La considerazione che Gogol’ aveva di sé nel 1847 (aveva 38 anni)

venerdì 10 Maggio 2019

Subito dopo la mia morte il mio testamento deve essere pubblicato su tutte le riviste e le gazzette, affinché non capiti che, ignorandolo, qualcuno si renda senza volerlo colpevole nei miei confronti e abbia poi a rimproverarselo.

[Nikolaj Gogol’, Brani scelti dalla corrispondenza con gli amici, a cura di Fausto Malcovati, traduzione di Emanuela Guercetti, Firenze, Giunti 1996, p. 257]

Da una tinozza all’altra

mercoledì 23 Agosto 2017

Mi è venuto da pensare che se si volesse schiacciare, distruggere un uomo, infliggergli la più atroce delle punizioni, tale da fare inorridire e atterrire in anticipo anche il più feroce assassino, sarebbe sufficiente conferire al lavoro un carattere di totale, completa inutilità e insensatezza. Attualmente il lavoro dei forzati è sì noioso, privo di interesse per i prigionieri, ma di per sé è razionale: il deportato fabbrica mattoni, scava, intonaca, costruisce; un tale lavoro ha un senso, uno scopo. Capita che il lavoratore forzato ci prenda gusto e lo voglia eseguire meglio, con più abilità, con più efficacia. Ma se lo si costringesse, per esempio, a versare dell’acqua da una tinozza all’altra, e poi da quella alla prima, a tritare della sabbia, a trascinare un mucchio di terra da un posto all’altro, e poi di nuovo indietro, penso che il detenuto, dopo qualche giorno, s’impiccherebbe, oppure commetterebbe ogni sorta di reato pur di farla finita, pur di sottrarsi a quell’umiliazione, a quella vergogna, a quel tormento.

[Fëdor Dostoevskij, Memorie da una casa di morti, traduzione di Maria Rosaria Fasanelli, Firenze, Giunti 1994, p. 25]