo capivo io, un leghismo da romanzi rosa, d’avventura, polizieschi, un leghismo settentrionale, con un messaggio discutibile, forse, io non lo condividevo, ma molto chiaro: il nord sarebbe bene che si liberasse dalla zavorra del sud.
E era un leghismo che è finito anche per colpa, semplificando, del familismo, dei pasticci contabili che coinvolgevano anche i famigliari del leader, Umberto Bossi, ai quali erano stati concessi dei privilegi quanto meno discutibili.
Per trovare una via d’uscita da questa situazione, per fare pulizia, la Lega ha deciso di affidarsi a Matteo Salvini che, quando ancora si chiamava Kirchberger, se così si può dire, da parlamentare europeo aveva assunto come assistente, con uno stipendio di 12.750 euro al mese, Franco Bossi, fratello di Umberto, che, se le mie informazioni sono giuste, aveva all’epoca la licenza media e gestiva un negozio di autoricambi a Fagnano Olona.
E, da Kirchberger, a un festa della lega del 2009, Salvini aveva dato il via al celebre coro «Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani, o colerosi, terremotati, con il sapone non vi siete mai lavati», mentre adesso, da Fabian, ha tolto Nord dal nome Lega Nord, e ha giurato, «come fanno i presidenti del consiglio che hanno ottenuto l’incarico», sul Vangelo e sulla costituzione, e ha promesso che «da oggi – con Salvini premier – cominciano dieci anni di costruzione, di bellezza, di rispetto, di lavoro e di onestà, da Nord a Sud, nel nome dell’autonomia, delle lingue, dei profumi, delle bellezze che sono gli ottomila comuni che compongono questo paese».
Ecco a me sembra che la caratteristica di questo Salvini-Fabian, di questo nuovo Salvini, di questo Salvini 2.0, sia che tiene dentro un po’ tutto; l’altro giorno, in piazza Duomo, per esempio, ha aperto al sud e contemporaneamente ha citato, come genio, Gianfranco Miglio, il teorico della secessione, e insieme a lui Pasolini, e insieme a Pasolini Benedetto Croce, in un miscuglio che a me ricorda i discorsi di Matteo Renzi, del quale ci occuperemo domani, che ha fondato una scuola di partito che si chiama Scuola Pier Paolo Pasolini e che, nei suoi comizi elettorali, fa vedere due video, uno di Totò, l’altro di Barack Obama.
Devo dire che, anche se non le capisco, le strategie di Salvini e di Renzi sono, probabilmente, al passo coi tempi.
Per arrivare a casa mia, due estati fa, c’era un cartellone pubblicitario grande dove c’erano le pubblicità di grandi concerti, e c’era la pubblicità del concerto dei Pooh, e prima c’era stata la pubblicità del concerto di Baglioni e Morandi, e quella del concerto di Ligabue; colpito da questa cosa, ero andato a controllare, avevo scoperto che i concerti più visti nel 2016 erano stati di Laura Pausini, dei Pooh, di Baglioni e Morandi, di Ligabue, di Vasco Rossi, di Jovanotti e di Eros Ramazzotti.
E mi era venuto da pensare che se me l’avessero detto nel ‘96, vent’anni prima, che vent’anni dopo i concerti più visti sarebbero stati quelli di Laura Pausini, dei Pooh, di Baglioni e Morandi, di Ligabue, di Vasco Rossi, di Jovanotti e di Eros Ramazzotti, io avrei pensato che doveva succedere qualcosa di strano, perché succedesse una cosa del genere, tipo uno sciopero degli archivisti alla voce musica leggera.
Ecco, uno sciopero alla voce politica, alle prossime elezioni, porterebbe forse alla vittoria di Matteo Salvini o di Matteo Renzi, che anche se sono visti come portatori del nuovo, rottamatori, hanno candidato Umberto Bossi e Pier Ferdinando Casini, cioè quei romanzi pieni di «fantasmi, mostri, streghe, banditi e assassini», che qualcuno pensava non si potessero neanche più prendere in prestito nelle biblioteche.

