Molti malintesi
Cambiate l’opinione, convincete il pubblico che il governo non solo non è necessario, ma è estremamente dannoso, e allora la parola anarchia, appunto perché significa assenza di governo, vorrà dire per tutti: ordine naturale, armonia dei bisogni e degli interessi di tutti, libertà completa nella completa solidarietà.
Hanno dunque torto coloro che dicono che gli anarchici hanno malamente scelto il loro nome, perché questo nome è erroneamente inteso dalle masse e si presta a una falsa interpretazione. L’errore non dipende dalla parola, ma dalla cosa; e le difficoltà che incontrano gli anarchici nella propagazione non dipendono dal nome che si danno, ma dal fatto che il loro concetto urta tutti gli inveterati pregiudizi, che il popolo ha sulla funzione del governo, o come pur si dice, dello Stato.
Prima di procedere, è bene spiegarsi su quest’ultima parola, la quale, a parer nostro, è davvero causa di molti malintesi.
Gli anarchici, e noi fra loro, si sono serviti e si servono ordinariamente della parola Stato, intendendo per essa tutto quell’insieme di istituzioni politiche, legislative, giudiziarie, militari, finanziarie ecc., per le quali sono sottratte al popolo la gerenza dei proprii affari, la direzione della propria condotta, la cura della propria sicurezza, e sono affidate ad alcuni che, o per usurpazione o per delegazione, si trovano investiti del diritto di far le leggi su tutto e per tutti, e di costringere il popolo a rispettarle, servendosi all’uopo della forza di tutti.
In questo caso la parola Stato significa governo o, se si vuole, è l’espressione impersonale, astratta di quello stato di cose di cui il governo è l’impersonificazione: e quindi le espressioni abolizione dello Stato, Società senza Stato ecc. rispondono perfettamente al concetto che gli anarchici vogliono esprimere, di distruzione di ogni ordinamento politico fondato sull’autorità, e di costituzione di una società di liberi ed uguali, fondata sull’armonia degli interessi e sul concorso volontario di tutti al compimento dei carichi sociali.
[Errico Malatesta, L’anarchia, p. 9]