Ma io mi sciolgo davanti a uno snack-bar

venerdì 3 Aprile 2015

J. Rodolfo Wilcock, Poesie

Ma io mi sciolgo davanti a uno snack-bar
se solo so che ci sei dentro tu,
e ho fatto verniciare d’oro il telefono
perché una volta mi hai chiamato tu.
Perciò ho deciso di regalarti gli Oceani,
fuori si intende dalle acque territoriali,
l’Atlantico, il Pacifico, l’Indiano,
e insieme a queste ingenti masse d’acqua
salata l’Artico e i Mari del Sud
con tutte le isole nuove disabitate,
che da lontano sembrano così verdi
per quanto, immagino, saranno piene di vipere.

[J. Rodolfo Wilcock, Poesie, Milano, Adelphi 1996 (3), p. 193]

Lentamente girando

giovedì 10 Luglio 2014

J. Rodolfo Wilcock, La sinagoga degli iconoclasti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Sua esistenza ha sempre sollevato dubbi. Del problema si sono occupato san Tommaso, sant’Anselmo, Cartesio, Kant, Hume, Alvin Plantinga. Non ultimo, Socrates Scholfield, titolare del brevetto registrato presso l’U. S. Patent Office del 1914 con il numero 1.087.186. L’apparecchio di sua invenzione consiste di due eliche di ottone incastrate in modo che, lentamente girando ciascuna intorno all’altra e dentro l’altra, dimostrano l’esistenza di Dio. Delle cinque prove classiche questa è detta la prova meccanica.

[J. Rodolfo Wilcock, La sinagoga degli iconoclasti, Milano, Adelphi 2014, p. 151]

Philip Baumberg

sabato 28 Giugno 2014

J. Rodolfo Wilcock, La sinagoga degli iconoclasti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel 1874, nei pressi di Wanganui nella Nuova Zelanda settentrionale, Philip Baumberg nativo di Cork in Irlanda fece funzionare per la prima volta la sua pompa a cani o dog-pump. Il congegno, se così lo si può chiamare, sfruttava il fatto scientificamente dimostrato che un cane bene educato, se lo si chiama, viene. Baumberg si serviva di una trentina di cani da lavoro, pastori e simili, e di due manovali salariati, indigeni, il cui numero andò poi aumentando progressivamente.
Il primo manovale era piazzato in basso, con un secchio, presso un ruscello di acqua potabile; il secondo era in cima al colle, accanto a un canalone di lamiera che con lieve pendenza conduceva l’acqua verso una cisterna attigua alla abitazione di Baumberg. Ogni cane portava appeso al collo un bidone che veniva riempito dell’indigeno in basso: poi quello in alto chiamava il cane, e quando questo era arrivato su, l’uomo versava l’acqua del bidone nel canalone della cisterna; subito dopo l’altro indigeno chiamava il cane giù e ripeteva l’operazione.
Con trenta cani in moto l’effetto era particolarmente vivace. Per evitare i frequenti sbagli provocati dall’impossibilità di ricordare tutti e trenta i nomi delle bestie, sbagli che si ripercuotevano sfavorevolmente sull’andamento del lavoro – talvolta un cane richiamato troppo presto se ne tornava giù con il bidone ancora pieno – Baumberg decise di separare i compiti, così che i maori erano adesso diventati quattro: due addetti al travaso e due alla chiamata. Per impedire poi che i cani si fermassero a metà costa, o se ne andassero per i fatti loro, dovette ancora aggiungere due sorveglianti lungo il pendio.
Altri due indigeni furono addetti al ricambio dei cani, dato che questi normalmente, per la loro particolare natura e costituzione, non possono lavorare più di un’ora di seguito. Di conseguenza i cani ingaggiati presso la pompa erano in realtà quasi novanta, il che complicava talmente la memorizzazione dei nomi che altri due maori vennero aggregati come ausiliari e assistenti di chiamata. Quattro altri indigeni curavano che i cani non si azzannassero tra di loro, né si abbandonassero a indecenze, ma soprattutto che non scappassero via con i bidoni, altamente apprezzati allora come oggi delle popolazioni dell’interno.
Non sfuggiva al Baumberg l’ovvia constatazione che quattordici persone preposte direttamente al trasporto di bidoni o secchi, invece che alla sorveglianza o al governo delle bestie, avrebbero reso cento volte più acqua che trenta cani, scodinzolanti e capricciosi (spesso si sedevano per grattarsi, facevano il morto, e i più furbi e più anziani fingevano abilmente dolori alle zampe, svenimenti, capogiri, in special modo le femmine). Ma meditate considerazioni umanitarie di carattere evangelico, abbastanza spiegabili in un ebreo irlandese in stretto contatto con le sparute ma prepotenti missioni cattoliche dell’isola, lo inducevano non solo a preferire il lavoro animale, ma anche a descriverne minuziosamente i vantaggi, come può leggersi nella sua raminga e solitaria dissertazione Dog as Worker, His Preminence over Ass, Ox and Man (Il cane come animale: la sua preminenza sull’asino, il bue e l’uomo) stampata a Sidney, Australia, nel 1876.
Poiché né a Auckland né in altro punto delle isole esisteva allora un regolare Ufficio Brevetti, e nemmeno l’Australia, in buona parte ancora popolata da figli e nipoti di ergastolani, offriva in questo senso particolari garanzie, Baumberg dovette aspettare un suo viaggio a Londra nel 1884 per brevettare la sua pompa a cani; dalla cui invenzione e messa a punto non trasse tuttavia che scherno e oblio. Soltanto il Brewater ne parla, nella sua esauriente storia delle forme di lavoro: Dalle piramidi al controllo adattativo con calcolatore on line (primo volume della Enciclopedia del sindacalista, Bari, 1969).

