Ancora

mercoledì 10 Giugno 2020

E poi son due o tre giorni che mi torna in mente questa cosa di Vonnegut: «C’è un tragico difetto nella nostra preziosa Costituzione, e non so come vi si possa rimediare. È questo: solo gli scoppiati vogliono candidarsi alla presidenza. Ed era così già alle superiori. Solo gli alunni più palesemente disturbati si proponevano per fare i rappresentanti di classe.»
[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2006, p. 83]

Siamo buoni

lunedì 8 Giugno 2020

Insomma, quella canzone cretina di Barbra Streisand che dice: “La gente che ha bisogno della gente è la gente più fortunata del mondo”, sicuramente parla dei cannibali. Siamo buoni solo da mangiare.

[Kurt Vonnegut, Un uomo senza patria, traduzione di Martina Testa, Roma, minimun fax 2006, p. 97]

Perché non prova ancora?

mercoledì 29 Maggio 2019

“Non ho potuto fare a meno di notare che in questa bella casa antica non avete le controfinestre,” dissi.
“Perché non prova ancora?” disse lui.
“Perché non provo ancora a fare che?”
“Perché non prova ancora a non notare che in questa bella casa antica non abbiamo le controfinestre?” disse lui.

[Kurt Vonnegut, Gridalo dai tetti, in Tutti i racconti, traduzione di Vincenzo Mantovani, Milano, Bompiani 2019, p. 908]

Eravate solo dei bambini

sabato 30 Giugno 2018

Ecco, un’altra cosa singolare, mi sembra, dei fatti di Riva del Garda, è che qui le persone che organizzano questo gruppo, che si chiama I figli della montagna, che a me mi suona in testa insieme a Figlia dell’officina, che è una canzone anarchica che a me sembra meravigliosa,  Figli dell’officina, o figli della terra, già l’ora si avvicina, della più gusta guerra, La guerra proletaria, Guerra senza frontiere, Innalzeremo al vento, Bandiere rosse e nere, questo gruppo, dicevo, è un gruppo di ragazzi; quanti anni avranno avuto, sedici anni, diciassette, diciotto, facevano il liceo, e a me è venuto in mente quel libro di Vonnegut che parla del bombardamento di Dresda, bombardamento che Vonnegut ha visto di persona, era prigioniero dei tedeschi, libro che si chiama Mattatoio numero 5, sottotitolo La crociata dei bambini, che Vonnegut all’inizio va da uno che era a Dresda con lui per chiedergli cosa si ricordava, e la moglie di questo intanto che loro sono in cucina a parlare va avanti e indietro nervosissima, gli porta da bere con una gran malagrazia e a un certo punto si rivolge a Vonnegut e gli dice: Eravate solo dei bambini allora! Cosa? risponde Vonnegut. Eravate solo dei bambini, durante la guerra. E Vonnegut annuisce e pensa È vero. All’epoca della guerra eravamo degli stupidi sbarbatelli appena usciti dall’infanzia. Ma lei – dice la donna a Vonnegut – questo non ha intenzione di scriverlo, vero? Io… non lo so, dice Vonnegut. Be’, lo so io, dice la donna. Fingerà che eravate degli uomini, anziché dei bambini, e poi ne tireranno fuori un film interpretato da Frank Sinatra e John Wayne o da qualcun altro di quegli affascinanti vecchi sporcaccioni che vanno pazzi per la guerra. E la guerra sembrerà qualcosa di meraviglioso, e così ne avremo tante altre. E a combatterle saranno dei bambini. 
Allora Vonnegut si alza, e le fa una promessa. 
Mary, dice, non credo che arriverò mai a finire questo libro. Ormai devo aver scritto cinquemila pagine, e le ho buttate via tutte. Se mai lo finirò, comunque, le do la mia parola d’onore: non ci sarà una parte né per Frank Sinatra né per John Wayne. 

[Un pezzetto di Senza pensieri, che leggo stasera a Riva del Garda]

Se sei tanto intelligente

giovedì 22 Febbraio 2018

L’America è la nazione più ricca del mondo, ma il suo popolo è in gran parte povero, e gli americani poveri tendono a odiare se stessi. Per citare l’umorista americano Kin Hubbard: “Essere poveri non è una disgrazia ma potrebbe anche esserlo”. Effettivamente, per un americano essere poveri è un delitto, anche se l’America è un paese di poveri. Tutti gli altri paesi hanno tradizioni popolari che parlano di uomini poveri ma molto saggi e virtuosi, e quindi più stimabili di qualsiasi individuo ricco e potente. Gli americani poveri non hanno tradizioni del genere. Deridono se stessi ed esaltano quelli che sono più ricchi di loro. I ristoranti e i caffè più modesti, gestiti da povera gente, dovrebbero avere sul muro un cartello con questa crudele domanda: “Se sei tanto intelligente, perché non sei ricco?”. E non dovrebbe mancare la bandiera, una bandiera americana non più grande della mano di un bambino, attaccata a una stecca di lecca-lecca e sventolante dal registratore di cassa.

