Cose che dicono a Parma
L’altro giorno mi è venuto da pensare che forse la cosa che mi piace di meno, di me, è il fatto che son goloso, anzi che son liffo, come dicono a Parma, esser liffo come la Bernarda, dicono, Ésor liff cme la Barnärda.
Allora sono andato a cercare in un libro di Gugliemo Capacchi, che era un docente di filologia ugro-finnica e era uno dei principali conoscitori del dialetto parmigiano, per vedere se si spiegava cosa voleva dire di preciso Ésor liff cme la Barnärda, e l’ho trovato, e la spiegazione è questa:
Ésor liff cme la Barnärda (“Esser goloso come la Bernarda”, cioè “essere golosissimo”) ha già offerto l’occasione a un paio di studiosi del dialetto per tentare di spiegare quel nome femminile che vale come il non plus ultra della raffinata golosità.
Così scriveva Guido Battelli sulla “Gazzetta di Parma” del lontano 16 aprile 1950: [Bernarda] “è un personaggio caratteristico delle rappresentazioni popolari del Medio Evo, di cui non ci rimasto altro che il nome. Ma donde verrà liff (“goloso”), […] Eccoci alle porte del mistero”.
Di ben diverso parere è Giovanni Petrolini il quale, nel suo Tabù nella parlata di Parma, tratta dei nomi femminili di persona Bartagna, Barnarda, Filippa, Gnéza e Sjora Luigia, sottolineando (con l’eccezione dell’ultimo) il loro impiego “piuttosto comune” per designare il sesso femminile in diverse aree del Nord Italia, ed aggiunge in nota: “Cfr. l’Italiano Fra Bernardo, “membro virile” nel XVI secolo (Vd. DEI 495). Il paragone popolare liff cme la barnärda “goloso come la Bernarda” è probabile che si riferisca al sesso. E così la pensiamo noi.
[Guglielmo Capacchi, Oh, l’é chì al formài bón, Parma, Palatina Editrice 2003, p. 44]