Vergogna

giovedì 7 Marzo 2024

Ci sono lingue nelle quali non esistono parole e espressioni offensive, e neanche indecenti. Per i malesi, per esempio, l’offesa e l’ingiuria più grande è: “Non hai vergogna?”.

Venedikt Erofeev

[sabato 9 marzo, alle 11, sul mio profilo Instagram, leggo l’articolo che è uscito oggi sul Fatto Quotidiano]

Di verde

venerdì 26 Gennaio 2024

Nel cortile del carcere c’erano dei barconi, di legno, e i carcerati, mi ha detto la direttrice, quelli che fanno un laboratorio di liuteria, trasformano il legno di quei barconi in violini.
Sono barconi che arrivano da Lampedusa.
Fanno impressione.
Vederli lì, rovesciati sull’erba del cortile del carcere di Opera, e pensare cos’hanno contenuto, e il viaggio che han fatto.
Dopo siamo entrati, abbiamo fatto due corridoi pieni di grate che mi ricordavano un po’ la caserma Cittadella di Piacenza dove ho fatto il militare un po’ l’Algeria (io nell’ottantacinque ho vissuto un anno e mezzo in Algeria che era piena di questi intonaci mezzo devastati dell’umidità e pitturati di verde, quel verdino algerino, non so se mi spiego).

[Domenica 28 gennaio, sul Fatto quotidiano, racconto quel che è successo giovedì scorso quando sono stato al carcere di Opera, a Milano]

Star male

venerdì 3 Novembre 2023

Da qualche settimana porto in giro un monologo che si intitola A cosa servono i russi, lo leggo anche stasera al circolo dei lettori di Torino.
Per uno che, come me, scrive, rispondere a questa domanda è molto semplice.
La letteratura russa mi sembra ce lo dica continuamente, a cosa serve, a noi che scriviamo.
Nella Morte di Ivan Il’ič di Tolstoj, per esempio, Ivan Il’ič a un certo punto arreda l’appartamento che ha comperato, e ci mette «tutto quello che si trova di solito nelle case di quelli che non sono proprio ricchi ma che vogliono assomigliare a dei ricchi e finiscono così per assomigliarsi tra loro: damaschi, ebani, fiori, tappeti e bronzi, tutto scuro e brillante»; nell’appartamento d Ivan Il’ič «c’era tutto quello che le persone di un certo ceto trovano per assomigliare a tutte le persone di un certo ceto. E da lui assomigliava talmente, che era come se non si vedesse niente, ma a lui questo sembrava, in un certo senso, un tratto distintivo».
Ci son dei libri che son scritti così bene, in italiano italiano, damaschi ebani fiori tappeti e bronzi, che è come se non si vedesse niente, e sembra che Tolstoj, scrivendo quel pezzo lì, ci dica «Stai attento». Ma Tolstoj e i suoi colleghi non parlano solo a quelli che, come me, hanno il vizio di scrivere.

[Domani, sul Fatto quotidiano, dovrebbe uscire un pezzetto sul tema: A cosa servono i russi (il monologo sui russi lo leggo domani sera, ho scritto stasera perché il pezzetto dovrebbe uscire domani)]

Per un romanzo

mercoledì 18 Ottobre 2023

Che la censura, ho detto, per un romanzo è una benedizione.

[Domani, sul Fatto quotidiano, esce un pezzetto che ho scritto io]

Paura

mercoledì 13 Settembre 2023

E la direzione del Museo Russo ha cercato in tutti i modi, riuscendoci, di negarci il proprio aiuto senza essere formalmente attaccabile, e abbiamo avuto l’impressione che noi, alla Direzione del Museo Russo, facevamo paura.

[Domani, sul Fatto quotidiano, esce un pezzo sul servizio che va in onda domani, a Piazza pulita, che viene da un documentario che abbiamo fatto con Claudio Sforza e Alessandro Freno in collaborazione con Choramedia]

[ERRATA CORRIGE, L’ARTICOLO NON ESCE DOMANI, E IL SERVIZIO SU PIAZZA PULITA NON ESCE DOMANI MA GIOVEDÌ 28]

