lunedì 25 Gennaio 2021
“Negli anni Sessanta i bambini romagnoli, istruiti dai genitori, andavano incontro ai turisti in arrivo alla stazione con dei mazzolini di fiori di campo. Qui a Pesaro i bambini si arrampicavano sugli alberi della stazione per centrare i turisti con la fionda”.
[Domani, alle 19, su instagram, parliamo del Repertorio dei matti e di Gogol’ maps con Francesca Milano e del Repertorio dei matti e di La terra si muove con Roberto Livi]
lunedì 29 Maggio 2017
Sono dieci anni, dal 2007, che tengo una piccola scuola di scrittura che si chiama Scuola elementare di scrittura emiliana. I primi due anni la facevo a Reggio Emilia insieme a Daniele Benati e Ugo Cornia, dal 2009 la faccio a Bologna da solo.
Ogni tanto mi chiedono se qualcuno dei miei allievi ha mai pubblicato dei libri, e io rispondo di sì, perché è vero, qualcuno dei miei allievi ha pubblicato dei libri, per esempio Mauro Orletti ha pubblicato, per Quodlibet, una Piccola storia delle eresie che a me è sembrata molto ben fatta e, recentemente, Elena Favilli ha pubblicato con Francesca Cavallo un libro che sta andando benissimo, Storie della buona notte per bambine ribelli.
Solo che, rispondevo di solito io, Mauro, Elena e gli altri che avevano pubblicato dopo aver fatto la Scuola elementare di scrittura emiliana, io credo che avrebbero pubblicato anche senza aver fatto la scuola, e sono contento del fatto che la Scuola elementare di scrittura emiliana non li ha dissuasi, dal pubblicare.
Ultimamente, però, è successa una cosa strana, è uscito un libro, La terra si muove, di Roberto Livi, edizioni Marcos y Marcos, che, se non ci fosse stata la Scuola elementare di scrittura emiliana forse non esisterebbe.
Livi, che è un signore di Pesaro che di mestiere costruisce dei clavicembali, ha cominciato a scrivere quando si è iscritto alla scuola elementare di scrittura emiliana, e il primo compito che ha scritto per la scuola, «Descrivetevi in cinque righe», è stato, assicura, la prima cosa di carattere letterario che ha scritto nella sua vita.
E m’erano sembrati talmente riuscito, quel compito e i compiti successivi, che a un certo momento gli avevo detto «Guarda, tu dovresti prenderli, questi compiti, metterli insieme e farne un romanzo». L’ha fatto.
Il romanzo comincia con la terra sotto la casa del protagonista che si muove. C’è un suo amico geometra che gli dice «Non so dirti quanto tempo potrà ancora durare, ma se continua così alla fine la terra si porterà via la tua casa». Allora lui mette in vendita la casa, e, da quando lo fa, non ha più voglia di vedere nessuno. Quando suona il telefono, è sempre un agente immobiliare che gli chiede un appuntamento per far vedere la casa a un cliente. Lui, allora, il giorno prima, nasconde tutte le crepe con lo stucco, sfuma il bianco della calce con uno straccio sporco, spruzza qualche goccia di trementina per confondere l’odore della calce, poi, con un bel sorriso, apre la porta al mediatore e ai suoi clienti.
Questo è l’inizio.
Ecco a me, La terra si muove di Livi ha ricordato Povera gente, il primo romanzo di Dostoevskij, che è un romanzo epistolare, composto dalle lettere che si scambiano due abitanti della periferia di Pietroburgo che vivono uno di fronte all’altro, Varvara e Makar, e vivono in condizioni così difficili che, a volte, arrivato alla fine di una lettera il lettore pensa «Be’, non può andare peggio di così», poi legge la lettera successiva e scopre che può, andare peggio di così.
La poesia preferita del protagonista della Terra si muove è una poesia che dice che l’universo è un’immensa macchina per dimenticare e che, di tutto l’universo «finiamo sempre per trascorrere l’intera esistenza in un luogo dove mai avremmo voluto vivere, e finiamo sempre per impiegare tutto il nostro tempo in un lavoro che mai avremmo voluto fare, e finiamo sempre per passare la nostra vita con una persona che mai avremmo voluto incontrare, e soltanto quando tutto questo diventa insopportabile, allora partiamo e andiamo via lontano per raggiungere un posto che mai avremmo voluto vedere».
