domenica 26 Aprile 2020
Non uscire dalla stanza, non commettere l’errore.
Se hai le Šipka da fumare, cosa te ne fai del sole?
Niente, là fuori, ha senso, neanche le urla di gioia.
Vai fino al gabinetto e poi torna, presto, indietro.
Oh, non uscire dalla stanza, non chiamare il taxi.
Che lo spazio è costituito dal corridoio,
e finisce con il contatore. E se entra la tua amata,
con le fauci spalancate, mandala via senza spogliarti.
Non uscire dalla stanza; pensa di essere malato.
Cosa c’è, al mondo, di più bello, di un muro scrostato?
Perché andar via da dove tornerai, dopo, di sera,
uguale a come eri e, in più, intossicato?
Oh, non uscire dalla stanza. Balla una bossanova, ispirato,
le scarpe ai piedi nudi, e solo la giacca addosso.
L’ingresso puzza di sciolina, di cavolo bollito,
hai già scritto molte lettere; una in più sarebbe troppo.
Non uscire dalla stanza. Oh, che la sola stanza immagini
l’aspetto che hai. E, in generale: incognito
ergo sum, come ha notato la forma nel cuore della sostanza.
Non uscire dalla stanza! In strada non c’è mica la Francia.
Non far l’asino! Sii quello che gli altri non son stati.
Non uscire dalla stanza! Dai la libertà ai tuoi mobili usati
di diventare un tutt’uno con la carta da parati. Bàrricati, nella stanza,
dietro l’armadio contro il crono, il cosmo, l’eros, il virus, la razza.
[Una poesia, del 1970, di Iosif Brodskij. L’abbiamo tradotta con le studentesse del secondo anno del corso di traduzione editoriale dal russo della Iulm, Giada Bertoli, Francesca Giordano, Verdiana Neglia, Irene Verzeletti. L’originale è in rima, qui Brodskij la legge ad alta voce: clic]
sabato 28 Marzo 2020
Brodskij una volta ha detto che in Unione Sovietica, rispetto all’occidente, era come se ci fosse una forza di gravità decuplicata: impossibile fare delle capriole. Ecco a me in questi giorni sembra di essere in Unione Sovietica: impossibile fare delle capriole.
martedì 17 Marzo 2020
Il mondo non è più com’era
un tempo, quando regnavano sovrani abat-jour, fox-trot,
e la paura, insieme a sottovesti e ad arguzie salaci a volontà.
Chi avrebbe mai pensato
che la gomma del tempo li avrebbe cancellati
come sgorbi a matita sulla carta? Certo nessuno.
Eppure il tempo con il suo frusciare
proprio questo ha fatto. Vallo a rimproverare.
[Iosif Brodskij, Fin de siècle, in E così via, traduzione di Anna Raffetto, Milano, Adelphi 2017, p. 103]
martedì 3 Marzo 2020
A.M.B. Potrebbe descriverci la sua filosofia di vita?
I.B. Non è una filosofia di vita, è solo una serie di espedienti. Se dovessi definirla una filosofia, allora direi che è una filosofia della sopportazione. È molto semplice. Quando sei in una brutta situazione, hai due modi di affrontarla: mollare tutto o cercare di resistere. Io cerco di resistere il più a lungo possibile. Ecco, la mia filosofia è questa: tutto qui, niente di speciale.
[Anne-Marie Brumm, La musa in esilio, conversazione con il poeta russo Iosif Brodskij, in Iosif Brodskij, Conversazioni, a cura di Cynthia L. Haven, traduzione di Matteo Campagnoli, Milano, Adelphi 2015, p. 51]
domenica 19 Gennaio 2020
C’era uno che si chiamava Iosif Brodskij che di mestiere faceva il poeta. Per le sue poesie era stato accusato di parassitismo sociale e poi costretto a lasciare il suo paese. Della sua condizione di scrittore in esilio pensava che somigliasse a quella di un cane o di un uomo catapultato dentro a una capsula e che la sua capsula era il linguaggio. Il linguaggio in esilio diventa destino, diceva, prima ancora di diventare un’ossessione o un dovere.
(Dal Repertorio dei matti della letteratura russa, in preparazione, questo matto è di Barbara Soprani)
domenica 17 Novembre 2019
«Molto spesso chi critica una malattia o un male, per il solo fatto di farlo si sente buono, si sente nel giusto. È un errore di valutazione molto grave e piuttosto diffuso in questa professione [quella di poeta], e non credo sia sano. E c’è anche un problema di vanità: quando un’intera nazione ti ammira, puoi dimenticare piuttosto in fretta qual è il tuo vero lavoro. Il tuo vero lavoro è scrivere bene».
[I russi sono matti oggi a Milano alle 14 a Villa Necchi dentro Book city]
martedì 22 Ottobre 2019
Uno, che si chiamava Iosif Brodskij, pensava che Komnitern fosse il nome di un gruppo musicale.
[Repertorio dei matti della letteratura russa, redazione di Milano, da Sergej Dovlatov, Taccuini, a cura di Laura Salmon, Sellerio (questo matto è di Andrea Grossi)]
giovedì 4 Luglio 2019
Brodskij:
– Per molto tempo ho creduto che, in inglese, non fosse possibile dire delle sciocchezze…
[Sergej Dovlatov, Sobranie sočinenij (Raccolta delle opere), Spb, Azbuka 2000, t. 4, p.225]
giovedì 23 Maggio 2019
Uno scrittore che accenna ai propri trascorsi penali – o in generale alle proprie traversie – è paragonabile a un individuo normale che si fa bello alludendo ad amicizie importanti.
[Iosif Brodskij, Per compiacere un’ombra, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p. 109]