lunedì 10 Dicembre 2018

«Leggere i russi» è un’esperienza che molti fanno nell’adolescenza, più o meno al tempo delle sigarette e dei primi, sani desideri di scappare di casa e andare a fare il mozzo. Di questi desideri i «russi» sono i più tenaci, e se poche sono le possibilità che ci si dedichi a correre lungo i moli in cerca di un brigantino, assai minori sono quelle di liberarsi di un Dostoevskij una volta che vi è entrato nel sangue. Ma non è solo lui; non esistono disintossicanti per Gogol, ed è molto più facile dimenticare il numero del telefono del primo amore, che la prima lettura della Sonata a Kreutzer di Tolstoj, o della Steppa di Cechov. Così accade che, periodicamente, nella vita, veniamo accolti da un attacco di «leggere i russi».
[Giorgio Manganelli dentro La grande Russia portatile, domani a Milano nella sede nuova dell’Associazione Italia Russia]

lunedì 20 Agosto 2018
Quando devo tradurre, come in questi giorni, nei momenti che sono stanco e mi devo riposare, mi metto a scrivere. E quando devo scrivere, nei momenti che sono stanco e mi devo riposare, mi metto a tradurre. Come in quella frase di Manganelli: «Come staremmo bene qui, se fossimo altrove».
martedì 30 Gennaio 2018

Le parole usate per servire a qualcosa si vendicano.
[Giorgio Manganelli, Il delitto rende ma è difficile, s.l., Comix 1997, p. 13]
lunedì 29 Gennaio 2018

Come staremmo bene qui, se fossimo altrove.
[Giorgio Manganelli, Il delitto rende ma è difficile, s.l., Comix 1997, p. 14]
giovedì 12 Ottobre 2017

Una città è un luogo occulto, nella quale un muro logorato dalla muffa, un edificio decrepito, una sterminata piazza non pavimentata, trafitta da pozzanghere e ciuffi di dura erba, propongono una storia segreta, una favola in cui l’orrore e lo splendore ostinatamente coabitano.
[Giorgio Manganelli, La favola pitagorica, Milano, Adelphi 2005, p. 31]

giovedì 15 Giugno 2017
Preparare i documenti per pagare le tasse, io tutti gli anni mi dico che non ci riuscirò, e tutti gli anni, non so come ci riesco (quest’anno ancora no, mi mancano un sacco di certificazioni, penso ancora che non ci riuscirò, e devo andare dalla commercialista domani, quest’anno non ce la posso fare, però gli anni scorsi, tutti gli anni, ci sono riuscito); e quando ci sono riuscito, gli anni scorsi, mi è venuto sempre in mente il pezzo di Giorgio Manganelli che copio qua sotto:

Stamane ho pagato le tasse. Come ogni volta, ho avvertito un oscuro, profondo, incomprensibile piacere. Non avete capito male: pagare le tasse mi dà una gradevole, indubitabile eccitazione. Non lo nego: è una faccenda strana. Anomala. Stravagante. Ne ho parlato ad un mio amico psichiatra – ho molti, affettuosi, cauti e solleciti amici psichiatri – che mi ha guardato con un sorriso non privo di tenerezza.
Mi sono chiesto spesso: perché, vecchio idiota, ti fa piacere pagare le tasse? È del tutto chiaro che in questo compiacimento non v’è traccia di esibizionismo civico; non mi offro come modello, come esempio del buon cittadino, virtuoso come un antico spartano. Come tutti gli italiani degni di questo nome, io sono un cittadino mediocre, diciamo pure scadente. So di esserlo, sebbene non sappia dire esattamente in che modo si esprima codesta mediocrità. Lo sono globalmente, come uno è avvocato o padre di famiglia. Segni particolari, nessuno. Continua a leggere »

venerdì 27 Maggio 2016

Flann O’Brien, Il terzo poliziotto, Einaudi, Torino 1971.
Un libro amabile, inconsueto e ragionevolmente demente.
[Giorgio Manganelli, Estrosità rigorose di un consulente editoriale, Milano, Adelphi 2016, p. 29]

venerdì 18 Marzo 2016

Aggiungerò che mi è accaduto di ricevere telefonate che cominciavano a quel modo: «Lei è lo scrittore?». Non erano telefonate scortesi, ma semplicemente denunciavano, da parte del telefonante, una ferma volontà di volere il prodotto autentico, senza conservanti, senza additivi; è un atteggiamento da cliente probo, pronto a respingere con educata fermezza, come nella pubblicità degli amari, un Manganelli dentista, miniaturista, bottinaio o trafficante in avorio, sebbene si tratti di lavori dignitosi e socialmente apprezzati. Il Cielo – che ha tanto da fare – cerchi di trovare il tempo per salvarmi dallo sgomento che mi dà quella definizione.
[Giorgio Manganelli, Pronto? Lei è lo scrittore?, in Il rumore sottile della prosa, Milano, Adelphi 2013 (2), p. 234]