Il pensatore di riferimento del protagonista è un signore che si chiama Fiorenzo la cui frase ricorrente è «La vita è un’eterna rinuncia». Fiorenzo ha 45 anni e vive con la sorella. Quando gli chiedono quando si sposa, lui risponde che non si sposa. «Che tanto metter su famiglia son solo tasse, ogni numero civico in più son altre tasse, poi se per caso fai un figlio, è un altro codice fiscale e giù altre tasse, e io le tasse allo stato non le voglio pagare» dice Fiorenzo. «Il telefono non ce l’ho. La macchina son costretto, ma ho una Fiat Uno turbodiesel esente da bollo in quanto veicolo di riconosciuto valore storico, dove al posto del gasolio, che sarebbero altre tasse, io ci metto l’olio esausto dei motori che si trova gratis e va benissimo». Fiorenzo la sera sgancia il freno a mano della sua Uno, prende una strada qualsiasi e comincia a cantare. «In macchina ha la raccolta completa dei CD con tutte le basi delle canzoni degli Stadio». È credente, Fiorenzo. Una volta ha detto: «Pensa, io che da piccolo ho sempre avuto la passione per gli Stadio, da grande mi è venuta la voce identica al cantante degli Stadio. Te pensa il destino. Guarda che delle volte la vita è una cosa incredibile. Tutti dicono che la vita è un caso, sembra che non ci sia niente di niente, io dico che qualcosa c’è».
[Uscito ieri sulla Verità]
mercoledì 22 Marzo 2017
Le donne, fino all’età di diciott’anni, io ero convinto che si potesse farne a meno.
[Roberto Livi, La terra si muove, Milano, Marcos y Marcos 2017, p, 115]
lunedì 20 Marzo 2017
Fiorenzo ha la passione del canto. La sera sgancia il freno a mano alla sua Uno, prende una strada qualsiasi e comincia a cantare. Canta fino allo sfinimento anche duecento chilometri di fila. In macchina ha la raccolta completa dei cd con tutte le basi di tutte le canzoni degli Stadio.
Fiorenzo a suo modo è credente. Una volta mi ha detto:
– Pensa, io che da piccolo ho sempre avuto la passione per gli Stadio, da grande mi è venuta la voce identica al cantante degli Stadio. Te pensa il destino. Guarda che delle volte la vita è una cosa incredibile. Tutti dicono che la vita è un caso, sembra che non ci sia niente di niente, io dico che qualcosa c’è.
[Roberto Livi, La terra si muove, Milano, Marcos y Marcos 2017, pp. 43-44]
lunedì 20 Marzo 2017
Lunedì 20 marzo,
a Bologna,
alla libreria
Ambasciatori,
in via degli Orefici,
alle 18,
con Roberto Livi presentiamo
La terra si muove,
di Roberto Livi
giovedì 2 Marzo 2017
Ero così abituato al mio comportamento da brava persona, che arrivato a un certo punto della vita ho cominciato a pensare di essere davvero una brava persona. Poi due anni fa, una notte, mi ha svegliato un colpo secco, come se si fosse spaccato qualcosa. La mattina mi sono accorto che sul soffitto della mia camera c’era una crepa a zigzag spessa un millimetro. Era solo una piccola crepa, e forse non ci avrei più pensato, se quella crepa non avesse cominciato ad allargarsi, un decimo di millimetro al giorno, prima due millimetri, poi tre, quattro, e non avessi visto aprirsi altre crepe in cucina, in bagno, tra i gradini della scala, agli angoli delle finestre. Mi sono spaventato, così ho chiamato un mio amico geometra che mi ha detto:
– Mi dispiace dovertelo dire, ma qui sotto la terra si muove. Lo so che sembra impossibile, ma la terra che qui sotto è stata ferma per dei secoli, adesso si muove, e noi non possiamo fare niente per fermarla. Non so dirti quanto tempo potrà ancora durare, ma se continua così alla fine la terra si porterà via la tua casa.
Questo mi ha detto il mio amico geometra.