[Uscito il 27 febbraio sulla Verità]

Delle cose che gli fan fare bella figura

giovedì 1 Marzo 2018

Matteo Renzi. Ho scritto solo questo nome: Matteo Renzi, e ho già pensato: “Che due maroni”. Uno potrebbe dire «Sei prevenuto», «No – potrei rispondere io, – non sono io, che sono prevenuto, è lui, che è Matteo Renzi». Ma cosa vuol dire, essere Matteo Renzi? Claudio Giunta, in un libro uscito nel 2015 per il Mulino e intitolato, appunto, #esserematteorenzi, prova a definire il fastidio prodotto dalla renzità: «La gran parte del fastidio che gli intellettuali provano nei confronti di Renzi – scrive Giunta – è legata non alle cose che dice, che sono spesso sensate, ma, oltre alla sua faccia, alle palpebre semichiuse sugli occhi che gli danno quell’aria falsamente imbambolata», al suo «modo sguaiato di usare il linguaggio. Un mio amico snob ha avuto il coraggio di formalizzare la cosa, scherzando ma neanche troppo: “Questo è uno che dice Ci metto la faccia! È uno che dice che quando il tal dei tali parla di Firenze deve Sciacquarsi la bocca! Lo so che è assurdo, ma quando in treno sento la voce dell’altoparlante che dice Concediti una pausa di gusto! io penso a Matteo Renzi. Quando il cameriere al bar dice bollicine invece di spumante, a me viene in mente la faccia di Matteo Renzi… Poco dopo che Renzi è diventato presidente del Consiglio, Trenitalia ha sostituito l’annuncio del pranzo: adesso urlano Prova la convenienza del menù sfizioso. E io per un pezzo sono stato lì a riflettere che certamente le due cose erano collegate, che c’era una regia occulta dietro l’ingresso di sfizioso nel lessico del Frecciarossa…”». Il fatto che le cose che Renzi dice siano spesso sensate, è un’opinione di Giunta che può essere anche condivisibile: quando Renzi dice «Se perdo il referendum del 4 dicembre del 2016, mi ritiro dalla politica», dice una cosa sensata, seria, che 19 milioni 419 mila 507 persone prendono sul serio, votando No. Dopo, poi, è andata a finire come è andata a finire e Renzi è ancora in mezzo ai piedi a inventarsi delle cose che gli fanno fare bella figura. Per esempio, quando era presidente del consiglio, Renzi aveva detto «Il cuore continua a battere forte, a domandarsi come questa bellezza di cui noi parliamo può salvare il mondo, avrebbe detto il poeta, un grande poeta come Dostoevskij», e io ho mi ricordo che avevo pensato che Dostoevskij, un po’ di cose ne avevo lette, di Dostoevskij, ma di poesie, di Dostoevskij, non ne avevo mati lette, si vede che mi eran sfuggite.
E, sempre su Dostoevskij, e sempre sulla bellezza che salverà il mondo, Matteo Renzi, prima di diventare presidente del consiglio, nel 2012, in un libro che si chiama Stil novo, e che Giunta dice che è come il Mein Kampf di Renzi, in Stil Novo, nel 2012, Renzi dice che Fëdor Dostoevskij, il poeta, aveva scritto L’Idiota a Firenze, e che la celebre frase «La bellezza salverà il mondo» a Dostoevskij gli era venuta in mente quando abitava a Firenze.
E qualche anno dopo, quando avevo preso il libro Lettere sulla creatività, a cura di Gianlorenzo Pacini, che era una scelta delle lettere di Dostoevskij che trattavano della scrittura, ero capitato su una lettera del gennaio del 1869 che Dostoveskij scrive da Firenze e che comincia così: «È assolutamente necessario che io torni in Russia, qui sto perdendo perfino la possibilità di scrivere».
Che strano.
Nel libro di Renzi c’era scritto che se fai un giro a Firenze, e arrivi in piazza Pitti «una targa richiama l’attenzione, all’altezza del numero civico 22. È la testimonianza che in questa casa Fëdor Dostoevskij ha scritto L’idiota, uno dei suoi capolavori».
E poi continuava, Renzi, dicendo che gli piaceva pensare che l’idea che «la bellezza salverà il mondo», che è un’idea del protagonista dell’Idiota, il principe Myškin, a Renzi piaceva pensare che questa idea fosse venuta a Dostoevskij grazie a Firenze, «che Firenze, in qualche modo», potesse «avergli ispirato quella frase sul valore salvifico del bello», scriveva Renzi e io, allora, nel 2012, devo dire che ci avevo creduto, cioè ero stato proprio suggestionato da questa idea suggestiva esposta nel capitolo «Michelangelo e il servizio pubblico» del libro di Matteo Renzi Stil novo, solo che poi, dopo aver trovato quella frase così antipatica di Dostoevskij «È assolutamente necessario che io torni in Russia, qui sto perdendo perfino la possibilità di scrivere», ancor più antipatica se consideriamo che è stata scritta in un posto così bello come Firenze, dopo aver trovato questa frase ero andato a informarmi e avevo scoperto che L’idiota, Dostoevskij aveva cominciato a scriverlo in Russia alla fine del 1866, l’aveva continuato nel 1867 a Ginevra, a Vevey e a Milano e l’aveva finito a Firenze (dove era arrivato sul finire del ‘68) nel gennaio del 1869, quindi a Firenze Dostoevskij aveva scritto l’ultima parte del romanzo, quella più cupa, più disperata, quella del delitto, della ricaduta, quella che prende meno luce dall’idea, bellissima, che la bellezza salverà il mondo, proprio il contrario di quello che avevo capito leggendo il libro di Renzi, si vede che non ero stato attento.

