Quel che non c’era
Qualche giorno fa, alla libreria Ambasciatori di Bologna, ho preso, dalla cima di una pila di libri che sarà stata alta un metro e venti, una copia dell’ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti, Io e te (Einaudi stile libero big, 118 pagg., 10 euro), e intanto che la prendevo pensavo «Vediamo nelle prime tre pagine che paragoni ha inventato, questa volta».
Pensavo così perché negli ultimi due romanzi di Ammaniti, Come Dio comanda e Che la festa cominci, avevo trovato un uso della lingua, non so come dire, sopra le righe, con riferimenti continui a immagini improbabili o esotiche non so quanto necessarie: c’era un uomo che si lamentava come se gli stessero facendo una rettoscopia; una donna che come un capretto, un Bambi o quel diavolo che era, cominciava ad agitarsi, a urlare, a dimenarsi, a farfugliare; una signora alta e affilata come una mantide religiosa; un’altra piccola e verde come un goblin, che si trascinava dietro un quadrupede che sembrava un diavolo della Tasmania; c’era una scimmia da laboratorio sotto oppio; c’era una testuggine a cui avevano sfilato il guscio e infilato una tunica bianca; una principessa berbera il giorno dell’incoronazione; un profugo ugandese; una sanguisuga infetta; un pigmeo con il verme solitario eccetera eccetera. Continua a leggere »