Sono due anni che non ho voglia di vedere nessuno. Dev’essere da quando ho messo in vendita la casa. Se mi guardo allo specchio provo un senso di fastidio, ogni volta che parlo mi sembra che non dovrei. Non chiamo più nessuno, e nessuno mi chiama più. Se suona il telefono, è sempre un mediatore che mi chiede di fissare l’appuntamento per una visita. Allora io, il giorno prima dell’appuntamento, nascondo tutte le crepe con lo stucco, poi copro lo stucco con la calce, e con uno straccio sporco sfumo il bianco eccessivo della calce in modo di armonizzarlo col resto della parete. Il giorno della visita spruzzo qualche goccia di trementina per confondere l’odore della calce poi, con un bel sorriso, apro la porta al mediatore e ai suoi clienti. Sono due anni che incontro soltanto mediatori. Brave persone, per carità, però ogni volta va a finire che li odio tutti, uno per uno, quando dicono disimpegno, scoperto, metri quadri calpestabili, cucina abitabile leggermente mansardata. Poi odio tutti i loro clienti che non possono mai fare a meno di guardare le mie cose e i miei mobili con la faccia schifata. Alla fine di ogni visita i clienti dicono: ci scusi per il disturbo. Io dico di niente, di niente. E invece non li scuso, non li posso scusare, maledetti, sempre a notare le pareti da abbattere, e mai una volta qualcuno che abbia notato, per dire, il paesaggio a olio che sta sopra il divano, che a guardarlo da lontano somiglia a un originale fiammingo, e non diresti che invece l’ho fatto io a diciott’anni. Mai nessuno che abbia detto una parola sul mio cesto di salice che ho appeso fuori sul terrazzo. L’ho fatto io dieci anni fa. Ci ho impiegato tre mesi per farlo, tutta la durata del corso di intreccio costato novanta euro, che con novanta euro mi ci sarei potuto comprare un maglione, invece no, ho fatto il corso di intreccio perché speravo di incontrare una ragazza, invece niente, c’erano solo tre ottantenni che già lo sapevano fare l’intreccio per averlo imparato da giovani, e che per tutto il tempo non hanno fatto altro che prendermi per il culo, vecchiacci maledetti, sempre a dire che non ero capace, che non sapevo scegliere i rami giusti, che il manico del mio cesto era troppo debole e si sarebbe rotto subito. Il giorno che l’ho portato a casa anche mia madre ha detto che il cesto era sbagliato e si sarebbe rotto subito.
Invece il mio cesto, dopo dieci anni, è ancora lì tutto intero sul terrazzo.
[Roberto Livi, La terra si muove, Marcos y Marcos 2017, pp. 9-11]
venerdì 24 Febbraio 2017
Per una coincidenza strana, il giorno che ho superato l’esame di guida, m’è venuto per la prima volta un dubbio sull’esistenza di dio. Quel giorno ero finalmente libero di guidare la mia Fiesta usata, in teoria avrei dovuto esser contento, e invece mi sentivo un brutto sintomo allo stomaco, stavo male per il fatto di aver perso la fede. Così il mio primo viaggio in macchina l’ho fatto per andare a parlare con Don Angelo di Fossombrone, che era un grande esperto di teologia e di esegesi biblica. Sono arrivato a Fossombrone alle cinque del pomeriggio, ho parcheggiato dietro l’abside, poi ho spinto la porta della chiesa che c’era ancora la funzione. Ho dovuto aspettare la fine della messa per poter entrare in sagrestia a parlare con Don Angelo.
– Don Angelo? Buonasera Don Angelo, mi scusi tanto per il disturbo. Son qui per chiederle una cortesia. Quando possibile, avrei bisogno del suo aiuto, vorrei poterle parlare, vorrei farle qualche domanda, questione di pochi minuti. Il fatto è, Don Angelo, che all’improvviso ho avuto una brutta percezione, come una vertigine, ho cominciato a dubitare di tutto, di dio, del mondo, di me stesso, addirittura ho provato sgomento per la materia, l’evoluzionismo, il determinismo psichico, e altre cose di questo tipo. Se è vero, come diceva quel tale, che un uomo è quello in cui crede, ecco che adesso, mi vergogno a dirlo, io di colpo non sono più niente.
Don Angelo ha fatto un bel sorriso, poi mi ha detto:
– Bene, molto bene. Parlerò con te volentieri, molto volentieri, ma non adesso, perché purtroppo adesso non ho tempo, però, se vuoi, possiamo incontrarci qui domattina, prima della funzione, dalle cinque e mezza alle sei. Se vieni qua domattina sarò felice di rispondere alle tue domande.
Io ho risposto:
– Grazie Don Angelo, verrò senz’altro. – Ma nel rispondere a Don Angelo, io sapevo di aver mentito, perché già sapevo che il mattino dopo alle cinque e mezza io avrei continuato a dormire.
Così per qualche tempo ho cercato di non pensare più alla religione, in modo da potermi godere in pace la mia Fiesta usata.
[Roberto Livi, La terra si muove, Marcos y Marcos, uscito ieri]