lunedì 11 Febbraio 2019
Il MAMbo, il museo d’arte moderna di Bologna, è stato inaugurato nel 2007 ed è ospitato in un palazzo che è stato costruito nel 1915 dal dottor Francesco Zanardi, primo sindaco socialista di Bologna, che aveva dichiarato di voler operare, come sindaco, «a favore della povera gente», e aveva fatto aprire dei negozi, che venivano chiamati negozi Zanardi, che vendevano a buon mercato dei prodotti di largo consumo; aveva fatto costruire l’edificio che oggi ospita il MAMbo per farne un forno del pane, gestito direttamente dal comune, che fosse in grado di cuocere il pane per tutta la città, e dicono avesse comperato due piroscafi, uno che andasse in America a prendere il grano, uno in Inghilterra a comprare il carbone, e era diventato, Zanardi, per i bolognesi, “il sindaco del pane”.
Per me, Bologna, una delle cose incantevoli, di questa città, è che è una città civile, dove, negli anni cinquanta, con il sindaco Dozza, gli autobus, negli orari di apertura e di chiusura delle fabbriche erano gratis, che è una cosa che io trovo commovente, come se fosse possibile fare le cose come si deve e c’è un pittore, del quale al MAMbo si trova un lungo quadro che si chiama il Teorema di Pitagora, Pinot Gallizio, che è l’ideatore di un tipo di pittura che ricorda questa vocazione popolare della città di Bologna, la pittura industriale, che Gallizio vendeva al metro.
Uno dei quadri più celebri, tra quelli ospitati dal MAMbo è i Funerali di Togliatti, di Renato Guttuso, che Guttuso ha voluto esplicitamente, nel 1974, fosse esposto a Bologna.
Dal 2012 l’ex Forno del pane ospita anche il Museo Morandi, con i paesaggi e le bottiglie che l’han reso celebre, e le sue incisioni fatte tutte di righe, son solo righe, e con delle piccolissime righe Morandi è capace di fare tanta di quella roba che a me, a guardarle, mi vien voglia di mettermi a disegnar delle righe.
A me è successo più di una volta, trovandomi a Parigi o a Mosca, di visitare mostre di Morandi e nel 2002, quando ho conosciuto un pittore russo vivente che a me sembra un maestro, Vladimir Šinkarëv, son rimasto stupefatto quando, nel suo studio, sul suo tavolo di lavoro, ho visto un catalogo di Giorgio Morandi. Mi sembrava di trovare, al sesto piano di un edificio della quindicesima linea dell’Isola Vasilevskij di San Pietroburgo, un pezzo di casa mia.
Il carattere internazionale della pittura di Morandi mi sembra tanto più strano, e più bello, considerando che lui rarissimamente si muoveva da Bologna: a parte Grizzana, sull’Appennino (dove si era fatto costruire una casa, nel 1960, perché davanti alle finestre dell’appartamento dove era in affitto, in via Fondazza, avevano costruito un palazzo e la luce non era più quella che piaceva lui), era stato varie volte a Firenze, una volta a Venezia, e una volta in Svizzera, e sembra che quando qualcuno gli diceva «Giorgio, ma perché non fai un bel viaggio che ti distrai, sempre queste bottiglie?» lui incrociasse le braccia e rispondesse «No, io resto qui».
giovedì 27 Settembre 2018
Qualche anno fa, nel 2015, sul modello di un libro memorabile, il Repertorio dei pazzi della città di Palermo, di Roberto Alajmo, ho provato a curare un libro simile, il Repertorio dei matti della città di Bologna, e ho fatto un seminario (si erano iscritti in 21) dal quale è uscito un libro, pubblicato dalla casa editrice Marcos y Marcos, che ha fatto venir voglia, a me e ai partecipanti al seminario, di organizzare delle piccole gite turistiche nei posti della stravaganza bolognese, cosa che poi non abbiamo mai fatto e approfitto dell’occasione di questa guida per indicarne ai lettori due o tre, di questi posti: se andate in zona universitaria, è possibile che incontriate questo signore di cui parla Alfonso Posillipo: «Uno passava le giornate a scroccare sigarette su via Zamboni. Quando gli davano una sigaretta non la fumava, la prendeva e la riponeva in un pacchetto che aveva in tasca. A quello a cui scroccava la ventesima sigaretta offriva il pacchetto pieno a 3 euro e 50, 4 euro se nel pacchetto c’erano almeno dieci Marlboro, specificando che erano originali e non di contrabbando. Riusciva a vendere fino a due pacchetti al giorno, il sabato anche tre. Lui non aveva mai fumato una sigaretta in vita sua».
Se andate verso la fine di via Andrea Costa, poco prima dello stadio, siete nella zona dove abita un signore di cui ha parlato Paolo Ricci: «Uno fingeva di essere suo fratello gemello. Se per caso incontrava qualche suo conoscente per strada che lo salutava lui gli rispondeva stupito ‘mi scusi signore ma io non la conosco forse si confonde con mio fratello gemello’ e il conoscente allora prontamente si scusava imbarazzato dicendo che la somiglianza era davvero notevole».
Se per caso capitate in via Bellaria, zona Mazzini forse avrete la fortuna di incrociare il tipo descritto da Milvia Comastri: «C’era un uomo, in via Bellaria, che leggeva l’elenco del telefono alla gente che passava».