[Kurt Vonnegut, Mattatoio n. 5, traduzione di Luigi Brioschi, Milano, Feltrinelli 2008 (7), p 122]

Due cose

sabato 5 Agosto 2017

Mi domando se sia mai esistita una società priva di uomini forti e giovani, desiderosi di fare esperienze omicide, ammettendo, ben inteso, che poi non ci siano pene da scontare.

/…/

«Ci sono centinaia di buoni motivi per combattere» dissi «ma neanche uno per odiare senza riserve, e per credere che Dio onnipotente sia d’accordo con noi. Dov’è il male? È quella parte di ogni uomo che vuole odiare a tutti i costi, che vuole odiare e avere anche Dio dalla sua. È quella parte di ogni uomo che trova tanto attraente qualsiasi genere di brutalità. È la parte di ogni imbecille che vuole punire, avvilire, e gode a fare la guerra»

[Kurt Vonnegut, Madre notte, traduzione di Luigi Ballerini, Milano, SE 1993, pp. 134, 198]

Un dramma

sabato 5 Agosto 2017

Quel giorno me ne stavo seduto a godermi il sole su una panchina del parco, e pensavo già a un quarto dramma che cominciava a sdipanarmisi nel cervello. Aveva già il titolo: Das Reich der Zwei, qualcosa come Uno stato a due.
Avrebbe dovuto essere sul reciproco amore tra me e mia moglie. Avrebbe dovuto mostrare come due amanti in un mondo impazzito possono sopravvivere restando fedeli unicamente a uno stato composto da se stessi… una nazione fatta di due persone soltanto.

[Kurt Vonnegut, Madre notte, traduzione di Luigi Ballerini, Milano, SE 1993, pp. 45]

