sabato 31 Maggio 2014
L’altro giorno, quando ho sentito uno dei leader nazionali del MoVimento 5 stelle dire che loro, contrariamente alle sue previsioni, non avevano vinto le elezioni europee perché gli italiani erano un popolo di pensionati contrari al cambiamento, mi è venuto in mente un breve dialogo dello scrittore russo Daniil Charms intitolato Petrov e Zanzarov che fa così:
Petrov: Oh, Zanzarov! Andiamo a caccia di zanzare.
Zanzarov: No, non sono ancora pronto per questo; andiamo magari a caccia di gatti.
E quando poi, il giorno dopo, ho sentito un rappresentante locale del MoVimento 5 stelle, il sindaco di Parma, dire che la sconfitta c’era stata ma era stata una sconfitta nazionale non una sconfitta del MoVimento 5 stelle di Parma, mi ero ricordato che quando avevano vinto, a Parma, nel 2012, il sindaco di Parma aveva detto che era stata una vittoria del MoVimento 5 stelle di Parma e non una vittoria nazionale.
E sono andato a rivedermi i voti che ha avuto il MoVimento 5 stelle a Pama e ho trovato che, al primo turno delle comunali del 2012 avevano preso 17.103 voti (pari al 19,47 per cento), al ballottaggio del 2012 51.235 voti (pari al 60,22 per cento), alle politiche del 2013 26.655 voti (pari al 26,64 per cento, qualche punto in più della media nazionale del MoVimento), alle europee del 2014 16.248 voti (pari al 19,12 per cento, qualche punto in meno alla media nazionale).
E ho pensato che io, probabilmente ero io, ma io avevo l’impressione che questi diecimila voti persi a Parma in un anno avessero a che fare anche con la politica locale, che dipendessero per esempio dalla questione dell’inceneritore, ma non solo dell’inceneritore; che quando gli si parla dell’inceneritore, che lui aveva detto e ripetuto in campagna elettore che, se fosse diventato sindaco lui non l’avrebbe accesso, e adesso invece è acceso, quando gli si parla dell’inceneritore il sindaco di Parma io non capisco bene quello che dice ma mi sembra che cambi argomento e dica che loro stan lavorando bene sulla raccolta differenziata; e a me viene in mente un’altra cosa che il sindaco diceva in campagna elettorale, nel 2012, quando la raccolta differenziata a Parma era intorno al 50 per cento, che se vincevano loro, diceva il futuro sindaco, loro in un anno avrebbero portato la raccolta differenziata al 90 per cento e quando, dopo un anno e qualche mese, sono usciti i primi dati, e la raccolta differenziata era al 53,3 per cento, il sindaco non aveva detto «Scusate ci siamo sbagliati», aveva detto «Un ottimo risultato».
Allora, io non lo so, ma ho l’impressione che dove ha governato, in Italia, il MoVimento 5 stelle ha fatto un po’ la figura del fiscale Rassi della Certosa di Parma al quale, dopo che era stato nominato conte, era venuta la mania della nobiltà, e aveva emanato severe disposizioni che prevedevano che chi non potesse dimostrare di avere otto quarti di nobiltà non poteva accedere a corte, «Dal che si vedeva bene – dice Stendhal, – che Rassi non sapeva cos’erano i quarti».
Infine, per i lettori fedeli di questa rubrica, mi sento di dover dire che Zoffoli, purtroppo, non è stato eletto. La campagna elettorale ferroviaria, mi dispiace, non ha pagato.
[uscito ieri su Libero]
sabato 24 Maggio 2014
L’altro giorno ero in stazione a Bologna, dovevo andare a Parma con il treno delle 9 e 52, che parte dal primo binario del piazzale ovest, ho fatto per vidimare il biglietto, sulla vidimatrice ho trovato una ventina di bigliettini elettorali, quelli che si chiamano forse santini, grandi come un biglietto da visita, che invitavano a votare per uno che si chiama Zoffoli. C’era scritto, se non ricordo male, «Lascia un segno in Europa, scrivi Zoffoli», e Zoffoli era scritto con la Zeta che ricordava la zeta di Zorro.
Eran belli, devo dire, i santini di Zoffoli, mi eran piaciuti, solo che mi son chiestoo chi è che può aver pensato che uno che trova un santino sulla vidimatrice del primo binario del piazzale ovest della stazione di Bologna dopo vota per quello che c’è scritto su quel santino lì.
Che tra l’altro Zoffoli, come nome, mi era venuto in mente che da qualche parte nell’opera del grande poeta romagnolo Raffaello Baldini ci doveva essere scritto «Non son mica la serva di Zofoli», e sono andato in rete a cercare ho trovato che «Fare la figura della serva di Zoboli», in Romagna, vuol dire «essere uno sprovveduto», perché la serva di Zoboli, o di Zoffoli, o di Zofoli, c’era scritto in reta, era una ragazza di paese che oltre a dover mettere in ordine a casa di questo Zoffoli, o Zoboli, o Zofoli, è passato del tempo non si sa bene, doveva giocare a carte con lui tutte le sere.
