martedì 5 Aprile 2016
«E come si concluse la vicenda?» s’intromise il signor Dobeš. «Lo arrestarono, quello che aveva ucciso la vecchia?».
«Lo arrestarono eccome» disse il signor Hanák riprendendo il racconto. «Lo vidi con i miei stessi occhi quando, due giorni dopo, i poliziotti lo trascinarono via dalla botteguccia, dove, come si suol dire, avevano compiuto un sopralluogo per interrogarlo. Non lo vidi che per cinque secondi, ma di nuovo fo come se lo guardassi sotto una lente che ingrandiva a dismisura. Era un giovane apprendista, con le manette ai polsi, e camminava con un’andatura così lesta che i poliziotti faticavano a tenergli dietro. Aveva il naso sudato, e saettava gli occhi sgranati con un’espressione terrorizzata. Si capiva che aveva una paura del diavolo, come un coniglio in trappola. Finché avrò vita, non dimenticherò mai il suo volto. Dopo quell’incontro provai un forte disagio e mi sentii molto scombussolato. “Adesso andrà a processo”, pensai, “e litigheranno con lui per qualche mese, prima di mandarlo sulla forca”. Infine mi resi conto che per lui, in realtà, provavo un’enorme pena, e che quasi sarei stato felice se fosse riuscito a farla franca, in un modo o nell’altro. Non che avesse un volto simpatico, anzi; ma lo avevo visto da una distanza troppo ravvicinata, avevo visto come strizzava angosciato gli occhi. Per tutti i diavoli, non sono certo un sensitivo, ma visto così da vicino non era un omicida: era soltanto un uomo. In tutta franchezza, io stesso non me ne capacito; non so che cosa avrei deciso se fossi stato il suo giudice; ma quella vicenda mi lasciò una tristezza tale come se io stesso avessi dovuto espiare una colpa».
[Karel Čapek, Un banale assassinio, in Racconti dall’una e dall’altra tasca, traduzione dall’inglese [!] di Barbara Mirò, Milano, Mursia 2011, pp. 130-131]
mercoledì 13 Gennaio 2016
Sono una persona onesta, e in vita mia non ho rubato che sette volte.
[Karel Čapek, Racconti dall’una e dall’altra tasca, traduzione di Bruno Meriggi, Milano, Bompiani 1962, p. 19]
giovedì 3 Settembre 2015
Ci sono espressioni che non dimenticherete; in Botticelli c’è sempre l’espressione sbalordita e mesta tipica del raffreddore, giacché i suoi esseri angelici vivono nel freddo del paradiso.
[Karel Čapek, Fogli italiani, traduzione di Daniela Galdo, Palermo, Sellerio 1992, pp. 117-118]
mercoledì 19 Agosto 2015
HELENA Per l’amor di Dio, li costringete subito a lavorare?
DOMIN Mi perdoni. Lavorano nel senso in cui lavorano i nuovi mobili. Si abituano alla propria esistenza. In qualche modo, per così dire, si fondono al loro interno. Ci sono addirittura cose che crescono dentro di loro dal nulla. Capisce, bisogna lasciare un piccolo spazio alla loro evoluzione naturale. E nel frattempo i prodotti vengono apprettati.
HELENA Cosa significa?
DOMIN Più o meno quello che fanno gli uomini andando a “scuola”. Imparano a parlare, scrivere e far di conto. Sono dotati di una memoria prodigiosa. Se uno leggesse ai Robot un’intera enciclopedia di venti volumi, sarebbero in grado di ripetere ogni frase nell’ordine dovuto. Ma non inventeranno mai niente di nuovo. Potrebbero quindi senza problemi insegnare nelle università.
[Karel Čapek, R. U. R. Rossum’s Universal Robots, a cura di Alessandro Catalano, Venezia, Marsilio 2015, p. 72]
martedì 18 Agosto 2015
DOMIN [compiaciuto] E allora, signorina, in mezzo alle sue formule chimiche il vecchio Rossum ha scritto queste parole: «La natura ha scoperto solo uno dei modi di organizzare la materia viva. Esiste però un altro modo, più semplice, più comodo e più rapido, che la natura non ha tenuto in nessuna considerazione. La seconda strada che avrebbe potuto prendere l’evoluzione l’ho scoperta io oggi». Si figuri, signorina, che queste insigni parole le ha scritte a proposito di un grumo di gelatina collosa che avrebbe fatto schifo anche a un cane. Se lo immagini seduto e piegato sulla sua provetta, mentre pensa a come ne sarebbe scaturito l’intero albero della vita, a come, a partire da un protozoo qualunque, si sarebbero evoluti tutti gli animali, per giungere fino… fino all’uomo stesso. Ma un uomo composto da una materia diversa dalla nostra. Signorina Glory,dev’essere stato un istante stupendo.
HELENA Andiamo oltre.
DOMIN Oltre? Poi non restava che estrarre la vita dalla provetta, accelerarne l’evoluzione e crearne tutti gli organi, le ossa, i nervi necessari e tutto il resto, e scoprire le sostanze, i catalizzatori, gli enzimi, gli ormoni necessari e così via. Capisce che intendo?
HELENA N-n-non ne sono sicura. Non molto a essere sincera.
DOMIN Io ancora meno. Sa, con l’aiuto di quei liquidi avrebbe potuto fare cioè che voleva. Avrebbe potuto, per esempio, creare una medusa con il cervello di Scorate o un lombrico lungo cinquanta metri. Ma, visto che non aveva nemmeno un briciolo di umorismo, si è messo in testa di fare un normale vertebrato, addirittura l’uomo stesso. E quindi si è messo all’opera.
HELENA Per fare cosa?
DOMIN Per imitare la natura. Prima di tutto ha cercato di creare un cane artificiale. Gli è costato diversi anni di lavoro, ma è venuto fuori una specie di vitello atrofizzato, che è morto nel giro di un paio di giorni. Glielo mostrerò più tardi nel museo. E poi il vecchio Rossum si è dedicato a creare l’uomo.
Pausa
[Karel Čapek, R. U. R. Rossum’s Universal Robots, a cura di Alessandro Catalano, Venezia, Marsilio 2015, p. 64]