venerdì 26 Novembre 2010
Proverò a fare un esempio: posso fare riferimento al “senso della vista” solo dopo aver da un lato separato l’atto del vedere dal tatto o dall’olfatto, in virtù della differenziazione e dopo aver dall’altro lato identificato l’insieme di esperienze della coscienza che afferiscono alla percezione visiva. La coscienza dunque sperimenta questa sua divisione, collega quel tipo di percezione a uno strumento, ossia all’occhio e infine pensa che questo tipo di coscienza dipenda dal bulbo oculare. Se dunque si tratta di confondere temporaneamente la coscienza visiva con le operazioni dell’occhio, dovremo dire che prima, finché non si era completato il processo di differenziazione, la vista non doveva necessariamente concentrarsi al livello dell’occhio. forse anch’io molto tempo fa vedevo gli oggetti con tutto il corpo, li assaggiavo con la mia schiena. Credo che la specializzazione dei vari organi di senso si sia realizzata recentemente. Ma una volta che si dà inizio a questa divisione del lavoro, si perde elasticità. Forse chi ha avuto un tumore alla lingua non riesce più a mangiare col tallone e chi ha avuto la disgrazia di prendere la gonorrea non può più urinare con l’ombelico. Temo di essere stato inopportuno.
[Natsume Soseki, Il mio individualismo, cit., pp. 74-75]
martedì 9 Novembre 2010
Non ho tenuto molte conferenze, anzi ne ho tenute pochissime; mi è capitato più volte che mi venisse richiesto di farlo, ma poi ho finito sempre per declinare l’invito. Il problema è che non mi piacciono e per di più non mi riescono bene. Invece ho fatto sempre, quotidianamente, delle lezioni accademiche e probabilmente in quello sono anche bravo. Purtroppo però volete che tenga una conferenza e tempo proprio di fare una brutta figura.
A dire il vero qualche tempo fa, quando Ōmura venne col proposito di chiedermi di tenere questa conferenza, io preferii lì per lì declinare l’invito perchè sapevo di non esserne in grado e accettare significava mettermi in un bel guaio. Tuttavia non ci fu maniera di farlo cedere: continuò a insistere con ostinazione. Voleva che lo facessi anche come favore personale e ripeteva che avrei potuto scegliere qualsiasi argomento.
Siccome io mi mostravo ancora perplesso, d’un tratto Ōmura disse che non dovevo per forza fare una conferenza. Chiesi allora che cosa avrei fatto se non una conferenza. Mi suggerì, tutto gentile, di presentarmi e mostrare a tutti voi la faccia: a quel punto, disse, mi avreste perdonato. Fu allora che io presi la mia decisione, mi dissi che non c’era da inquietarsi per una cosa del genere e trovai la forza per accettare. È così che oggi mi trovo qui. Purtroppo la mia faccia non è un granché. Davvero non posso limitarmi a mostrare il mio viso: una volta che mi trovo qui, proverò a raccontarvi qualcosa
[Natsume Soseki, I fondamenti filosofici della letteratura, in Il mio individualismo, traduzione dal giapponese di Gabriele Marino, :duepunti, Palermo 2010, pp. 60-61]