Zoboli, o Zoffoli, o Zofoli, che era bravo, a giocare, vinceva tutte le sere e si riprendeva tutte le sere la paga giornaliera della sua serva che, poveretta, lavorava gratis, c’era scritto in rete.
E a me era sembrato così strano, questo nome Zoffoli, che mi era venuto in mente Michele Serra, che si era lamentato, qualche giorno prima, che uno gli aveva rubato l’identità su facebook, e a proposito di identità rubate mi era venuto in mente anche Alberto Moravia che, come si sa, in realtà si chiamava Pincherle, Alberto Pincherle, e Moravia era uno pseudonimo, e quando Alberto Pincherle detto Moravia aveva saputo che c’era un Alberto Moravia che si chiamava veramente Alberto Moravia che voleva pubblicare un romanzo, gli aveva fatto causa, e i giudici avevan dato ragione all’Alberto Moravia finto e avevano impedito all’Alberto Moravia vero di pubblicare un romanzo con il suo nome, che è una storia che a me sembra incredibile anche se, mi rendo contro, non c’entra niente, con Zoffoli, o Zoboli, o Zofoli.
Che però Zoffoli, devo dire, a me delle elezioni europee del 25 maggio non interessava molto fino a quando non ho trovato il santino di Zoffoli, che adesso son proprio curioso: riuscirà Zoffoli, con la sua temeraria campagna elettorale ferroviaria, a guadagnare un posto al parlamento di Strasburgo? O si dice di Bruxelles? Non so proprio niente.
[uscito ieri su Libero]
sabato 17 Maggio 2014
È da un po’ che penso a un’intervista che ho sentito per radio che c’era uno scrittore che diceva che «Avere un padrone semplifica la vita. Avere un’entità, come un’azienda, che stabilisca quel che è bene e quel che è male, dà sicurezza». Ecco io, quando ho sentito così, ho pensato al primo romanzo che ho scritto, era il 1998, il romanzo si intitolava Le cose non sono le cose, e il motivo per cui l’ho scritto era proprio provare a non avere più dei padroni. Provare a uscire da quei posti lì, come le aziende, dove c’era qualcuno che stabiliva per te quello che è bene e quello che è male. Provare a vivere una vita senza tante sicurezze, che io allora pensavo che mi sarebbe piaciuta di più, e devo dire che lo penso ancora. E allora, visto che quella frase lì del fatto che avere un padrone semplifica la vita non mi andava via dalla testa, sono andato ad aprire quel vecchio romanzo per cercare un pezzetto dove il protagonista diceva che lui non voleva essere un dipendente e spiegava il perché, solo che quel pezzo lì non l’ho trovato ne ho trovato un altro che copio qua sotto: «Sul giornale c’è scritto che a Pechino un cinese, Chen Yunquin, si chiamava, titolare di una rubrica televisiva, nel 1988 aveva fondato insieme a tredici amici l’associazione «Coltivare l’amore», che aveva offerto consulenza e assistenza a centinaia di aspiranti suicidi. Deluso dal fatto che il suo secondo romanzo, Vivere, era stato rifiutato, come già il primo, Sorridi alla vita, da tutti gli editori ai quali l’aveva proposto, Chen Yunquin si è impiccato a Pechino, a cinquantatre anni. Strappo il ritaglio e me lo metto nel portafoglio, – diceva il protagonista, – che queste cose possono sempre servire». E quella cosa mi ha fatto venire in mente un pezzetto di un discorso di Foster Wallace che dice che «Nelle trincee quotidiane della vita da adulti l’ateismo non esiste. Non venerare è impossibile. Tutti venerano qualcosa. L’unica scelta è che cosa venerare». E, forse, adesso quel cinese lì di cinquantatre anni, Chen Yunquin, non lo so, ma il protagonista di quel romanzo lì Le cose non sono le cose, che si chiamava Learco Ferrari, e anch’io, che quel romanzo lì l’ho scritto, nessuno di noi voleva dei padroni, ma abbiamo scelto tutti e due di venerare la letteratura, cioè, in un certo senso, di fare della letteratura il nostro padrone; e allo stesso modo, forse, anche quando si va a votare, adesso tra poco si va a votare, e a Casalecchio di Reno han cominciato ad appendere i manifesti elettorali, e io ho scoperto che c’è una lista che si chiama Rivogliamo i cassonetti, e anche andare a votare, in un certo senso, è una cosa che dà sicurezza, e semplifica la vita, e significa delegare a un altro molte decisioni e, in senso lato, anche quello significa scegliere un padrone solo che, ho pensato, quando ero piccolo io c’erano dei partiti, non so, il Partito Socialista Italiano, o la Democrazia Cristiana, o il Partito Comunista Italiano, o Democrazia Proletaria, che scegliere quelli, come padrone, non so, dire: «Io ho votato Democrazia Proletaria», o «Io ho votato Democrazia Cristiana» erano frasi che facevano effetto, allora. Oggi, non so, dire, «Io ho votato Rivogliamo i cassonetti», fa effetto anche quella, però è un effetto un po’ diverso, che non ci sono più i padroni di una volta, vien da pensare.
[uscito ieri su Libero]