Adesso dico una cosa molto importante

sabato 29 Luglio 2017

Scrivo queste righe appena tornato dalla Russia, e intanto che le scrivo sento per radio un dibattito e sta intervenendo l’ex sindaco di Milano Pisapia e Pisapia a un certo punto dice «Adesso dico una cosa molto importante», e dopo la dice e a me, devo dire, non mi sembra una cosa così importante.
Ecco, a proposito della comicità, ci sono quelli che dicono, quando cominciano a parlare, «Adesso dico una cosa molto divertente», e dopo la dicono e a me, devo dire, non mi sembra quasi mai una cosa così divertente.
Allora la condizione in cui sono, dover raccontare delle cose comiche che mi sono successe, probabilmente la maggior parte dei lettori non le troveranno tanto comiche, un po’ per via del fatto che probabilmente non sono, così comiche, un po’ per via del fatto che il riso, come dice un mistico probabilmente caucasico che si chiama Gurdjeff, nasce da un’oscillazione tra il sì e il no, gioca sulla sorpresa, sull’inaspettato, sull’imprevisto, e mi viene in mente una cosa che mi è successa in Russia, il giorno che siamo tornati, che quando siamo partiti, alle sei e mezza del mattino, da San Pietroburgo, per andare all’aeroporto,edavanti all’albergo, in Artillerijskaja ulica, siamo montati sulla corriera e io mi son messo a contare se c’eravamo tutti, e eravamo uno in più.
C’era un signore, vestito di blu, che dormiva. Continua a leggere »

Aleksandr

martedì 16 Luglio 2013

Ma gli articoli dei loro giornali, i giornalisti, quand’è che li scrivono? Son sempre in televisione a parlare. E scrivere? Mio babbo dice che sono io, che non capisco, secondo me sono loro. Quand’è che li scrivono? Son sempre in televisione a parlare. Li scrivon di botto, cinque minuti, così, di nascosto? Aah, vi sembra un bel modo, di fare? Mio babbo dice che sono io, che non capisco. Secondo me sono loro. Anche se io, non capire, non capisco davvero. Non mi ci trovo. Mio babbo dice «È normale». «Ci vuole pazienza», dice. Io, pazienza, mi sembra, ce l’ho, ma non mi ci trovo. Fai il giornalista? Scrivi. Io, quando sono andato a vendemmiare, vendemmiavo. Andavo mica in televisione a parlare. Dopo poi sarò io, eh? Mio babbo dice che anche lui, quand’era piccolo, non ci si trovava. Che lì, a parte che io, ci ho quasi vent’anni, altro che piccolo. Sono anche alto due metri e zero due. Che lui, invece, mio babbo, è uno e settanta. E mi dice a me che son piccolo. Ma a parte quello, i ragionamenti, anche se uno è piccolo, che poi non è piccolo, ma i ragionamenti, son ragionamenti. Altro che piccolo. Continua a leggere »

E se noi domani

sabato 8 Giugno 2013

Se dovessi fare una domanda a Walter Veltroni gli chiederei «Ma davvero lei pensa che noi ci abbiamo creduto, quando ha detto di non essere mai stato comunista?». Non mi è mai capitato di trovarmi nella condizione di fare delle domande a Walter Veltroni, ma mi è successo di sentire che altri gliele facessero, e l’ultima volta è successo qualche giorno fa, quando ho sentito, grazie all’archivio di Radio Radicale, la registrazione della presentazione romana, del 3 giugno scorso, del libro di Veltroni E se noi domani. L’Italia e la sinistra che vorrei. Presentavano il libro Sergio Chiamparino, Guglielmo Epifani, Eugenio Scalfari, Laura Boldrini e Walter Veltroni. Quando ha preso la parola Chiamparino io, che politicamente sono un po’ ingenuo, pensavo che Chiampiarino avrebbe chiesto a Veltroni «Ma davvero tu pensi che loro ci credono, quando dici di non essere mai stato comunista?», invece Chiamparino, che ha parlato per 10 minuti e 25 secondi, ha detto delle cose che io, che sono un po’ digiuno di politica, le ho capite non tanto bene, parlava di sinistra, diceva che si tirano dei rigori col portiere legato, e vanno a finire sul palo, diceva «Noi siamo parte della soluzione ma siamo parte anche del problema», non voglio dilungarmi ma proprio non si capiva mica tanto bene, secondo me, passiamo a Epifani. Epifani, che è stato presentato come segretario del PD, cosa che è effettivamente, anche se non sembra, io, che sono un po’ ingenuo, politicamente, credevo che avrebbe esordito dicendo a Veltroni «Ma davvero tu pensi che loro ci credano, quando dici di non esser mai stato comunista?», invece Epifani, che ha parlato 9 minuti e 43 secondi, ha parlato dell’eterno presente, del progetto, cioè qualcosa in grado di orientare un destino comune, di una fatica smarrita, della paura che la crisi ingenera, non voglio dilungarmi ma proprio non si capiva tanto bene, passiamo a Scalfari. Continua a leggere »

Un testo goffo e un po’ pretenzioso

sabato 8 Giugno 2013

Dovrebbe essere qui: clic

Il quotidiano ideale

venerdì 7 Giugno 2013

Un testo goffo e un po’ pretenzioso

discorso sui quotidiani

e sul Fatto quotidiano

pronunciato al Fuori orario

alla festa del fatto quotidiano

il 7 giugno del 2013 (inizio)

 

