Non ci sono più gli archivisti di una volta

mercoledì 28 Febbraio 2018

Sto rileggendo un libro di uno scrittore polacco che ha un nome impronunciabile, Szczygieł, il libro si intitola Gottland, è una storia della Repubblica Ceca e racconta, tra le altre, la vicenda di uno scrittore che si chiama Eduard Kirchberger, e pubblica romanzi pieni di «fantasmi, mostri, streghe, banditi e assassini»; poi, dopo che, in Repubblica Ceca, erano stati vietati i romanzi di questo tipo, questi libri erano stati ribattezzati «scarti» e sul portone della biblioteca Civica di Praga era comparso un cartello che diceva: «Cari lettori, siamo sicuri che approverete la nostra decisione di non dare più in prestito gli scarti (romanzi rosa, d’avventura, polizieschi) . Non compilate quindi moduli di richiesta e non chiedeteceli», dopo che era successo così, Kirchberger si fa chiamare Karel Fabian, e con questo pseudonimo scrive «storie di operai, partigiani, comunisti, e nemici del popolo». E, in questa sua nuova veste, si sente in diritto di dare dei consigli al Partito, all’unico Partito esistente allora in Repubblica Ceca, tra i quali questo «Bisogna insegnare il comunismo dai pulpiti, col Vangelo in mano».
Ecco, Matteo Salvini, a Milano, l’altro giorno, dal pulpito del suo comizio in piazza Duomo, ha insegnato il leghismo col vangelo e la costituzione in mano, e è un leghismo che io, devo dire, faccio fatica a capire, perché è diverso dal leghismo cui sono abituato io, quello di Bossi, che era, per come lo capivo io, un leghismo da romanzi rosa, d’avventura, polizieschi, un leghismo settentrionale, con un messaggio discutibile, forse, io non lo condividevo, ma molto chiaro: il nord sarebbe bene che si liberasse dalla zavorra del sud.
E era un leghismo che è finito anche per colpa, semplificando, del familismo, dei pasticci contabili che coinvolgevano anche i famigliari del leader, Umberto Bossi, ai quali erano stati concessi dei privilegi quanto meno discutibili.
Per trovare una via d’uscita da questa situazione, per fare pulizia, la Lega ha deciso di affidarsi a Matteo Salvini che, quando ancora si chiamava Kirchberger, se così si può dire, da parlamentare europeo aveva assunto come assistente, con uno stipendio di 12.750 euro al mese, Franco Bossi, fratello di Umberto, che, se le mie informazioni sono giuste, aveva all’epoca la licenza media e gestiva un negozio di autoricambi a Fagnano Olona.
E, da Kirchberger, a un festa della lega del 2009, Salvini aveva dato il via al celebre coro «Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani, o colerosi, terremotati, con il sapone non vi siete mai lavati», mentre adesso, da Fabian, ha tolto Nord dal nome Lega Nord, e ha giurato, «come fanno i presidenti del consiglio che hanno ottenuto l’incarico», sul Vangelo e sulla costituzione, e ha promesso che «da oggi – con Salvini premier – cominciano dieci anni di costruzione, di bellezza, di rispetto, di lavoro e di onestà, da Nord a Sud, nel nome dell’autonomia, delle lingue, dei profumi, delle bellezze che sono gli ottomila comuni che compongono questo paese».
Ecco a me sembra che la caratteristica di questo Salvini-Fabian, di questo nuovo Salvini, di questo Salvini 2.0, sia che tiene dentro un po’ tutto; l’altro giorno, in piazza Duomo, per esempio, ha aperto al sud e contemporaneamente ha citato, come genio, Gianfranco Miglio, il teorico della secessione, e insieme a lui Pasolini, e insieme a Pasolini Benedetto Croce, in un miscuglio che a me ricorda i discorsi di Matteo Renzi, del quale ci occuperemo domani, che ha fondato una scuola di partito che si chiama Scuola Pier Paolo Pasolini e che, nei suoi comizi elettorali, fa vedere due video, uno di Totò, l’altro di Barack Obama.
Devo dire che, anche se non le capisco, le strategie di Salvini e di Renzi sono, probabilmente, al passo coi tempi.
Per arrivare a casa mia, due estati fa, c’era un cartellone pubblicitario grande dove c’erano le pubblicità di grandi concerti, e c’era la pubblicità del concerto dei Pooh, e prima c’era stata la pubblicità del concerto di Baglioni e Morandi, e quella del concerto di Ligabue; colpito da questa cosa, ero andato a controllare, avevo scoperto che i concerti più visti nel 2016 erano stati di Laura Pausini, dei Pooh, di Baglioni e Morandi, di Ligabue, di Vasco Rossi, di Jovanotti e di Eros Ramazzotti.
E mi era venuto da pensare che se me l’avessero detto nel ‘96, vent’anni prima, che vent’anni dopo i concerti più visti sarebbero stati quelli di Laura Pausini, dei Pooh, di Baglioni e Morandi, di Ligabue, di Vasco Rossi, di Jovanotti e di Eros Ramazzotti, io avrei pensato che doveva succedere qualcosa di strano, perché succedesse una cosa del genere, tipo uno sciopero degli archivisti alla voce musica leggera.
Ecco, uno sciopero alla voce politica, alle prossime elezioni, porterebbe forse alla vittoria di Matteo Salvini o di Matteo Renzi, che anche se sono visti come portatori del nuovo, rottamatori, hanno candidato Umberto Bossi e Pier Ferdinando Casini, cioè quei romanzi pieni di «fantasmi, mostri, streghe, banditi e assassini», che qualcuno pensava non si potessero neanche più prendere in prestito nelle biblioteche.

