venerdì 17 Febbraio 2023

Quello che succede davvero, quello che viviamo, il resto, tutto il resto, dov’è? Quello che succede tutti i giorni e che torna a succedere ogni giorno, il banale, il quotidiano, l’evidente, il comune, l’ordinario, l’infra-ordinario, il rumore di fondo, l’abituale, come renderne conto, come interrogarlo, come descriverlo?

giovedì 14 Novembre 2019
Recentemente son stato a Albinea, in provincia di Reggio Emilia, a sentire Julio Velasco che raccontava i libri della sua vita.
Velasco, quella sera, dopo aver detto che lui, da ragazzo, quando leggeva Sandokan avrebbe voluto essere Sandokan, e, quando leggeva romanzi i cui protagonisti eran degli orfani avrebbe voluto essere un orfano, ha detto anche che, quando gli è arrivata la prima offerta per allenare in Europa, lui, argentino, era contentissimo, e pensava, nella sua testa, che l’Europa fosse tutta una cosa come Parigi.
Quindi è partito convinto di andare in un posto tipo Parigi, poi è arrivato, si è guardato intorno: era a Jesi.
Che dev’essere bella, Jesi, però Parigi, non so come dire, è un’altra cosa, credo.
A sentire questa storia di Velasco mi è venuto in mente un libro di Giorgio Manganelli che racconta i suoi viaggi in Italia, che (La favola pitagorica), e in quella raccolta di saggi (curata da Andrea Cortellessa), ce n’è uno che parla di una città che, nella mia testa, è parente stretta, di Jesi (che io mi ricordi, non son mai stato a Jesi): Ascoli. Mai stato neanche ad Ascoli (secondo me).
Questo pezzo di Manganelli si intitola Esiste Ascoli Piceno?, col punto interrogativo, e comincia così: Continua a leggere »

martedì 30 Settembre 2014

Settantacinque formaggi, un formaggio di pecora, due formaggi italiani, un formaggio d’Auvergne, un boursin, due brillat-savarin, undici brie, un cabécou, quattro caprino, due crottin di capra, otto camembert, quindici cantal, un formaggi siciliani, un formaggi sardi, un époisses, un murols, tre ricotta, un ricotta di capra, nove fontainebleau, cinque mozzarella, cinque munster, un reblochon, una raclette, un stilton, un saint-marcellin, un saint-nectaire, uno yogurt.
[Georges Perec, Tentativo d’inventario degli alimenti liquidi e solidi che ho ingurgitato durante l’anno millenovecentosettanquattro, in L’infra-ordinario, traduzione di Roberta Delbono, Torino, Bollati Boringhieri 1994, p. 94]

martedì 21 Maggio 2013

Cosa c’è sotto la carta da parati?
Quanti gesti occorrono per comporre un numero telefonico? Perché?
Perché non si trovano le sigarette in drogheria? Perché no?
[Georges Perec, L’infra-ordinario,traduzione di Roberta Delbono, Torino, Bollati Boringhieri 1994, p. 14]

venerdì 25 Giugno 2010

È già da tempo che la parola «bureau» non fa più pensare alla «bure», quella grossa stoffa di lana bruna con la quale si facevano talvolta tappeti da tavola ma che serviva soprattutto a confezionare gli abiti dei monaci, e che continua a rievocare, almeno altrettanto del cilicio, la vita ruvida e rigorosa dei Trappisti o degli anacoreti. Per metonimie successive, si è passati dal suddetto tappeto allo scrittoio stesso, poi dallo scrittoio alla stanza nel quale si trovava, poi all’insieme dei mobili che costituiscono questa stanza, e infine alle attività che vi vengono svolte, ai poteri che vi si ricollegano, e perfino ai servizi che vi si rendono; si può così, esplorando le diverse accezioni del temine, parlare di «bureau de tabac» (rivendita di tabacchi) o di un «bureau de poste» (ufficio postale), del «Deuxième Bureau» (Servizi Segreti), del «Bureau des Longitudes» *, di un teatro che dà una rappresentazione «à bureaux fermés» (a botteghino chiuso), di un «bureau de vote» (un seggio elettorale), del Politburo, o semplicemente di «bureaux» (uffici), luoghi vaghi, ingombri di fascicoli tenuti insieme malamente, di timbri, di fermagli, di matite mordicchiate, di gomme che non cancellano più, di buste giallastre, e in cui impiegati generalmente intrattabili vi mandano «da un ufficio all’altro» facendovi compilare moduli, firmare registri e aspettare il vostro turno.
* Ente creato nel 1795 con lo scopo di contribuire al perfezionamento della scienza astronomica e il compito di aiutare i naviganti e gli esploratori a preparare i loro viaggi e, su richiesta, di controllare la strumentazione; era composto da tredici membri titolari e da un certo numero di corrispondenti
[Georges Perec, L’infra-ordinario, tr. Roberta Delbono, cit., pp. 83.84]