[Uscito ieri sulla Verità]

Può darsi che cada in letargo

sabato 18 Novembre 2017

Siccome sto facendo un corso su Dostoveskij, mi piacerebbe parlare, in questa rassegna di personaggi letterari, di uno dei personaggi dei Demòni, grande libro di Dostoevskij, e se non l’ho ancora fatto è perché mi sembra difficilissimo, parlare di Dostoevskij.
Qualche anno fa, una mia amica mi ha segnalato che l’allora presidente del consiglio, Matteo Renzi, aveva detto «Il cuore continua a battere forte, a domandarsi come questa bellezza di cui noi parliamo può salvare il mondo, avrebbe detto il poeta, un grande poeta come Dostoevskij».
Io avevo pensato che era bello, che un politico parlasse di Dostoevskij, non avevo capito come mai dicesse che era un poeta, visto che Dostoevskij di poesie non ne scriveva tante.
E, mi ricordo, avevo pensato che, per esempio, se il presidente del senato, Pietro Grasso, avesse detto, «Tutte le famiglie felici sono uguali, come ha detto quel grande aforista, Lev Tolstoj», ecco, io, a sentire una cosa del genere, da una parte sarei stato contento, Lev Tolstoj al senato della repubblica, “Di questo bisogna parlare”, avrei pensato, solo che subito dopo credo che avrei pensato che magari era meglio parlarne in un altro modo-
E quando si parla di Dostoevskij (anche di Tolstoj, ma di Dostoevskij di più, mi sembra) vien poi sempre il dubbio che se ne potesse parlare in un’altra maniera.
Dostoevskij era uno, mi han detto, che quando era piccolo prima di andare a dormire lasciava un biglietto sul comodino che c’era scritto così: «Può darsi che oggi cada in letargo. Non seppellitemi prima di molti giorni”.
È difficile. Ma proviamo. Continua a leggere »