Se, infine, andate in piazza Roosevelt, vicino al Tribunale, non vedrete probabilmente niente di strano, ma forse è bene che sappiate che quello è un posto particolare, come si deduce da questo caso raccontato da Angelo Fioritti: «Uno aveva fatto un incidente stradale mentre svoltava a sinistra, da via Matteotti in via Tiarini. Un motorino era andato a sbattergli sulla fiancata e gli avevano dato un concorso di colpa. L’assicurazione lo aveva retrocesso dalla classe uno alla classe cinque e lui ci era rimasto così male che per qualche settimana non era uscito con l’automobile. Poi si era detto che non poteva farne a meno, ma che non avrebbe mai più svoltato a sinistra. Ogni volta che doveva andare in un posto studiava meticolosamente l’itinerario in modo che potesse raggiungere la meta solo svoltando a destra. In breve tempo capì che poteva arrivare ovunque, al prezzo di dover fare lunghi giri, a volte partendo in direzione opposta alla meta, per poi aggiustarla a destra, poi a destra, poi ancora a destra, ma poi alla fine ci arrivava lo stesso. Dopo settimane di studio giunse alla conclusione che ogni punto di Bologna era raggiungibile da destra, tranne piazza Roosevelt».
[Nella guida verde del Touring di Bologna, ci sono un po’ di matti del Repertorio dei matti della città di Bologna, anche, se non sbaglio]
mercoledì 5 Settembre 2018
Nella guida del Touring di Bologna, che esce in questi giorni, c’è qualche pezzetto mio e un pezzetto di un mio pezzetto è finito anche in quarta di copertina. Il pezzetto è questo qui:
Son così belle, le cose che non sono finite, un libro, da finire, un film, da finire, una cattedrale, da finire, mi viene in mente la strofa di una canzone di un cantante italiano che dice «Io voglio aspettare che la fame cresca e che magari non passi mai» (il cantautore si chiama Federico Fiumani e non è di Bologna, è di Osimo, ma scrive delle canzoni belle anche essendo di Osimo); be’, a guardare la facciata di San Petronio, così unica, nella sua incompiutezza, la fame non vi passa mai, e se poi volete avere ancora più fame, io vi consiglio di fare tutta San Petronio per il lungo, di passare davanti all’Archiginnasio, che è la sede dell’università di Bologna, che a Bologna dicono che sia la più antica università del mondo (a Parigi dicono che è quella di Parigi), di arrivare in piazza Galvani e da lì guardare il retro, di San Petronio, che dal retro, se fosse possibile, è ancor più evidente, che hanno interrotto i lavori a metà, e lasciato in sospeso così, adesso i gusti son gusti, ma per me, il retro di San Petronio è il più bel retro di cattedrale che ho mai visto in vita mia (cliccare sull’immagine per ingrandire).
venerdì 20 Aprile 2018
Qualche anno fa, nel 2015, sul modello di un libro memorabile, il Repertorio dei pazzi della città di Palermo, di Roberto Alajmo, ho provato a curare un libro simile, il Repertorio dei matti della città di Bologna, e ho fatto un seminario (si erano iscritti in 21) dal quale è uscito un libro, pubblicato dalla casa editrice Marcos y Marcos, che ha fatto venir voglia, a me e ai partecipanti al seminario, di organizzare delle piccole gite turistiche nei posti della stravaganza bolognese, cosa che poi non abbiamo mai fatto e approfitto dell’occasione di questa guida per indicarne ai lettori due o tre, di questi posti: se andate in zona universitaria, è possibile che incontriate questo signore di cui parla Alfonso Posillipo: «Uno passava le giornate a scroccare sigarette su via Zamboni. Quando gli davano una sigaretta non la fumava, la prendeva e la riponeva in un pacchetto che aveva in tasca. A quello a cui scroccava la ventesima sigaretta offriva il pacchetto pieno a 3 euro e 50, 4 euro se nel pacchetto c’erano almeno dieci Marlboro, specificando che erano originali e non di contrabbando. Riusciva a vendere fino a due pacchetti al giorno, il sabato anche tre. Lui non aveva mai fumato una sigaretta in vita sua».
Se andate verso la fine di via Andrea Costa, poco prima dello stadio, siete nella zona dove abita un signore di cui ha parlato Paolo Ricci: «Uno fingeva di essere suo fratello gemello. Se per caso incontrava qualche suo conoscente per strada che lo salutava lui gli rispondeva stupito ‘mi scusi signore ma io non la conosco forse si confonde con mio fratello gemello’ e il conoscente allora prontamente si scusava imbarazzato dicendo che la somiglianza era davvero notevole».
Se per caso capitate in via Bellaria, zona Mazzini forse avrete la fortuna di incrociare il tipo descritto da Milvia Comastri: «C’era un uomo, in via Bellaria, che leggeva l’elenco del telefono alla gente che passava».
Se, infine, andate in piazza Roosevelt, vicino al Tribunale, non vedrete probabilmente niente di strano, ma forse è bene che sappiate che quello è un posto particolare, come si deduce da questo caso raccontato da Angelo Fioritti: «Uno aveva fatto un incidente stradale mentre svoltava a sinistra, da via Matteotti in via Tiarini. Un motorino era andato a sbattergli sulla fiancata e gli avevano dato un concorso di colpa. L’assicurazione lo aveva retrocesso dalla classe uno alla classe cinque e lui ci era rimasto così male che per qualche settimana non era uscito con l’automobile. Poi si era detto che non poteva farne a meno, ma che non avrebbe mai più svoltato a sinistra. Ogni volta che doveva andare in un posto studiava meticolosamente l’itinerario in modo che potesse raggiungere la meta solo svoltando a destra. In breve tempo capì che poteva arrivare ovunque, al prezzo di dover fare lunghi giri, a volte partendo in direzione opposta alla meta, per poi aggiustarla a destra, poi a destra, poi ancora a destra, ma poi alla fine ci arrivava lo stesso. Dopo settimane di studio giunse alla conclusione che ogni punto di Bologna era raggiungibile da destra, tranne piazza Roosevelt».
[Dalla Guida Touring di Bologna, in preparazione]