Gli scarti
Tutti parlano dei buchi neri: clic
Domenica 28 luglio,
alle 17,
sul mio profilo Instagram,
parlo di un romanzo che si chiama Gli scarti,
pubblicato nel febbraio del 2003
da Feltrinelli
che sarà ripubblicato negli Oscar Mondadori
nel febbraio del 2025
con delle modifiche significative,
se così si può dire
Francesca lei legge delle cose un po’ varie, come tipologia, fotoromanzi, libri di cucina, libri di storia dell’Unione Sovietica.
[Domenica 28 luglio, alle 17, sul mio profilo Instagram, parlo di un romanzo che si chiama Gli scarti, pubblicato nel febbraio del 2003 che sarà ripubblicato nel febbraio del 2025 con delle modifiche significative, se così si può dire]
Io mi rendo conto che io come persona io non son mica adatto, al mondo sofisticato della letteratura. Io come persona mi sembra di essere, rispetto al mondo della letteratura, quello che era rispetto al mondo del football Nereo Rocco del Padova. Non come Nereo Rocco, che Nereo Rocco con il suo Padova ha scritto delle pagine indimenticabili, nel mondo del football, non in quel senso nel senso dei risultati, nel senso dello stile.
Nereo Rocco in origine era un bambino di Trieste che era figlio di un macellaio. Suo babbo, di Nereo Rocco, aveva fatto tanti di quei soldi con la macelleria che voleva che il figlio assumesse dei modi signorili, adatti al tenore sociale che la famiglia Rocco aveva acquisito grazie ai proventi delle vendite di carni equine bovine ovine suine. Gli aveva imposto di prendere lezioni di piano, a Nereo, e sognava per lui un futuro da concertista. Solo Nereo, nonostante le velleità di suo babbo, aveva fisicamente proprio la conformazione del macellaio, con delle dita che sembravano dei culatelli non riusciva a schiacciare un tasto alla volta, ne prendeva due o tre. Poi a lui gli piaceva giocare a pallone a dispetto della volontà paterna, come si dice, si diede al football.
Il football, prima della comparsa di Rocco, era uno sport per gentiluomini tutti impettiti vestiti di bianco molto rigidi nei movimenti molto eleganti molto sportivi. Dopo è arrivato Nereo Rocco. Nereo Rocco, con il suo Padova, lui ha inventato il catenaccio, undici in difesa e via di contropiede. Era una squadra che li chiamavano i manzi, una squadra che giocarci contro ti veniva una rabbia, raccontano quelli che son capitati a Padova in quegli anni lì. Raccontano anche che ai suoi difensori lui gli diceva, Nereo, Tutto quello che si muove sull’erba, colpitelo. Se poi è il pallone, diceva, pazienza.
[Oggi Nereo Rocco compirebbe 107 anni]
[Sempre in quel cd lì c’era questa cosa qui che poi è andata a finire dentro un romanzo che si chiama Gli scarti, se non mi sbaglio]
È uscito un libro di Natalìa Ginzburg che si intitola È difficile parlare di sé. C’è scritto che gli scrittori hanno tutti paura di essere inutili. Loro, secondo la Ginzburg, hanno tutti bisogno di qualcuno da fargli legger le cose che scrivono per sentirsi dire che non sono inutili, e lei in quel libro lì lei dice che lei ce n’ha quattro, di queste persone, incluso suo figlio. Suo figlio, dice la Ginzburg, quando lei gli dà le sue cose da leggere lui legge, poi comincia a coprirla di insulti e di contumelie. La cosa strana, è che questi insulti queste contumelie non la feriscono, le viene da ridere, quando suo figlio legge le sue cose e comincia a coprirla di insulti e di contumelie. E la cosa ancora più strana è che anche al figlio, di Natalìa Ginzburg, quando copre Natalìa Ginzburg di insulti di contumelie gli viene da ridere. Ma anche se ride non smette mica, dice la Ginzburg. Il riso e l’allegria sprizzano dai suoi occhi di carbone, dalla sua testa nera irsuta e selvatica, e intanto mi copre di insulti e di contumelie. Credo che insultarmi sia uno dei piaceri della sua vita dice la Ginzburg. Ascoltare i suoi insulti è certo uno dei miei piaceri, dice.
Giuseppe Verdi, nella hall dell’hotel de Milan di Milano, seduto in poltrona fuma un sigaro e legge un giornale. Non succede mai niente in questo regno piccolo. Viva Vittòre Manuele Re d’Italia! Dico così ma in realtà significa viva me. Ci vorrebbe un regno più grande.
Canterella Sembro monarchico, sembro monarchico. Ma non è vero, ma non è vero. Si toglie l’orologio dal panciotto, lo guarda Quando arriva? Viva Vittòre Manuele Re d’Italia. Canterella Son egomaniaco, son egomaniaco, tralalalà, tralalalà. Si alza in piedi comincia a andare avanti e indietro per la hall dell’hotel de Milan di Milano Viva Vittòre Manuele Re d’Italia.
Io che so tutto ho letto tutti i libri di mare di terra e di aria ho letto tutte le opere ho letto anche quell’austriaco quel Frund l’ho letto tutto anche le cose che non ha mai scritto, io che so tutto guarda te. Io che conosco tutto tutte le musiche tutti i regni da qui all’avvenire so tutto di tutto son scircondato da jente che non sanno gnente, scircondato, son.