Una proposta a Renzi, o a chi per lui

giovedì 23 Febbraio 2017

Da Matteo Renzi, come politico, io, devo dire, non mi aspettavo niente di buono. Forse per via di un pregiudizio, fondato sul fatto che avevo letto un suo libro, uscito nel 2012, quando lui era sindaco di Firenze, un libro intitolato Stil novo che era una specie di saggio sulla bellezza che diceva, tra le altre cose, che a Firenze, a Palazzo vecchio, nel salone dei Cinquecento, sotto un grande affresco di Giorgio Vasari, secondo Renzi, e anche, mi hanno detto poi dopo, secondo Roberto Giacobbo, quello che fa una trasmissione televisiva che si intitola Voyager (sottotitolo Ai confini della conoscenza), secondo loro due sotto l’affresco di Vasari ci sarebbe stata, forse, la Battaglia di Anghiari, un affresco perduto di Leonardo. E Renzi, e forse anche Giacobbo, proponevano allora di smurare l’affresco di Vasari e di portarlo temporaneamente da un’altra parte per vedere cosa c’era dietro (e poi eventualmente rimettercelo); ma siccome gli storici dell’arte erano quasi tutti d’accordo nel dire che l’affresco di Leonardo era andato perso perché Leonardo aveva usato una pittura che era colata quasi subito, a Renzi (e a Giacobbo) il permesso non gliel’avevan dato e lui, nel suo libro, di questo si lamentava molto perché gli avevano impedito, forse, di scoprire il vero capolavoro di Leonardo, perché La battaglia di Anghiari, secondo Renzi, era il vero capolavoro di Leonardo, «Anche perché – aveva scritto Renzi – diciamo la verità, la Gioconda è più enigmatica che bella». Ecco, io, se dovessi dire, credo sia stata questa frase qua «Diciamo la verità, la Gioconda è più enigmatica che bella», messa dentro un saggio sulla bellezza, che aveva provocato il mio pregiudizio su Matteo Renzi che pensavo sarebbe rimasto a vita sindaco di Firenze e non avrebbe combinato niente, in politica.
Invece poi, in quattro e quattr’otto, è diventato segretario del PD e presidente del consiglio e io poi, quando ha cominciato a mettere in piedi delle riforme io, memore dell’errore, mi aspettavo che facesse chissà che cosa invece poi, alla fine, non ha fatto poi tanto, per il momento, mi sembra.
Per esempio la riforma della scuola: io, quando si è cominciato a parlare di riforma della scuola, uno giovane e moderno come Renzi, io mi aspettavo che, la prima cosa che avrebbe fatto, sarebbe stato eliminare una cosa che c’è solo in Italia, che non serve a niente e che costa un sacco di soldi: l’ora di religione.
Che essendo lui anche cattolico, Renzi, non gli avrebbero neanche potuto dire che lo faceva per anticlericalismo, era un’occasione straordinaria (io, devo dire, non sono cattolico, ma se fossi cattolico mi dispiacerebbe vedere la religione cattolica trattata così, come ora buca, e insegnata da gente a cui non è richiesta nessuna competenza didattica se non un buon rapporto col vescovo).
Allora, alla fine, io, memore dell’errore, io credo che Renzi si riprenderà, dalla brutta condizione in cui si trova adesso, e, quando sarà ancora presidente del consiglio, lui o qualcun altro, non importa, mi permetto di proporgli questa riforma: eliminiamo l’ora di religione.
E dal momento che le proposte di legge dovrebbero poggiare su qualche dato di fatto, mi immagino, ho provato a capire quanto sarebbe il risparmio annuo, e ho trovato dei dati dell’UAAR (unione atei e agnostici razionalisti) che parlano di 1 miliardo e 250 milioni l’anno, ma son dati vecchi, quindi ho chiesto, in novembre, al Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, dicendo che stavo scrivendo un romanzo il cui protagonista era un insegnante di religione che, visto che gli studenti non lo consideravano, si chiedeva quanto fosse utile il suo insegnamento, e il suo imbarazzo era accresciuto dal pensiero di quanto costava alla collettività la sua attività, e cercava in rete e trovava uno studio dell’UAAR che parlava di 1 miliardo e 250 milioni annui, ma lui non si fidava e allora scriveva al Miur per sapere i dati. Mi potevano aiutare? Scrivevo.
Il Miur, dopo due mesi, non mi avevano risposto, allora gli avevo scritto un’altra mail dicendogli che non mi sembrava il modo di comportarsi e se per favore mi rispondevano.
Il Miur, dopo un altro mese non mi avevan risposto, allora gli ho scritto che se non mi rispondevano scrivevo un articolo dove dicevo che non mi rispondevano, mi han risposto subito mi han detto di scrivere all’ufficio di statistica per il settore scuola, e mi han dato la mail.
Allora io ho scritto all’ufficio di statistica per il settore scuola, son passati quindici giorni, non m hanno risposto, avevo due possibilità: o gli scrivevo che non mi sembrava il modo di comportarsi, e poi quindici giorni dopo se non mi rispondevano gli scrivevo una mail dove gli dicevo che se non mi rispondevano scrivevo un articolo dove dicevo che non mi rispondevano, o scrivevo direttamente l’articolo che sarebbe valso anche come proposta a Renzi, o a chi per lui, con tante scuse, a Renzi, per avere sottovalutato le sue capacità politiche che io non credevo, che fosse così bravo.

