Al posto di Stalin

domenica 14 Marzo 2010

stalin

Una volta, su un treno interregionale, stavo tornando al mio posto dopo essere andato in bagno, ho sentito un signore che raccontava di essere stato a Mosca, e di aver visto la metropolitana di Mosca e di averla trovata meravigliosa. «Sì ma, – aveva aggiunto poi quel signore – l’ha fatta lo zar, eh?». Mi era venuto l’impulso di fermarmi e di dirgli: «No, guardi; quella metropolitana lì che le è piaciuta tanto, l’ha fatta Stalin, se poprio vuole saperlo». Ma poi avevo pensato che non voleva saperlo, e ero tornato al mio posto. Ecco, chi pensa che l’Unione Sovietica fosse un posto triste e sottomesso in tutto e per tutto a un brutale tiranno e che le sole cose belle che vi si trovano oggi si debbano agli zar’, o ai recenti governi post-sovietici, chi coltiva certezze di questo genere, e ci tiene, e non ha nessuna intenzione di metterle in discussione, credo farebbe bene a non leggere il libro di Gian Piero Piretto Gli occhi di Stalin, appena uscito per Raffaello Cortina editore. Non che Piretto sia un veterostalinista, tutt’altro; ma chi legge il suo libro, credo, non potrà fare a meno di concepire una grande curiosità per quell’epoca così singolare, la metà degli anni trenta, in un posto così singolare, l’Unione Sovietica: un periodo e un luogo nei quali si è realizzato «il difficile caso della coesistenza di entusiasmo e paura». Continua a leggere »

I piedi

mercoledì 10 Febbraio 2010

stalin

“Tutta la Russia è il nostro giardino”, griderà nel Giardino dei ciliegi čechoviano l’eterno studente Petja Trofimov alla giovane Anja, di cui è innamorato, per convincerla che l’attaccamento morboso a un luogo è rinuncia e chiusura mentale, sul fronte antropologico-esistenziale prima ancora che ideologico-sociale. La terra russa è stata počva (suolo) prima che stato e il piede nudo del pellegrino, del vagabondo, dell’evaso dalla Siberia, del condannato alla deportazione, del santo pazzo o del folle nel nome di Cristo l’ha calpestata cercandone il contatto fisico per trovare la strada verso la santità. Una percezione fisica del rapporto con la propria terra che avrebbe fatto scrivere a Vladimir Nabokov di un suo personaggio: “Da tempo aveva voglia di esprimere in qualche modo che lui la Russia la sentiva coi piedi, che avrebbe potuto toccarla e riconoscerla tutta con le piante dei piedi come un cieco con il palmo delle mani”.

[Gian Piero PIretto, Gli occhi di Stalin. La visuale sovietica nell’era staliniana, Milano, Cortina 2010, p. 32 ]