Io cogniosco tutte le mie malattie anche quelle che devono ancora inventare monomìa, egomanìa, scizofrenìa, gnientemanìa, tuttomanìa, pocomanìa, moltomanìa, polimanìa, destromanìa, sinistromanìa, vivavittorioemanuelereditaliomanìa, tutte. Non solo quelle italiane anche le estere allmanìa, nothingmanìa, alotmanìa, afewmanìa godsavevictoremanuelkingofitalymanìa, beaucoupmanìa, peumanìa, droitmanìa gauchemanìa, vivevitoiremanuelroiditaliemaìa guarda che roba. Ciò neanche uno spartito, se no scrivevo due note mi calmavo.
Qui si fa l’Italia, o si muore. Io so tutto so tutte le frasi storiche del futuro del passato, io non lo so, come mai proprio a me tutte queste conoscense, non ho fatto aposta, io a forza di scriver le musiche poi m’è sucesso ho imparato tutto tutto d’un botto siamo in anticipo, cosa facciamo? Ripassiamo l’alfabeto: A, Bi, Ci, Di, E, Effe, Gi, Acca, I, Elle, Emme, Enne, O, Pi, Qu, Erre, Esse, Ti, U, Vi, Zeta. Ics, Doppio vu, Ipsilon. Doppio vu. Vi, Vu. Viva Vittòre Manuele re d’Italia.
Son qui aspetto Goito. Intanto non so cosa fare. Io quasi quasi torno in camera scrivo l’Aida. O la deve scriver Puccini, l’Aida? Non mi ricordo. Io ciò una memoria, sono un po’ disordinato, con la memoria. Che prendo tutto ma faccio fatica mettere a fuoco siamo in anticipo, cosa facciamo? Ciò neanche uno spartito. Se avevo uno spartito, almeno. Uno spartitino, scrivevo l’ouverture della Turandot mi calmavo. Invece no, sempre il cervello in movimento sempre Pà pà, papa papà pà pà, papapapà papà, papapapapà, papapà, papapà, papapà. Questo l’ho rubato al futuro, l’ho sentito una volta allo stadio mi piaceva da matti, gliel’ho fregato l’ho messo nel Falstaff. O era la Turandot? No, la Turandot la devo ancora scrivere.
Non succede mai niente, questo regno piccolo, dovevano allearsi con i tedeschi, io gliel’avevo detto, alleatevi con i tedeschi invece. Facciamo da soli facciamo da soli, dopo leggi i giornali non succede mai niente. Eeeeeh, io non lo so. Almeno se veniva Goito. Ripassavamo insieme.
Goito, gli dicevo, Sì Maestro. Quante opere scriviamo, Goito? Trentatre, Maestro. Bravo, Goito. Grazie, Maestro. Goito. Sì. Viva Vittorio Emanuele… Re d’Italia. Bravo Goito, Grazie Maestro. Goito? Sì. Pà pà, papa papà pà pà, papapapà papà, papapapapà… Papapà, papapà, papapà. Bravo Goito. Grazie Maestro. Goito? Sì Cosa scriviamo adesso Madama? Madama Butterfly, Maestro. Bravo Goito. Goito? Sì Maestro. Cosa scriviamo dopo La gazza? Che gazza, Maestro? La gazza ladra, Goito. No, maestro, quella la scrive Puccini. Ah, Puccini, aah. Capito.
Proprio una noia proprio una noia. Almeno avevo uno spartito la carta da musica. No no no no, ma io non ci sto qua. No no no no no io adesso ripasso una poesia poi vado via, impazientomanìa. Una volta nella Parma c’era un guardiacaccia, noi gli abbiamo infilato su per i buchi del naso due noci moscate. Eravam giovani. Dopo abbiam fatto la grigliata, è venuta un po’ bruciata. Tralalala, tralalalà, allora, allora, ripassiamo la poesia. Gli uomini l’arme i cavalieri io canto no, è troppo lunga. Facciam quell’altra, Comèdia. Otto uomini seduti su una sedia, è finita qui la mia comèdia, inchino.
Io mi rendo conto che io come persona io non son mica adatto, al mondo sofisticato della letteratura. Io come persona mi sembra di essere, rispetto al mondo della letteratura, quello che era rispetto al mondo del football Nereo Rocco del Padova. Non come Nereo Rocco, che Nereo Rocco con il suo Padova ha scritto delle pagine indimenticabili, nel mondo del football, non in quel senso nel senso dei risultati, nel senso dello stile.
Nereo Rocco in origine era un bambino di Trieste che era figlio di un macellaio. Suo babbo, di Nereo Rocco, aveva fatto tanti di quei soldi con la macelleria che voleva che il figlio assumesse dei modi signorili, adatti al tenore sociale che la famiglia Rocco aveva acquisito grazie ai proventi delle vendite di carni equine bovine ovine suine. Gli aveva imposto di prendere lezioni di piano, a Nereo, e sognava per lui un futuro da concertista. Solo Nereo, nonostante le velleità di suo babbo, aveva fisicamente proprio la conformazione del macellaio, con delle dita che sembravano dei culatelli non riusciva a schiacciare un tasto alla volta, ne prendeva due o tre. Poi a lui gli piaceva giocare a pallone a dispetto della volontà paterna, come si dice, si diede al football.
Il football, prima della comparsa di Rocco, era uno sport per gentiluomini tutti impettiti vestiti di bianco molto rigidi nei movimenti molto eleganti molto sportivi. Dopo è arrivato Nereo Rocco. Nereo Rocco, con il suo Padova, lui ha inventato il catenaccio, undici in difesa e via di contropiede. Era una squadra che li chiamavano i manzi, una squadra che giocarci contro ti veniva una rabbia, raccontano quelli che son capitati a Padova in quegli anni lì. Raccontano anche che ai suoi difensori lui gli diceva, Nereo, Tutto quello che si muove sull’erba, colpitelo. Se poi è il pallone, diceva, pazienza.