Per ciò che riguarda i miei rapporti con i nazisti

venerdì 4 Agosto 2017

Questo è l’unico dei miei racconti di cui conosca la morale. Non è una morale meravigliosa, non credo; si dà soltanto il caso ch’io sappia di quale morale si tratti: noi siamo quel che facciamo finta di essere, sicché dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di essere.
La mia esperienza personale con i traffici e gli imbrogli dei nazisti è stato molto limitata. A Indianapolis, la mia città natale, c’era, negli anni Trenta, qualche spregevole e chiassoso fascista d’origine americana; mi ricordo che qualcuno mi passò sottobanco una copia del Protocollo degli anziani di Sion, che avrebbe dovuto essere il piano segreto degli ebrei per la conquista del mondo. E mi ricordo di aver riso alle spalle di una mia zia che per sposare un tedesco tedesco dovette scrivere a Indianapolis per ottenere testimonianza che nelle sue vene non scorreva sangue ebraico. Il sindaco di Indianapolis la conosceva fin dai tempi del liceo e della scuola di ballo e si divertì a riempire di nastri e di sigilli ufficiali i documenti richiesti dai tedeschi, tanto che finirono per sembrare dei trattati di pace del diciottesimo secolo.
Dopo un po’ venne la guerra e io mi ci trovai dentro; fui preso prigioniero ed ebbi modo di vedere un po’ di Germania, dall’interno; intanto la guerra continuava. Ero soldato semplice, esploratore di battaglione, e secondo la convenzione di Ginevra dovevo lavorare per il mantenimento, il che fu un bene, non un male. Non dovetti starmene sempre chiuso in qualche prigione isolata in mezzo alla campagna. Poeti andare in una città, Dresda, e vedere la gente e quel che faceva.
Nella mia squadra di lavoro eravamo circa un centinaio di persone; fummo destinati a una fabbrica che produceva uno sciroppo di malto arricchito di vitamine, per donne incinte. Sapeva di miele diluito mischiato al fumo del noce americano. Era buono. Vorrei averne un po’ adesso. La città era graziosa, tutta ricamata, come Parigi, e la guerra non l’aveva neppure sfiorata. Si trattava probabilmente di una città «aperta», che non poteva essere attaccata, visto che non ospitava né centri di raccolta delle truppe né industrie militari.
Tuttavia la notte del 13 febbraio del 1945, circa ventun anni fa, potenti esplosivi furono sganciati su Dresda da apparecchi inglesi e americani. Non c’erano obiettivi particolari per le bombe. La speranza era di appiccare il fuoco un po’ dappertutto e di costringere i pompieri a starsene rintanati sottoterra.
Poi sui fuochi avviati furono rovesciate centinaia di migliaia di piccole bombe incendiarie, come semi su di una zolla appena rivoltata. Altre bombe furono sganciate per trattenere i pompieri nelle loro tane, e i fuochi poterono ingrandirsi e unirsi l’uno all’altro, e diventare una sola apocalittica fiammata. E in un attimo: tempesta di fuoco. Tra parentesi, fu il più colossale massacro di tutta la storia d’Europa. Ah sì, e allora?
Noi non riuscimmo a vedere il fuoco. Eravamo in un fresco deposito di carne, sotto il mattatoio, insieme con i nostri sei custodi e file e file di mucche, maiali, cavalli, pecore, macellati e squartati. Sentivamo le bombe che saltavano qua e là sopra di noi. Di tanto in tanto cadeva una lieve pioggerella di calcina. Se fossimo saliti a dare un’occhiata, ci saremmo trasformati in altrettanti oggetti caratteristici degli incendi; pezzi accartocciati di legna da ardere lunghi settanta, ottanta centimetri… esseri umani assurdamente piccoli, o, se preferite, colossali cavallette arrostite.
La fabbrica di sciroppo di malto era sparita. Tutto era sparito, tranne le cantine dove 135.000 Hansel e Gretel erano stati cotti al forno come altrettanti omini di pan di zucchero. Sicché fummo messi a lavorare come minatori di cadaveri; sfondavamo i rifugi e ne tiravamo fuori i corpi. Ebbi l’occasione di vedere tedeschi di tutte le età, così come la morte li aveva trovati, di solito con in grembo gli oggetti preziosi. A volte i parenti venivano a vederci scavare. Anche loro erano interessati.
Questo per ciò che riguarda i miei rapporti con i nazisti.
Suppongo che se fossi nato in Germania, sarei stato nazista, e avrei massacrato ebrei, zingari e polacchi, lasciando sporgere i loro stivali dai cumuli di neve, riscaldandomi all’idea della mia segreta virtù. Così è la vita.
C’è un’altra morale, evidente, in fondo a questo racconto, ora che ci penso: quando sei morto, sei morto.
E ancora un’altra me ne viene in mente adesso: fai all’amore quando puoi. Ti fa bene.

Iowa City, 1966

[Kurt Vonnegut, Madre notte, traduzione di Luigi Ballerini, Milano, SE 1993, pp. 11-13]

Siamo animali fatti per danzare

giovedì 19 Febbraio 2015

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Quando siete felici, fateci caso, la raccolta di discorsi di Kurt Vonnegut appena uscita per minimum fax mi ha fatto venire in mente il quinto degli otto consigli che Vonnegut dà agli aspiranti scrittori in un breve testo intitolato Come scrivere con stile (pubblicato in Benvenuta nella gabbia delle scimmie, edizioni SE, trad. di Franco Garnero), questo: «Lo stile di scrittura per voi più naturale tende a riecheggiare il linguaggio che sentivate da bambini. /…/ lo scrittore cresciuto in Irlanda è davvero fortunato, poiché l’inglese che si parla là è molto divertente e musicale. Io sono cresciuto a Indianapolis, dove il linguaggio comune sembra una sega a nastro che taglia lo stagno galvanizzato. /…/ Io stesso trovo che la mia scrittura è molto più convincente quando do l’idea di essere in tutto e per tutto una persona che viene da Indianapolis, che è ciò che sono. Che alternative ho? Quella raccomandata con grande veemenza dagli insegnanti ha senza dubbio assillato anche voi: scrivere come un inglese colto di cento e più anni fa». Continua a leggere »

Un consiglio di Kurt Vonnegut

lunedì 9 Febbraio 2015

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Scrivete una poesia per un amico, anche una pessima poesia.
Scrivetela meglio che potete.
Otterrete una ricompensa enorme.
Avrete creato qualcosa.

[Kurt Vonnegut, Quando siete felici, fateci caso, traduzione di Martina Testa, Roma, minimum fax 2015, p. 106]