L’incubo

mercoledì 11 Maggio 2022

La Russia è l’incubo dell’Occidente. Alla fine del diciannovesimo secolo, i vostri intellettuali hanno sognato la rivoluzione. Noi l’abbiamo fatta. Del comunismo, voi avete parlato e basta. Noi l’abbiamo vissuto per settant’anni. Poi è arrivato il momento del capitalismo. E anche lì, siamo andati molto più avanti di voi. Negli anni novanta, mai nessuno ha deregolamentato, privatizzato, lasciato il campo all’impresa privata come abbiamo fatto noi. Qui sono state costruite fortune immense, partite da niente, senza regole e senza limiti. Ci abbiamo creduto sul serio, ma non ha funzionato.
Adesso, ricominciamo.

[Giuliano da Empoli, Le mage du Kremlin, Paris, Gallimard 2022, p. 268]

L’unica scelta ragionevole

mercoledì 4 Maggio 2022

«È divertente, New York. Basta evitare gli americani».
Sono scoppiato a ridere, ma come al solito lui diceva sul serio. Anche se costruiva un paradosso dopo l’altro, Limonov non scherzava mai, era una delle sue caratteristiche.
«Sei stato a una delle loro cene? Tutti gli uomini hanno studiato a Princeton o a Yale, tutte le donne a Vassar o Brown. Hanno dei figli della stessa età, che vanno nelle stesse scuole. Gli uomini lavorano in banca, downtown, le donne fanno shopping da Barney’s. Hanno tutti una casa estiva a Hamptons e una invernale a Palm Beach. Se finisci a tavola con loro, l’unica scelta ragionevole è il cianuro. Quando ero più giovane, potevo almeno provare a inchiodare una di quelle mogliettine bionde in un bagno. Ma adesso mi resta solo il cianuro. Per fortuna non mi invitano mai, alle loro cene».

[Giuliano da Empoli, La mage du Kremlin, Paris, Gallimard 2022, p. 143]

Vergogna di niente

domenica 24 Aprile 2022

Nel 1922 Zamjatin aveva smesso di essere un semplice scrittore e era diventato una macchina del tempo. Credeva di scrivere una feroce critica del sistema sovietico in costruzione. Anche i suoi censori l’avevano letta così, ragione per la quale ne avevano vietata la pubblicazione. Ma in realtà Zamjatin non si rivolgeva a loro. Senza rendersene contro, aveva scavalcato un secolo per rivolgersi direttamente alla nostra epoca. Noi dipingeva una società governata dalla logica, dove tutto era convertito in cifre, dove la vita di ogni individuo era regolata nei minimi dettagli per garantire la massima efficacia. Una dittatura implacabile ma confortevole che permetteva a chiunque di comporre tre sonate musicali in un’ora schiacciando semplicemente un bottone, e nella quale i rapporti tra i sessi erano regolati da un meccanismo automatico che determinava i partner più compatibili e che permetteva che si accoppiassero tra loro. Tutto era trasparente, nel mondo di Zamjatin, anche per strada, dove una membrana, decorata come un’opera d’arte, registrava i discorsi dei passanti. È poi evidente che in un posto del genere anche il voto doveva essere pubblico. «Si dice che in antichità si votasse quasi in segreto, di nascosto, come dei ladri», dichiara a un certo punto il personaggio principale, D-503. «A cosa servisse tutto questo mistero, non è mai stato stabilito esattamente (…) Noi non nascondiamo niente, non abbiamo vergogna di niente: noi celebriamo le elezioni in modo aperto, leale, in piena luce. Io vedo tutti gli altri votare per il Benefattore, tutti gli altri mi vedono votare per il Benefattore».

[Giuliano da Empoli, La mage du Kremlin, Paris, Gallimard 2022, pp. 19-20]