[Uscito ieri sulla Verità]

Ancora più enigmatica

domenica 23 Febbraio 2014

Il nuovo libro di Matteo Renzi, che si intitola Stil novo (Rizzoli 2012, pp. 193, 15 euro), mi sembra molto difficile da riassumere. Si apre con un’epigrafe di Camus («La bellezza non fa rivoluzioni, ma viene il giorno che le rivoluzioni hanno bisogno di lei») e parla di molte cose: di bellezza, di Firenze, dell’Italia, dell’America, del mondo. Di Dante, di Leonardo da Vinci, di Michelangelo, di Savonarola. Dei fiorentini, dei toscani, degli italiani, degli americani. È pieno di frasi in un certo senso memorabili, come queste: «Scrivere di Firenze è difficile. Forse arrogante. Per qualcuno persino inutile». «Anche questa città, patria dell’arte e della cultura, si fa spesso raggiungere dalla mucillagine del banale». «Una sorta di Manhattan ante litteram? Sì e no». «Ovviamente, se ascoltate gli storici vi diranno che questa ricostruzione è parziale. Lo ammetto anch’io, sia chiaro. Ma non è che vi dovete preparare a un esame universitario: state assaggiando una città». «Ormai è maturo il tempo in cui l’Italia regolarizzi il servizio civile obbligatorio, la cui introduzione è stata richiesta da molte associazioni e dal settimanale “Vita”, la più autorevole testata del terzo settore in Italia». «Dobbiamo avere la forza di sconfiggere il pensiero debole dei poteri forti, o presunti tali». «Una città non è un ammasso casuale di pietre». «Diciamoci la verità, a Firenze ci sono cose meravigliose, che spaccano il pensiero». «Se vogliamo essere onesti, però, a Firenze non mancano nemmeno le autentiche cialtronate, che andrebbero proibite con un’ordinanza». «Sono sicuro che se Dante fosse in vita scriverebbe sul suo blog parole al vetriolo contro queste assurdità». Continua a leggere »

Una canzone

domenica 15 Dicembre 2013

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Pronto, passami la mamma / lo so che è ancora sveglia nella stanza / sono le quattro del mattino / avrei bisogno di parlarle un attimino // Sto bene, non è un incidente / guarda, mamma, non mi è successo niente / stanotte non torno li a dormire / resto fuori, non c’è niente da spiegare // Giuro, non è per farti male / dormo fuori, non farmela pesare / c’è un posto qui a casa degli amici / parla forte, non capisco cosa dici // Sono un ribelle, mamma / vai a letto, non star sveglia nella stanza / Sono un ribelle, mamma / vai a letto, non star sveglia nella stanza // Ci vediamo, torna pure a letto / domani arrivo, okay te lo prometto / e per favore stira la maglietta / c’è un concerto, mi serve quella rotta // Ricorda di comprarmi dei calzini / fai mettere le borchie ai pantaloni / ho il pullover e la giacca di pelle / non ho freddo e sono un ribelle // E va bene, non ho niente nella testa / può anche darsi, però adesso basta / sono un ribelle, l’ho deciso / e non m’importa di essere capito // Sono un ribelle, mamma / vai a letto, non star sveglia nella stanza / Sono un ribelle, mamma / vai a letto, non star sveglia nella stanza / Sono un ribelle, mamma / Sono un ribelle, mamma / Sono un ribelle, mamma

