Al diavolo!
«Al diavolo! Che schifo di mondo!» disse con il tono di un russo a cui vanno male gli affari.
[Nikolaj Gogol’, Il ritratto, in Jurij Man, La poetica di Gogol’, a cura di Cinzia De Lotto, Roma, Lithos 2014, p. 281]
«Al diavolo! Che schifo di mondo!» disse con il tono di un russo a cui vanno male gli affari.
[Nikolaj Gogol’, Il ritratto, in Jurij Man, La poetica di Gogol’, a cura di Cinzia De Lotto, Roma, Lithos 2014, p. 281]
Delle volte gli veniva la rabbia quando vedeva che un pittore straniero, un francese, o un tedesco, delle volte neppure un pittore per vocazione, con il solo mestiere che si era fatto abitudine, con la vivacità del suo pennello e la luminosità dei suoi colori faceva scalpore, e si metteva da parte, in un attimo, un capitale. Questo non gli veniva in mente quando, preso tutto il giorno dal proprio lavoro, dimenticava di bere, e di mangiare, e il mondo intero, ma quando, alla fine, si faceva sentire il bisogno, quando non c’erano soldi per comprare i pennelli, e i colori, quando il padrone di casa, ossessionante, veniva dieci volte al giorno a chiedere i soldi dell’affitto. Allora nella sua immaginazione la sorte del pittore ricco diventava invidiabile; allora balenava anche un pensiero che balena spesso nella testa dei russi: piantare lì tutto e mettersi bere a più non posso, per ripicca, così imparavano. E adesso era quasi in una condizione del genere.
[Nikolaj Gogol’, Il ritratto, dai Racconti di Pietroburgo]
E c’è un personaggio, nel Ritratto di Gogol’, il padrone di una casa sulla quindicesima linea dell’Isola Vasilevskij che «era una di quelle creature come sono di solito i proprietari di case sulla quindicesima linea dell’Isola Vasilevskij, sulla Peterburgskaja storona o in un angolo sperduto di Kolomna, una creatura come ce ne sono tante, in Russia, e il cui carattere è così difficile da determinare come il colore di un soprabito usurato».
Delle volte gli veniva il nervoso quando vedeva che un pittore straniero, un francese, o un tedesco, delle volte neppure un pittore per vocazione, con il solo mestiere che si era fatto abitudine, con la vivacità del suo pennello e la luminosità dei suoi colori faceva scalpore, e si metteva da parte, in un attimo, un capitale. Questo non gli veniva in mente quando, preso tutto il giorno dal proprio lavoro, dimenticava di bere, e di mangiare, e il mondo intero, ma quando, alla fine, si faceva sentire il bisogno, quando non c’erano soldi per comprare i pennelli, e i colori, quando il padrone di casa, ossessionante, veniva dieci volte al giorno a chiedere i soldi dell’affitto. Allora nella sua immaginazione la sorte del pittore ricco diventava invidiabile; allora balenava anche un pensiero che balena spesso nella testa dei russi: piantare lì tutto e mettersi bere a più non posso, per ripicca, così imparavano. E adesso era quasi in una condizione del genere.
[Il pittore Čartkòv, protagonista del Ritratto di Gogol’]