[Uscito ieri sulla Verità]

Direttamente nel Medioevo

martedì 27 Febbraio 2018

Subito prese la parola un autore di romanzi e di versi ispirati ai canoni del realismo socialista, composti in buona parte dopo la morte di Stalin. Era iscritto al partito fin dal liceo.
A sorpresa, mettendo da parte ogni buon senso, citò il celebre passo della lettera di Voltaire a Helvétius: “Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo”. “Questa frase magnifica,” disse lo scrittore, membro del Partito Comunista ai suoi colleghi, “è il fondamentale principio etico della cultura moderna. Chi volesse tornare ai tempi anteriori a questo concetto si ritroverebbe direttamente nel Medioevo”. (Era Milan Kundera).
La platea, a detta dei testimoni, restò senza fiato, mentre il segretario pelato, che aveva lanciato l’appello all’alleanza della letteratura con l’Urss, serrò con forza le labbra.
Le foto del Congresso ritraggono quattrocento e passa scrittori seduti ai tavoli in manche di camicia. Si sono tolti le giacche e gesticolano animatamente.

[Mariusz Szczygieł, Gottland, traduzione di Marzena Borjczuc, Roma, Nottetempo 2009, pp. 143-144]

Esempi

giovedì 18 Marzo 2010

gottland

Tomàś Bata, il fondatore del calzaturificio Bata, nel 1904 va in America per imparare a fare la scarpe in modo industriale. Ha con sé «un elenco di seicentottantotto domande alle quali cerca risposta». In America, Bata «si imbatte per la prima volta nel concetto di orologio da polso, e si rende conto che gli americani misurano il tempo in minuti, che sono la principale unità di misura della produzione». Tornato a Zlín, la cittadina cecoslovacca dove ha sede il suo calzaturificio, «dipinge sul muro della sua officina un’enorme scritta: UN GIORNO HA 86.400 SECONDI. La gente legge e dice che al figlio del vecchio Bata ha dato di volta il cervello».
Qualche settimana dopo Bata scrive sul muro del gommificio, «in lettere della grandezza di un uomo: GLI UOMINI PER PENSARE – LE MACCHINE PER SFACCHINARE». Dopo di che «recinta la fabbrica con un muro di mattoni. Sul muro fa scrivere: NON DOBBIAMO AVER PAURA DEGLI ALTRI, DOBBIAMO AVERE PAURA DI NOI STESSI». Continua a leggere »

Bata

mercoledì 23 Dicembre 2009

gottland

D’ora in avanti la giornata lavorativa finirà alle 17; a mezzogiorno è prevista una pausa di due ore. Le donne potranno tornare a casa per preparare il pranzo, per quanto Bata non ne veda la necessità: ha costruito apposta delle enormi mense aziendali e anche dei grandi magazzini in cui si può trovare ogni ben di Dio. “Donne,” annuncia in un discorso, “non dovrete più fare neanche le conserve in casa, ci penserà Bata a farle per voi”.
Durante la pausa gli uomini e le donne possono fare ciò che vogliono, tuttavia si raccomanda di:
1) distendersi sull’erba nella piazza del Lavoro (ogniqualvolta il tempo è bello);
2) non abbandonarsi all’ozio (la cosa migliore sarebbe leggere, con una riserva però: NON LEGGETE ROMANZI RUSSI – recita l’adagio, concepito da Bata, vergato sul muro del feltrificio. Perché? La risposta di Bata campeggia sul muro del gommificio: I ROMANZI RUSSI UCCIDONO LA GIOIA DI VIVERE);

[Mariusz Szczygieł, Gottland, tr. it. Marzena Borejczuk, Roma, nottetempo 2009, p. 24]