Ho fatto così

lunedì 2 Settembre 2013

L’altra sera, quando, poco dopo le otto di sera, sono arrivato al Campo Volo di Reggio Emilia, dove c’era la festa del Pd, e alle nove doveva esserci Matteo Renzi, la prima cosa che ho pensato è stata “Ma cosa son venuto a fare, io, qui?”. Comunque non ho detto niente, ho preso un programma, ho visto che il dibattito con Renzi ci sarebbe stato alla tenda grande, ho guardato dove poteva essere la tenda grande, ho visto che c’era un sacco di gente seduta davanti a un palco, all’aperto, ma più di mille, mi sono avvicinato, ho chiesto a un signore seduto «Ma è qui, Renzi?», «Sì», «Ma non doveva essere nella tenda grande?», «No, quella è per i dibattiti piccoli. Ma adesso lei come fa, che son venute a meno tutte le seggiole?», «Eh, magari sto in piedi», ho detto. “Così se mi stanco vado a casa prima”, ho pensato, e ho cominciato a girare per la festa, a guardar cosa c’era, c’era lo stand Pittori emiliani contemporanei, c’era la libreria, c’era lo stand dell’Avis, c’eran dei ristoranti, con davanti delle file che bisognava aspettare delle mezz’ore, anche la pizzeria La Margherita, anche lo stand Il panino, solo che io dovevo sentire Renzi sono tornato indietro ero appena arrivato al palco che una voce femminile si è diffusa sopra le nostre teste, di noi che eravamo lì, ha annunciato che il dibattito con Renzi sarebbe cominciato alle nove e quarantacinque, che io, tra me e me ho pensato “Ma io, cosa son venuto a fare, qui?”, ma non ho detto niente, sono andato a cercar da mangiare mi son messo in fila allo stand Il panino un quarto d’ora dopo ero li che compravo un panino con il prosciutto crudo che quel giorno lì, venerdì 30 agosto 2013, era il giorno che un signore che si chiama Beppe Grillo aveva annunciato, sul suo blog molto seguito, che lui era stanco, e che smetteva di mangiare prosciutto di Parma perché, da quel giorno lì, il prosciutto di Parma che avrebbero fatto i prosciuttai di Parma, visto che avevano aperto l’inceneritore di Parma, sarebbe stato imbottito di diossina che era una cosa che a me mi sembrava un po’ strana perché io ci avevo lavorato, nei prosciuttifici di Parma, e sapevo che i prosciuttifici di Parma eran lontani, da Parma, ma decine di chilometri, a San Vitale Baganza, quelli dove avevo lavorato io, invece l’inceneritore era a Parma, vicino all’autostrada, però questa cosa l’aveva detto un signore che si chiama Beppe Grillo nel suo blog molto seguito, “Vuoi che se la sia inventata?”, mi ero chiesto, e intanto che c’ero avevo preso un panino con del prosciutto senza diossina, che chissà, in futuro, e mangiato il mio panino ero tornato verso il palco quand’ero arrivato mi ero fermato alla tenda Cerami davanti alla quale c’eran due cartelli che su c’era scritto; «La presentazione del film Musica leggera, anni di piombo, si terrà alla tenda Maccheroni»; «Ore 21, Proiezione del film Indignati americani». E stavo leggendo questi cartelli che una voce femminile si è diffusa sopra le nostre teste, di noi che eravamo lì, e ha annunciato che il dibattito con Matteo Renzi sarebbe cominciato alle 21 e 45 e che il libro di Matteo Renzi era in vendita alla libreria della festa. E io avevo pensato “Ma pensa”. Poi avevo pensato che se avessi scritto quella cosa dei prosciutti alla diossina, dovevo trovare un modo sottile di fare capire che mi sembrava una stupidata, quella cosa lì dei prosciutti alla diossina. “Come farò?” mi ero chiesto. Dopo avevo girato ancora un po’ per la festa, per far passare la mezz’ora che mancava alle 21 e 45, e in un modo o nell’altro quella mezz’ora lì era passata, e quando era una passata una voce sopra le nostre teste, di noi che eravamo lì, aveva annunciato che si scusava tanto, che sapeva che c’era gente che aspettava dal pomeriggio, ma Renzi aveva trovato traffico e stava arrivando, e io avevo pensato che fosse ancora in autostrada e mi ero detto, tra me e me, “Ma se andassi a casa?”, e stavo dicendomi così che ho sentito un applauso, ho guardato il palco ho visto che c’erano in tre, Matteo Renzi, Bianca Berlinguèr e un altro, che poi ho scoperto che era Roberto Ferrari, che credo sia il segretario del PD di Reggio Emila, che ha preso la parola lui ha detto che rubava solo pochi minuti e che ringraziava molto i volontari e che poi avrebbe dato la parola a Bianca Bèrlinguer, che io mi ricordo ho pensato “Bèrlinguer? Ma non si dice Berlinguèr? O Berlìnguer?”, e poi Ferrari ha detto ancora qualcos’altro che non mi ricordo, poi ha dato la parola quasi subito a Bianca Berlinguèr (o Bèrlinguer, che lui è il segretario del Pd di Reggio Emilia, forse lo sa meglio di me, diciamo Bèrlinguer), ha dato la parola a Bianca Bèrlinguer che ha detto, la prima cosa, guardando tutta la gente che c’era lì ad aspettare «Tutta questa gente riempie il cuore di speranza», e io ho pensato “Speranza?”, e mi è venuta in mente una cosa che avevo appena letto di Beckett che diceva che «La speranza non è che un ciarlatano che non smette di imbrogliarci; e, per me, – diceva Beckett – io ho cominciato a star bene solo quando l’ho persa. Metterei volentieri sulla porta del paradiso – continuava Beckett – il verso che Dante ha messo su quella dell’inferno: Lasciate ogni speranza ecc.», mi son ricordato, e dopo ho pensato, tra me e me “Vado a casa?”.
E ho fatto così, sono andato a casa.

