Osservatori disperati

domenica 4 Dicembre 2016

[Luca Cominassi, un po’ di tempo fa, mi ha fatto un’intervista sulla politica a Parma che doveva uscire poi in un libro del quale ho poi perso le tracce; l’intervista l’ho ritrovata stamattina la metto qui, intanto]

1) Se consideriamo ciò che è avvenuto a Parma dallo scandalo Parmalat ai giorni nostri, Lei ritiene che la politica locale sia stata influenzata dai partiti o da altri fattori/attori? In altre parole Lei dove collocherebbe il “motore” della politica locale in questi ultimi due decenni e passa?

L’altro giorno sono andato dal dentista, o, meglio, dall’ortodontista, se si dice così, a accompagnare mia figlia che doveva mettersi l’apparecchio, il primo apparecchio della sua vita. L’ho aspettata fuori, e intanto che aspettavo arrivavano dei clienti che si mettevano anche loro lì ad aspettare il loro turno per andar dal dentista, o dall’ortodontista, e alcuni di questi clienti, due, intanto che aspettavano si son messi a leggere delle riviste, quelle riviste che trovi dal dentista, o dall’ortodontista e io, che appena mia figlia era entrata avevo aperto il romanzo che stavo leggendo (La battaglia navale, di Marco Malvaldi), ho pensato che io ormai son degli anni, che non leggo più le riviste che trovo dal dentista (dall’ortodontista non ci son mai andato, non si usava, quando ero piccolo io). Io, magari poi non mi piacciono, le cose che leggo, ma le decido io, e se preferisco decidere io vuol dire che poi in fondo un po’, alla fine, mi piacciono, questi libri che mi porto, sempre, dentro la borsa, che in tutti i posti dove mi capita di trovarmi io ho sempre una borsa, ma non perché mi piaccion le borse, perché ho bisogno di un libro e di un quaderno e di una penna, per lo meno. E mi sono accorto che questa cosa, però, era una contraddizione rispetto a una cosa che avevo sempre pensato; che io, quando mi chiedono di aderire a quelle campagne di promozione della letteratura, io ho sempre risposto che promuovere la letteratura, per me, è insensato, perché secondo me ha una forza, la letteratura, che sarebbe come se uno volesse promuovere la legge di gravità, che a me mi verrebbe da chiedergli, a uno così, «Ma chi sei, tu, per promuovere la legge di gravità?». Solo che lì, dal dentista, mi sono accorto che questo fatto di scegliere tu quello che leggi è un po’ come diceva David Foster Wallace in un discorso bellissimo che si intitola Questa è l’acqua, dove, rivolto agli studenti del Kenyon college di Gambier, in Ohio, diceva che una cosa difficile, da grandi, è scegliere quello che pensi, perché «imparare a pensare, diceva Foster Wallace, vuol dire in effetti imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa pensi. Significa anche essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso all’esperienza. Perché, se non potrete esercitare questo tipo di scelta nella vostra vita adulta, allora sarete veramente nei guai. Pensate al vecchio luogo comune della “mente come ottimo servitore, ma pessimo padrone”. Questo, come molti luoghi comuni, – diceva Foster Wallace, – così inadeguati e poco entusiasmanti in superficie, in realtà esprime una grande e terribile verità. Non a caso gli adulti che si suicidano con armi da fuoco quasi sempre si sparano alla testa. Sparano al loro pessimo padrone. E la verità è che molte di queste persone sono in effetti già morte molto prima di aver premuto il grilletto», diceva Foster Wallace (la traduzione è di Roberto Natalini). Ecco, questa, ho pensato l’altro giorno dal dentista e dall’ortodontista, mi sembra sia una buona ragione per una campagna a favore della diffusione della letteratura. E poi ho pensato che anche scrivere, è un po’ come leggere, che le possibilità sono due: o scrivi una cosa già scritta, o scrivi una cosa ancora da scrivere. Puoi decidere. Che è bello, ho pensato.
Ecco, non voglio esagerare con i paragoni, ma io ho l’impressione che votare, mettere una croce su un foglio, significhi delegare a quelli che si propongono come governanti le decisioni sulle cose che bisogna fare, ho l’impressione che scegliere tra le liste che troveremo sia come scegliere tra le riviste del dentista, è un’idea di politica che a me non piace tanto, perché la politica, per me, non è una cosa che fanno i partiti, è una cosa che facciamo tutti. Intanto che scrivevo un libro che si chiama Mo mama, e che parla proprio di quel che è successo a Parma in questi ultimi anni, avevo sentito dire che chi non va a votare toglie un diritto anche agli altri e avevo replicato così: «Ho sentito dire che chi non va a votare priva del diritto di andarci anche tutti gli altri e io, scusatemi, sono vent’anni che sto a casa, quindi sono vent’anni che privo la gente dei loro diritti, e io pensavo, e, vi confesso, penso ancora, che fosse e che sia un mio diritto, stare a casa, e devo dire, scusatemi, che da quando, vent’anni fa, ho smesso di credere che qualcuno che andrà in parlamento farà il mio bene, da quando ho cominciato a pensare che il mio bene era bene non delegarlo a nessuno ma farlo da solo, e che la politica non è una cosa che si fa quando si va a votare, ma che la politica si fa tutti i giorni, e che è politica il modo in cui si parla, il modo in cui ci si muove, che è politica il grado di gentilezza con cui si parla coi propri figli, e coi propri genitori, ecco io sto molto meglio, da quando ho scoperto queste cose». Mi ricordo quel che aveva detto Nenni quando il partito socialista era andato per la prima volta al governo e gli avevano chiesto com’era la stanza dei bottoni, e lui aveva risposto che si era accorto che nella stanza dei bottoni non c’erano i bottoni. Ecco io, recentemente, una cosa che ho fatto, cinque anni fa, ho smesso di fumare, e ho smesso poco dopo che sono state emanate, come si dice, le leggi antifumo, ma se mi chiedo perché ho smesso, mi vien da pensare che non ho smesso per le leggi antifumo, né perché hanno aumentato il prezzo delle sigarette, ho smesso perché me l’ha chiesto mia figlia, e me l’ha chiesto in un modo che ho capito che, questa cosa che fumavo, la faceva star male, e la cosa che mi vien da pensare è che quelli che mi governano, quelli che schiacciano i miei bottoni, ha molti più bottoni mia figlia, del parlamento, o della corte costituzionale, è molto più importante, per guidare il mio comportamento, per indicarmi una strada, la testa di mia figlia, che la testa di Matteo Renzi, e di Sergio Mattarella, e di Federico Pizzarotti, con tutto il rispetto per Matteo Renzi e anche per gli altri, e allora la cosa che mi viene da chiedervi, in una situazione del genere, non credete che la nostra capacità di cambiare le cose sia indipendente dalle cosiddette istituzioni? Io ho l’impressione di sì. Continua a leggere »

Un’altra domanda da un’altra intervista

martedì 22 Marzo 2016

[E a un’altra domanda da un’altra intervista su Parma che stiamo provando a tirare fuori con Luca Cominassi, mi è venuto da rispondere così]

Ossia, come combinare leadership mediatiche e impegno civico nelle pieghe quotidiane di una città e di un territorio?

È una questione che non mi appassiona. Io sono una persona disperata, ho a che fare, tutti i giorni, con la mia disperazione, è molto bello e molto difficile.