Il rabdomante
Il rabdomante era un uomo alto, tendente alla pinguedine, e vestito di nero, come Nelly e il parroco. Portava in testa un cappello floscio, nero e bisunto, che pendeva un po’ da un lato, e sotto il braccio teneva un pacchetto sottile, avvolto in una carta di giornale. La prima impressione fu: Che persona distinta.
Ma quando comparve alla luce dei fanali di un’auto, si videro in lui segni di deterioramento: occhi scoloriti e sfuggenti, dita ingiallite dalla nicotina, calzoni male assortiti con la giacca, scarpe screpolate sulla punta, guance segnate da un sorriso sempre pronto. Parlava con l’accento cadenzato e melodioso della costa dell’Ovest.
McElwee e l’apprendista di McLaughlin, muovendosi intorno al rabdomante come due accoliti smaniosi, lo condussero all’auto di padre Curran. Il rabdomante aprì la portiera, si tolse il cappello e fece un inchino a Nelly e al parroco. Aveva un riporto di capelli tirato accuratamente da una parte per coprire la calvizie. «Io sono il rabdomante» disse con modesta semplicità.
Padre Curran si piegò dalla parte di Nelly per guardarlo più da vicino.
«Come vi chiamate? Chi è il parroco del vostro paese?»
Il rabdomante ignorò le domande e si rivolse a Nelly: «Avrò bisogno di una cosa che apparteneva a vostro marito, qualcosa che sia stato a contatto con la sua persona: una cravatta, un fazzoletto, un…»
[Brian Friel, Tutto in ordine e al suo posto, traduzione e cura di Daniele Benati, Milano, Marcos y Marcos 2017, p. 21]