Che farci

lunedì 3 Settembre 2018

Ho cominciato a tradurre un racconto il cui protagonista è un impiegato: «un impiegato che non si può dire che fosse molto interessante: basso di statura, un po’ butterato, un po’ rossiccio, perfino un po’ miope, a guardarlo, con una grande stempiatura sulla fronte, con delle rughe sulle due guance e con quel colore del viso che si chiama emorroidale… Che farci. La colpa è del clima pietroburghese».

Com’era fatto il cappotto di Gogol’

martedì 6 Marzo 2018

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Tre cappotti

martedì 6 Marzo 2018

Oggi alla scuola elementare abbiamo parlato del Cappotto di Gogol’, poi abbiamo parlato del capotto di Mariengof, che è questo qua: clic, poi abbiamo parlato di un paletot che compare nel poscritto di una lettera di un condannato a morte per la resistenza italiana. Si chiama Giuseppe Bianchetti, era un operaio trentaquattrenne di Montescheno, in provincia di Novara e ha scritto.

Caro Fratello Giovanni, scusa se dopo tutto il sacrificio che tu hai fatto per me mi permetto ancora di inviarti questa mia lettera. Non posso nasconderti che fra mezz’ora sarò fucilato; però ti raccomando le mie bambine di dar loro il migliore aiuto possibile. Come tu sai che siamo cresciuti senza padre e così volle il destino anche per le mie bambine.
T’auguro a te e a tua famiglia ogni bene, accetta questo mio ultimo saluto da tuo fratello
Giuseppe

E poi c’è il poscritto, fa così:

Di una cosa ancora ti disturbo: di venire a Novara a prendere il mio paletot e ciò che resta. Ciau tuo fratello.
Giuseppe

Il realismo di Gogol’

lunedì 5 Marzo 2018

Alla polizia fu impartito l’ordine di catturare il morto, e di punirlo nel modo più severo, in modo che servisse da esempio, e per poco non ci riuscirono, persino. Proprio il poliziotto che stava presso un caseggiato della via Kirjusšnik, aveva già completamente afferrato il morto per il colletto, nello stesso luogo del delito, colto in flagrante mentre tentava di strappare un cappotto di panno di frisia a un musicante in pensione, che a suo tempo aveva suonato il flauto.

[Gogol’, Il cappotto, traduzione di Eridano Bazzarelli, Milano, Rizzoli 1987 (2), p. 159]

Solamente

domenica 19 Marzo 2017

gogol', il cappotto

Solamente, se lo scherzo era troppo insopportabile, quando gli urtavano il braccio, impedendogli di lavorare, diceva: «Lasciatemi in pace, perché mi offendete?».

[Nikolaj Gogol’, Il cappotto, traduzione di Eridano Bazzarelli, Milano, Bur 1980, pp. 102-103]

Le calze e il cappotto nuovo

giovedì 17 Novembre 2016

gogol', il cappotto

«No», disse Petrovič deciso: «non si può far niente. La situazione è troppo brutta. Sarebbe meglio che lei, quando verrà il freddo tempo dell’inverno, ne faccia delle fasce per le gambe, perché le calze non scaldano. Le calze le hanno inventate i tedeschi, per fare un po’ più di soldi (a Petrovič piaceva, se c’era l’occasione, pizzicare i tedeschi). È chiaro che deve proprio farsi un cappotto nuovo».

[Nikolaj Gogol’, Il cappotto, traduzione di Eridano Bazzarelli, Milano, Bur 1980, pp. 118-119]

Il personaggio importante

lunedì 23 Novembre 2015

gogol', il cappotto

La sua conversazione abituale con gli inferiori si distingueva per la severità, e consisteva quasi esclusivamente di tre frasi: «Come osa?» «Sa lei con chi parla?» «Capisce lei davanti a chi si trova?». Del resto era nell’anima un buon uomo, bravo con i compagni, servizievole; ma il grado di generale lo aveva completamente tolto di senno. Dopo aver ottenuto il grado di generale, si era in qualche modo confuso, come smarrito, e non sapeva proprio come comportarsi. Se gli accadeva di trovarsi con dei suoi pari, era ancora un uomo come si deve, un uomo a posto, sotto molti rapporti persino non stupido; ma non appena gli capitava di trovarsi in una società in cui c’erano persone che fossero sia pure di un grado inferiori a lui, allora le cose si mettevano semplicemente male: stava zitto, e il suo atteggiamento suscitava compatimento, tanto più che egli stesso sentiva che avrebbe potuto trascorrere il tempo in modo incomparabilmente migliore. Si notava nei suoi occhi, talvolta, un forte desiderio di unirsi a una qualche conversazione interessante, a un qualche gruppo, ma un’idea lo fermava: non era troppo da parte sua? non sarebbe sembrato troppo familiare? non sminuiva troppo, con questo, la sua importanza?

[Nikolaj Gogol’, Il cappotto, traduzione di Eridano Bazzarelli, Milano, Rizzoli 1987 (2), pp. 147-149]

Arrancando dunque per questa scala

domenica 15 Febbraio 2015

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Arrancando per la scala che conduceva da Petrovič e che, quel che è giusto è giusto, era tutta sporca di acqua, di sciacquature di piatti, e impregnata da un tale odore di alcoolici che bruciava gli occhi, odore che si trova immancabilmente in tutte le scale di servizio delle case pietroburghesi, arrancando dunque per questa scala, Akakij Akakievič pensava e ripensava a quanto avrebbe chiesto Petrovič e col pensiero si proponeva di non dargli più di due rubli. La porta era aperta perché la padrona,che cuoceva non so quale pesce, aveva a tal punto riempito di fumo la cucina che non si potevano vedere neppure gli scarafaggi.

[NIkolaj Gogol’, Il cappotto, traduzione di Eridano Bazzarelli, Milano, Rizzoli 1987 (2), p. 113]