[Dovrebbe essere uscito ieri su Libero]

De Dios

giovedì 6 Dicembre 2012

Io di queste cose non me ne intendo tanto, forse per quello non capisco, ma domenica mi è successa una cosa che io, capir cos’è successo, non ci riesco. Ero a Paullo, a fare un seminario di scrittura intitolato Scuola elementare di scrittura emiliana all’estero (in Lombardia), siam stati lì dalle 10 del mattino alle 6 di sera, eravamo in biblioteca e sopra di noi c’era un locale adibito a seggio per il ballottaggio per le primarie del centrosinistra. Quando abbiamo finito, alle sei e un quarto, ho chiesto come stavano andando le votazioni, di sopra, e mi hanno detto che stavano andando bene, che l’affluenza era in leggero calo rispetto al primo turno ma era buona, erano tutti contenti c’era solo stato qualche problema con quelli che non avevano votato al primo turno e che, secondo le regole stabilite, non avrebbero potuto votare. In particolare, mi han detto, c’erano rimasti male quelli che, seguendo le istruzioni di Matteo Renzi, si erano rivolti al sito votodomenica.it e che, dal sito, avevano ricevuto una mail con su scritto «Può votare», e l’avevano stampata e erano andati al seggio con quella, e al seggio si erano accorti che invece no, non potevano votare, e alcuni se l’erano presa con il PD, alcuni se l’erano presa con Renzi, che gli aveva fatto perdere del tempo dandogli delle informazioni false, «Ma è il modo, – dicevano, – di trattare la gente?», mi han detto.
Allora poi la sera, quando ho sentito il discorso che ha fatto Matteo Renzi alla fortezza da basso, nel quale ha detto che è stato offeso, in particolare, dall’accusa di non aver rispettato le regole, e dal fatto che i suoi antagonisti avevano fatto ricorso al comitato dei garanti,e che, per lui, il comitato dei garanti erano la sua famiglia e i suoi figli, ecco io quando ho sentito così, mi è venuto in mente Diego Armando Maradona quando ha segnato un gol di mano ai mondiali del 1986, contro l’Inghilterra, e poi, negli spogliatoi, quando gliel’han fatto notare, lui ha giurato, sulla testa dei suoi figli, che non era un gol di mano che era valido.
Dopo, quando gli han fatto vedere le immagini, ha detto che effettivamente, forse, non era valido e che però non era la sua mano, quella lì, era la «Mano de Dios». Allora ho pensato che, magari, anche quella mail lì non l’aveva mandata il comitato di Renzi ma l’aveva mandata Dios, che anche quella lì, in un certo senso, era «la mail de Dios», forse, e il discorso poteva finire qua le cose si spiegavano, tornava tutto, se ipotizzavamo la comparsa della «mail de Dios».
Solo che poi, sono andato in rete a cercare conferma di quel ricordo che avevo sul gol di Diego Armando Maradona ai mondiali del 1986, e l’episodio e la dichiarazione sulla mano de Dios li ho trovati, non ho trovato nessun riferimento al fatto che Maradona avesse giurato sulla testa dei suoi figli che non aveva fatto gol di mano. “Forse mi ricordo male”, ho pensato, e ho provato a cercare, su google, «Maradona giura sui suoi figli», e allora è successa un’altra cosa stranissima: che i primi due risultati sono stati «Berlusconi giura sui suoi figli e nipoti che non ha fatto affari con Putin» e «Berlusconi giura il falso sulla testa dei suoi figli». Che io ho pensato “Ma, Berlusconi, ma cosa c’entra, Berlusconi?”. E niente, forse è per via che non me ne intendo tanto, forse è per quello che non capisco, ma io, certe cose, proprio, non me le spiego.

[uscito ieri sul foglio]