Vicende

domenica 9 Gennaio 2011

La prima volta che ho letto Le vicende del bravo soldato Švejk ero in transiberiana, da Mosca andavo a Vladivostok, sette giorni di treno, avevo preso con me i due volumetti dell’edizione dell’universale economica Feltrinelli che era l’unica in commercio allora (era il 2002), 846 pagine tradotte in parte da Renato Poggioli in parte da Bruno Meriggi e, non è che sul treno ci fosse tanto da fare, avrei voluto che il romanzo durasse di più, anche il doppio, a un certo punto avevo pensato di rileggerlo, poi avevo fatto conoscenza con qualcuno dei miei compagni di viaggio e avevo cominciato a perdere una serie considerevole di partite a scacchi, e a rifiutare una serie considerevole di offerte d’affari (nel campo della moda e della ristorazione, prevalentemente) e a vuotare una serie considerevole di bicchierini di vodka, anche se non bevo, ma in Russia in generale, e in trasiberiana in particolare, per non bere ci vuole una motivazione più seria del fatto di essere astemi, mi sembra, perlomeno a me succede così. Continua a leggere »

Quanto durerà ancora la guerra

giovedì 30 Dicembre 2010

Il sergente furiere chiese con un certo interesse:
«Švejk, quanto pensa che durerà ancora la guerra?»
«Quindici anni», rispose Švejk. «È una cosa alquanto ovvia, perché già una volta c’è stata una guerra di trent’anni, e noi adesso siamo intelligenti più o meno il doppio rispetto a prima, per cui: 30 : 2 = 15»

[Jaroslav Hašek, Le vicende del bravo soldato Švejk, cit., p. 970]

Se non è zuppa è pan bagnato

giovedì 30 Dicembre 2010

L’alterco tra il capitano e il maggiore stava pian piano crescendo d’intensità.
«Lei non ne ha alcun diritto», gridava infuriato il capitano. «Quell’uomo [il bravo soldato Švejk] verrà impiccato sulla base di una precisa sentenza del tribunale militare».
«Verrà impiccato senza alcuna sentenza», aveva sibilato con stizza il maggiore Wolf.
Švejk, che camminava lì davanti a loro e aveva udito tutt’intera quella interessante conversazione, si limitò a dire ai suoi accompagnatori: «Se non è zuppa, è pan bagnato. Una volta, all’osteria Na Zavadilce, nel quartiere di Libeň, si stava giusto discutendo tra noi sul fatto se un certo cappellaio Vašák, che ogni volta che c’era qualche festicciola ci tirava sempre qualche brutto tiro, noi dovevamo buttarlo fuori subito come arrivava sulla porta, o magari dovevamo aspettare fino a che non si prendeva una birra, se la pagava e se la beveva, oppure se non dovevamo invece togliergli semplicemente le scarpe dopo che si è fatto il suo primo giro di danza. L’oste, dal canto suo, proponeva di buttarlo fuori a metà festa, dopo che aveva già qualche consumazione alle spalle, per cui a quel punto lui avrebbe dovuto pagare e se ne sarebbe dovuto andare via subito. E lo sapete, voi, cosa non riuscì a combinarci quella canaglia? Non venne. Eh, che ve ne pare?

[Jaroslav Hašek, Le vicende del bravo soldato Švejk, cit., p. 893-894]

Was ist das

domenica 26 Dicembre 2010

Sul tavolo davanti a lui [al colonnello Schröder] era fissata la mappa della zona delle operazioni, con le bandierine attaccate a degli spilli, ma le bandierine erano state scaraventate via e le linee del fronte spostate. Gli spilli con le bandierine attaccate giacevano disordinatamente sotto al tavolo.
L’intera zona delle operazioni era stata orrendamente devastata durante la notte dal gatto tenuto dagli scritturali nella fureria di reggimento, il quale gatto, dopo aver fatto di notte i propri bisogni sul teatro delle operazioni belliche austriache e volendo sotterrare le proprie feci, aveva poi divelto le bandierine e con le proprie feci imbrattato tutte quante le posizioni di prima linea, aveva fatto pipì sulle linee del fronte e sulle teste di ponte e aveva insudiciato tutti i corpi d’armata.
Il colonnello Schröder era alquanto miope.
Gli ufficiali del battaglione di linea osservavano con grande interesse il dito del colonnello Schröder avvicinarsi a quei mucchietti. Continua a leggere »

