Fautographique
Nel 1991 viene organizzato, in Francia, un grande «concorso a premi» per fotografi amatoriali intitolato Fautographique, che intendeva raccogliere i loro migliori scatti errati (ratés). Ampiamente promosso dalla stampa e sostenuto da alcuni sponsor prestigiosi, il concorso raccolse quasi diecimila immagini inviate da circa tremila partecipanti – felici di potersi così sbarazzare degli scarti esclusi dagli album di famiglia. Malgrado la frivolezza del soggetto, gli organizzatori si erano impegnati a fornire all’impresa ogni garanzia di serietà: fu dunque invitata una giuria composta da personalità del mondo della fotografia che avrebbe eletto il miglior scatto e attribuito un premio. Dato il successo dell’iniziativa, gli organizzatori decisero di prolungarla, aggiungendo una mostra e un convegno. Ma ecco che, in pieno convegno, uno di essi riconosce imbarazzato che gli avvenimenti gli sono sfuggiti di mano, trascinandolo «molto più lontano di quanto avrebbe mai pensato», dandosi «la zappa sui piedi». Stupito dal successo di pubblico e dalla copertura mediatica della manifestazione, forse ferito dal fatto che le mostre da lui organizzate in precedenza, dedicate ad artisti comprovati, non avevano ricevuto una tale accoglienza, egli giunse a minimizzare l’interesse delle fotografie errate relativizzando l’importanza di ciò che era, in fondo, a suo avviso, nient’altro che una «simpatica bufala». Annaffiatore innaffiato, avvocato del diavolo in persona, egli non esitò a dichiarare, senza accorgersi della contraddizione, «che in ogni caso non si dovevano confondere i piani e che la migliore immagine del miglior dilettante non avrebbe mai avuto il valore della peggiore immagine del peggior artista». Spaventato dal mostro che aveva creato, egli aveva senza dubbio compreso che queste anomalie d’amatore perturbavano la comprensione canonica della fotografia artistica. Ma, piuttosto che lasciarsi guidare dalla sua prima intuizione, preferì fare marcia indietro e ritrovarsi nella situazione paradossale di chi critica ciò che ha appena promosso via concorso, mostra e convegno.
[Clément Chéroux, L’errore fotografico, traduzione di Rinaldo Censi, Torino, Einaudi 2009, pp. 5-6 (grazie a Alessandro Ruzzier)]