28 anni
Al tempo della rivoluzione aveva 28 anni: ossia non era tanto giovane da crederci, né tanto vecchia da giustificarla.
[Iosif Brodskij su Anna Achmatova, in Il canto del pendolo, trad. di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 1987, p. 28]
Al tempo della rivoluzione aveva 28 anni: ossia non era tanto giovane da crederci, né tanto vecchia da giustificarla.
[Iosif Brodskij su Anna Achmatova, in Il canto del pendolo, trad. di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 1987, p. 28]
«Nel caso dell’Achmatova, il carattere eccezionale dell’ ”io” era ribadito dalla sua bellezza eccezionale, una bellezza davvero stupefacente. Altra un metro e ottanta, capelli scuri, carnagione chiara, occhi di un pallido grigio-verde che ricordava gli occhi dei leopardi delle nevi, sottile e incredibilmente flessuosa, l’Achmatova fu ritratta per mezzo secolo da disegnatori e pittori, nel bronzo, nel marmo e in fotografia: tutta una moltitudine di artisti, a cominciare da Amedeo Modigliani. E con le poesie a lei dedicate si potrebbero riempire più volumi di quanti ne occorrano per tutta la sua opera».
[Iosif Brodskij, La musa in lutto, in Il canto del pendolo, trad. Gilberto Forti, Milano, Adelphi 1987, p. 23, immagine: Nina Kogan, Ritratto di Anna Achmatova, carta, matita, 1929]
Il novanta per cento della migliore poesia lirica è scritta post coitum, e ciò vale anche per quella di Kavafis.
[Iosif Brodskij, Il canto del pendolo, cit., p. 285]
Gli uomini diventano tiranni non perché ne abbiano la vocazione, e neanche per pura coincidenza. Se un uomo ha una vocazione del genere, di solito prende una scorciatoia e diventa un tiranno in casa sua, mentre è noto che i tiranni veri, come uomini di casa, sono soggetti timidi e non troppo interessanti. Il veicolo per arrivare alla tirannia è un partito politico (o un apparato militare, che ha strutture simile a quelle del partito), perché, se si vuole arrivare al vertice di qualcosa, occorre qualcosa che abbia una topografia verticale.
Ora, a differenza di una montagna o, meglio ancora, di un grattacielo, un partito è in fondo una realtà fittizia, inventata da individui che, mentalmente o in altro senso, non hanno nulla da fare. Questi disoccupati vengono al mondo e si accorgono che la realtà fisica del mondo, grattacieli e montagne, è già tutta occupata. Si trovano quindi a dover scegliere: o aspettare che si apra un varco nel vecchio sistema o creare con le loro mani un sistema nuovo, alternativo. Quest’ultima soluzione li attira perché è la strada più facile: se non altro, possono cominciare senza perder tempo. Costituire un partito è già un’occupazione, e anche abbastanza impegnativa. È vero che non dà subito i suoi frutti, ma il lavoro non è poi così duro e l’incoerenza di una simile aspirazione gratifica generosamente colui che la coltiva.
[Iosif Brodskij, Il canto del pendolo, cit., p. 268]
Vi sono, a voler semplificare, due tipi di uomini e, parallelamente, due tipi di scrittori. La prima categoria, senza dubbio la maggioranza, ritiene che la vita sia la sola e unica realtà disponibile. Una persona di questo tipo, se diventa scrittore, riprodurrà questa realtà nei suoi più minuti particolari: vi darà una conversazione in una camera da letto, una scena di battaglia, il tessuto di una tappezzeria, odori e rumori, con una precisione tale da rivaleggiare con i vostri sensi e con le lenti della vostra macchina fotografica; da rivaleggiare forse con la realtà stessa. Quando si chiude un suo libro, è come se fosse finito un film: le luci si accendono, e voi uscite in strada soddisfatti, pieni di ammirazione per il Technicolor e per la recitazione di questo o quel divo, di cui magari cercherete poi di imitare l’accento o il portamento. La seconda categoria, la minoranza, percepisce la propria vita, e la vita di chiunque altro, come una provetta per l’analisi di certe qualità umane, la cui resistenza alle sollecitazioni più estreme è determinante per accettare l’una e l’altra versione, quella ecclesiastica o quella antropologica, dell’apparizione della specie. Come scrittore, un uomo simile non sarà molto generoso di particolari; invece vi descriverà gli stati e i sussulti della psiche dei suoi personaggi con un tale accanimento che voi vi congratulerete di non averlo conosciuto di persona. Quando si chiude il libro, è come se ci si svegliasse con una faccia cambiata.
[Iosif Brodskij, Il canto del pendolo, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 1987, pp. 92-93]