Tre tedeschi
Si ricordò di un aprile in cui aveva provato una tremenda nostalgia per l’Inghilterra, mentre stava rannicchiato sopra un alto ramo di un platano e scrutava attraverso una gelida foschia una vallata francese da dietro le linee tedesche. Non riusciva a vedere niente se non vaghe ombre scure, anche con il cannocchiale, e stava per scivolare giù e camminare per un miglio o più, quando dal nulla erano sbucati tre soldati tedeschi ed erano venuti a sedersi sotto l’albero a fumare. Dopo un po’ avevano tirato fuori le carte e si erano messi a giocare, e il giovane Percival Godliman aveva capito che avevano trovato il modo di sottrarsi ai propri doveri e che si sarebbero fermati lì per tutto il giorno. Era rimasto sull’albero, muovendosi appena, finché aveva incominciato a tremare con i muscoli intirizziti e doloranti per i crampi, e si sentiva la vescica come se dovesse scoppiare. Allora aveva estratto la rivoltella e aveva sparato a tutti e tre, uno dopo l’altro, dritto nelle loro teste rasate. E tre persone che ridevano e imprecavano e si giocavano la paga avevano semplicemente cessato di esistere. Era la prima volta che uccideva, e tutto ciò che riuscì a pensare fu: “Solo perché dovevo pisciare”.
[Ken Follet, La cruna dell’ago, traduzione di Riccardo Calzeroni, Milano, Mondadori 2018, pp. 33,34]