Eroismo

mercoledì 22 Dicembre 2010

«Ma anche da noi ci sono degli entusiasti. Avete letto sulla “Politica nazionale” di quell’obrlajtnant Berger dell’artiglieria che si era arrampicato sopra un abete bello alto e lì, in mezzo ai rami, aveva approntato il suo beobachtugspunkt [punto di osservazione]. E poi i nostri avevano ripiegato e lui non era più potuto scendere perché altrimenti l’avrebbero fatto prigioniero. Per cui aveva aspettato fino a che i nostri non avevano rimesso in fuga i nemici, e c’erano voluti quindici giorni prima che finisse l’attesa. E per quindici interi giorni lui era rimasto lassù sull’albero, e per non morire di fame aveva rosicchiato tutta quanta la punta, nutrendosi di ramoscelli e di aghi di abete. E quando giunsero i nostri, lui era così stremato che non ce la fece neanche più a reggersi lì sull’albero, è caduto giù e si è ammazzato. Dopo la morte gli è stata conferita la medaglia d’oro al merito per il valore dimostrato».
E il brigadiere aggiunse in tono grave: «Questa sì che è abnegazione, signor appuntato, questo è eroismo!».

[Jaroslav Hašek, Le vicende del bravo soldato Švejk, cit., p. 338]

Sicuro

mercoledì 22 Dicembre 2010

Quando raccontava qualcosa, parlava sempre e soltanto di cose sicure e dimostrabili, chiedendo continuamente agli astanti se comprendevano il significato delle espressioni le più elementari: «Ecco, signori, prendete una finestra. Lo sapete voi cos’è una finestra?».
Oppure: «Un percorso costeggiato su entrambi i lati da un fossato è chiamato strada. Certo signori miei. E lo sapete voi cos’è un fossato? Un fossato è una grossa buca dove lavorano più persone. È un affossamento del terreno. Sicuro. E ci si lavora con la zappa. Lo sapete voi cos’è una zappa?»

[Jaroslav Hašek, Le vicende del bravo soldato Švejk, cit., p. 267-268]

In seguito

sabato 11 Dicembre 2010

Quando, in seguito, Švejk si trovò a descrivere la vita all’interno del manicomio, lo fece sempre in maniera straordinariamente elogiativa: «Davvero non capisco perché i matti si arrabbiano tanto se li trattengono là dentro. Lì uno se ne può strisciare nudo sul pavimento, può ululare come uno sciacallo, può dare in escandescenze e distribuire morsi a destra e a manca. Se uno queste cose qui le facesse passeggiando al Corso, la gente se ne stupirebbe, mentre lì è la cosa più normale a questo mondo. Laggiù c’è una libertà che neanche i socialisti se la sono mai neanche sognata. Lì uno può dire di essere domineddio o la Vergine Maria o il papa o il re d’Inghilterra o sua maestà l’imperatore o san Venceslao, anche se l’ultimo che ho detto se ne stava sempre legato come un salame, tutto nudo, e lo tenevano lungo disteso in isolamento. E c’era poi anche uno che urlava di essere un arcivescovo, e non faceva altro che mangiare e poi – con rispetto parlando – faceva un’altra cosa ancora, che – come ben sapete – con quella ci fa rima, ma lì nessuno se ne vergogna. Un altro diceva addirittura di essere san Cirllo e Metodio, per poter ricevere una doppia razione di cibo. E un altro signore ancora, lì era incinto, e invitava tutti al futuro battesimo /…/ Il più furioso di tutti era un signore che si spacciava per il sedicesimo volume del Dizionario enciclopedico dell’editore Otto, e pregava chiunque di aprirlo e di trovargli la voce “Macchine per lavori di cartonaggio” perché altrimenti lui era perduto».

[Jaroslav Hašek, Le vicende del bravo soldato Švejk, cit., p. 42-43]

Confidenza

domenica 28 Novembre 2010

Anche se poi, detto in tutta confidenza, signora Müllerová, un arciduca grasso riuscite pure a centrarlo con molta più facilità che non uno magro.

[Jaroslav Hašek, Le vicende del bravo soldato Švejk durante la prima guerra mondiale, a cura di Giuseppe Dierna, illustrazioni di Josef Lada, Torino, Einaudi 2010, pp. 10-11]