[J. Rodolfo Wilcock, La sinagoga degli iconoclasti, Milano, Adelphi 2014, pp. 153-155]

Come arricchisci

martedì 5 Febbraio 2013

Come arricchisci, come mi arricchisci!
C’erano alcuni tra i più ricchi di Italia
e io ho detto «sono al suo servizio»,
e hanno pensato «è più ricco di noi».
Olimpia ebbe il più grande degli dèi,
Efeso Artemide criselefantina,
io ho un telefono e chiamo questo numero
e tu rispondi e dici «sono io».

[J. Rodolfo Wilcock, Poesie, Milano, Adelphi 1996, p. 107]

Una frase del senatore Montale

venerdì 23 Novembre 2012

Una frase del senatore Montale: «Lo scrittore di oggi è più politicizzato di quello di una volta, o meglio, vuol farci conoscere a ogni costo le sue idee politiche».

[J. Rodolfo Wilcock, Il reato di scrivere, Milano, Adelphi 2009, p. 56]

Romanzieri e scimpanzè

giovedì 15 Novembre 2012

Non si contano quasi le coppie che in questo momento sono occupate nel mondo a insegnare a parlare a un bambino; riguardevole è pure il numero di coppie occupate a fare la stessa cosa con uno scimpanzè.
In genere senza successo, perché gli scimpanzè normalmente non parlano; ma molti di loro pare stiano sempre sul punto di dire qualcosa, e così mantengono sveglio l’interesse. Come i nostri migliori romanzieri, i quali sempre pare stiano, come gli scimpanzè, sul punto di dire qualcosa.
Il tentativo più riuscito, nel campo degli scimpanzè – del campo romanzieri non si hanno notizie sufficienti –, è stato quello di Keith J. Hayes e Cathy Hayes, presso il laboratorio Yerkes di biologia dei primati. Dopo un lungo apprendistato, il loro primate si è dimostrato in grado di dire quattro parole: «mama» (mamma), «papa» (babbo), «cup» (tazza) e «up» (su).
Purtroppo queste parole la scimmia – come i nostri romanzieri il loro messaggio di impegno – le dice in un roco sussurro e quasi sempre a sproposito; quest’ultimo particolare è tuttavia da considerare con attenzione, da giudicare in sospeso, dal momento che nessuno sta nella testa dello scimpanzé per sapere se quando dice «su» vuol dire davvero «su» o qualcos’altro. Lo stesso vale d’altronde per tutti i primati parlanti che conosciamo e frequentiamo, romanzieri inclusi.

[J. Rodolfo Wilcock, Il reato di scrivere, a cura di Edoardo Camurri, Milano, Adelphi 2009, pp. 42-43]

Si sappia

lunedì 11 Giugno 2012

Si sappia, insomma che verso metà secolo
la terra ebbe un sussulto e si decise
a fare il meglio che poteva fare
per una volta, forse per l’ultima volta.
Chiamò a raccolta le maree oceaniche,
i venti più famosi delle montagne,
i metalli preziosi, i fiori rari,
il Nilo, il Gange, il Plata e il Mississippi,
i ghiacciai e i deserti e i pachidermi,
e non sapendo che farsene di un tutto
tanto imponente e tanto imbarazzante,
chiese al primo dormiente che passava
per il lago del sogno universale
come vedeva lui la perfezione.
Lo chiese a me, e così fece te.

[J. Rodolfo Wilcock, Poesie, Milano, Adelphi 1996, p. 115]

Esseri

domenica 20 Maggio 2012

Per due motivi noti di carattere biologico (il sesso e la nutrizione) e per diversi motivi meno noti, di carattere tra l’istintivo e il patologico, siamo costretti a sopportare l’esistenza, la vicinanza e perfino il contatto di essere contrari alla nostra ragione; questi essere vengono genericamente chiamati gli altri.

[J. Rodolfo Wilcock, Il reato di scrivere, a cura di Edoardo Camurri, Milano, Adelphi 2009, p. 51]

Come si somministra il premio letterario

venerdì 4 Maggio 2012

Gli autori vengono coricati ciascuno sul suo letto, su un materasso un po’ duro, con la testa lievemente sopraelevata e un cuscinetto sotto il bacino, le gambe semiflesse, divaricate, la camicia tirata verso lo sterno, le gambe semicoperte. Gli autori dovranno respirare tranquillamente, rilasciare i muscoli, lasciar fare con serenità. Avranno tra le gambe una bacinella.
Dopo un intervallo di consultazione, la giuria prende il premio letterario, ben lubrificato, l’inserisce improvvisamente in uno degli autori e lo spinge avanti con dolcezza. Il premio procede, in genere, senza difficoltà per 10-12 cm. Se si avverte una resistenza, si ritira alquanto il premio, lo si scuote leggermente e si ritorna a spingere con delicatezza, imprimendo all’autore qualche movimento di rotazione, fino alla totale premiazione.
Gli altri autori possono nel frattempo rivestirsi. Dopo l’operazione, il premio letterario va accuratamente lavato, asciugato e riposto.

[Juan Rodolfo Wilcock, Come si somministra il premio letterario, in Tèchne, numero 20, pp. 30-31]

Wilcock

giovedì 3 Maggio 2012

A Velletri

Sono andato fino alla fermata dell’autobus,
mi sono seduto sul muretto del ponte:
la mia ombra era l’ombra di un giovane,
ma anch’io sono l’ombra di un giovane.

[J. Rodolfo Wilcock, Poesie, Milano, Adelphi 1996, p. 159]