Buongiorno. Vi ringrazio per l’invito, anche se sono un po’ in imbarazzo per l’argomento perché io, dei quotidiani, e anche del fatto quotidiano, è un argomento, devo dire, che, praticamente, non ne so niente. Mi rendo conto che può sembrare una cosa strana, il fatto che uno fa un discorso su un argomento che non ne sa niente, e ancora più strano potrebbe sembrare il fatto che l’argomento, per questo discorso, non è che me l’ha dato qualcuno, l’ho scelto io. Cioè qualcuno potrebbe chiedersi perché scelgo di fare un discorso su un argomento che non ne so niente. Eh, per via che io, una cosa che mi piace moltissimo, è il niente; cioè io non ascolto molta musica, ma uno dei miei pezzi musicali preferiti è un pezzo di un compositore americano che si chiama John Cage che si intitola 4’ 33” e sono quattro minuti e trentatré secondi di silenzio; a me mi piace talmente, questa cosa qua, il niente, quando non c’è niente da dire, o quando non si sa cosa dire, o quando non si sa cosa fare, o quando non si vede niente, o quando non si capisce niente, o quando non si sente niente, o quando non si riesce a dormire, o quando non si vuole mangiare: le astensioni di tutti i tipi, le scene mute, le fotografie senza pellicola, le macchine che restano senza benzina, i sans papier, i sanculotti, i frigo vuoti, i film muti, i buchi neri, la menopausa, le notti in bianco, quando si cerca in tutte le tasche e non c’è neanche una sigaretta; i digiuni, gli anestetici, gli astemi, gli anoressici, gli scioperi; le pianure, le steppe, i deserti, la siccità, la crisi energetica, i black out, gli annulli filatelici, le amnesie, la crescita zero, le tinte unite. La calvizie, la sterilità, il celibato e il nubilato, l’inappetenza e l’incontinenza, il buio, il silenzio, il niente, il nulla, a me mi piace talmente che una volta ho organizzato un convengo, sul niente, 6 ore di conversazione sul niente con dodici relatori e il convegno inspiegabilmente ha anche avuto un discreto successo tanto che l’abbiamo rifatto due volte, una volta a Ravenna una volta a Bologna e l’ultima volta, a Bologna, uno dei relatori era un editore di Faenza  che ci ha raccontato che da giovane era innamorato di una ragazza che l’aveva iniziato alla pratica politica di estrema sinistra e l’aveva costretto, in un certo senso, a leggere Marx, Lenin, Mao, e dopo un po’ questa ragazza l’aveva lasciato e si era sposata, con un portiere (di calcio) democristiano e aveva fatto 3 figli nel giro di pochissimi anni. Questa vicenda, ci ha raccontato questo editore, ha generato l’idea di un libro che è diventato il suo bestseller, della sua casa editrice, libro che si intitola Tutto quello che gli uomini sanno delle donne, ed è un libretto di un centinaio di pagine tutte bianche, che ha venduto più di centomila copie, appena uscito la CGIL di Milano, da sola, ne ha ordinate 8.000 copie, che lo regalava ai suoi associati, e anch’io, all’epoca, sarà stato il 1990, l’avevo trovato sul bancone della Feltrinelli di Parma e l’avevo comprato, e quell’editore di Faenza, però, dopo un po’ si era stancato di farlo. Gli sembrava poco serio vendere tante copie di un libro su cui non c’era scritto niente e venderne meno di libri su chi c’erano scritte delle parole che a lui piacevano molto ma a me, devo dire, quel libro lì a me continua a sembrarmi un libro bellissimo, e, per venire al tema del nostro discorso, se devo pensare a un quotidiano ideale, per me un quotidiano con tutte le pagine bianche devo dire mi piacerebbe moltissimo, che uno può scriverci quello che vuole, io sarei disposto anche a comprarlo, non tutti i giorni, probabilmente, ma avere davanti della carta bianca, esser di fronte a questo nulla a me sembrerebbe un modo bellissimo di cominciar la giornata, che meraviglia, sarebbe, e è una di quelle cose che a me vien da pensare che son così belle che non succederanno mai, mi vien da dire, e con questo avrei detto tutto quel che avevo da dire dei quotidiani e del fatto quotidiano però devo parlare venti minuti, non siam neanche a tre, allora dirò qualcosa non come esperto di quotidiani, né come lettore di quotidiani ma come scrittore, su quotidiani, e in particolare voglio parlare di tre esperienze, quella con la Gazzetta di Parma, quella con Repubblica, e quella con il fatto Quotidiano, che sono tre dei quotidiani coi quali ho collaborato ce ne sono anche altri che sono Il manifesto, Libero, il foglio, il Corriere della sera e il sole 24 ore se dovessi parlare di tutti altro che diciassette minuti, ci vorrebbero delle ore.