sabato 27 Febbraio 2016

Scrivi scrivi
se soffri adopera il tuo dolore:
prendilo in mano, toccalo,
maneggialo come un mattone,
un martello, un chiodo,
una corda, una lama;
un utensile insomma.
Se sei pazzo, come certamente sei,
usa la tua pazzia: i fantasmi che affollano la tua strada
usali come piume per farne materassi;
o come lenzuoli pregiati
per notti d’amore;
o come bandiere di sterminati
reggimenti di bersaglieri.
[Giorgio Manganelli, Poesie, Milano, Crocetti 2006, p. 184]

mercoledì 3 Febbraio 2016

Prevedere dove vanno a finire le frasi di Giorgio Manganelli è una cosa difficilissima. Nel libro Ufo e altri oggetti non identificati 1972-1990, da poco uscito per Mincione Edizioni per la cura di Raffaele Manica, si racconta di un momento in cui gli Ufo erano «quegli oggetti non identificati che consentivano a persone di instabile equilibrio nervoso e mentale, tra le quali» dice Manganelli «mi annovero, momenti di vana ma onesta eccitazione». Delle loro ipotetiche apparizioni restavano «sui giornali fotografie enigmatiche, come se le macchine fotografiche avessero scoperto le ambigue delizie dell’alcool: punti fosforescenti, cerchi, oggetti oblunghi». «Non c’è persona lievemente squilibrata» scrive Manganelli «che non abbia sperato di incontrarsi con quegli omarini cosmici, almeno di vedere le loro macchine volanti. Ovviamente» aggiunge «io preferisco crederci. Ma, ormai, non è questo il punto. Che cosa vuol dire questo loro ritorno, e in luoghi così umili, così appartati? Li hanno visti sulla Spezia, dove si mangia così male, scommetto che varrebbe la pena impiantare degli osservatori ad Alessandria o a Foggia. A trent’anni eravamo così fiduciosi, così disperatamente ansiosi di vederli scendere fra noi; dopo vent’anni sono un recupero, uno di quei repèchages cosmici che ogni tanto i fabbricatori della moda lanciano nella nostra via lattea, sempre più smaniosa, vizza e quagliata. Essendo un recupero di dubbio successo, cominciano con un giro in provincia; “Vediamo se alla Spezia fa effetto”, si saranno detti; “gli spezzini sono tutti d’un pezzo, se quelli si montano la testa passiamo subito all’Abruzzo e poi a Milano”». Questa antologia degli scritti di Manganelli contiene anche una prova dell’esistenza dei dischi volanti. «Non ho mai visto dischi volanti» c’è scritto «e questa è l’unica prova a favore della loro esistenza che sono in grado di addurre. Infatti, se fosse un caso di psicosi collettiva, come qualcuno dice, non c’è dubbio che io ci sarei cascato. Insomma, se non ci fossero stati, io certamente li avrei visti. Ma non li ho visti, dunque non è improbabile che esistano». Un ribaltamento simile si ritrova in un articolo in cui Magnanelli parla dello sbarco sulla luna: «In questi giorni si fa un gran parlare di quella notte magata in cui, vent’anni fa, l’uomo, più esattamente il signor Armstrong, mise un piede sulla luna, e recitò il suo temino che si era preparato a casa. Ricordo quella notte perché io andai a dormire come al solito e non assistei allo spettacolo straordinario. Stupido vero? Assolutamente. Ma lo rifarei. Voglio dire che non fu una mirabile impresa? Certo che lo fu, ma io non amo le mirabili imprese. Ne ho paura»; nonostante questa paura, Manganelli è un grande lettore di fantascienza: «Per anni consumai fantascienza, come altri consuma whisky o cocaina». A questi due temi, i dischi volanti e la fantascienza, Manganelli imparenta le fate e gli gnomi: «Mi sembra che non abbia torto Carroll quando scrive – e suppongo fosse esattamente quello che pensava – di non provare alcun disagio mentale all’idea dell’esistenza delle fate. Vorrei aggiungere che la nostra diffidenza culturale nei confronti di qualcosa che pure continua ad affascinarci si fonda su due goffe tautologie: che la realtà sia realistica e che la natura sia naturale. La realtà include, dovete ammetterlo, i sogni, i numeri del lotto e il grande amore: quanto alla natura, non posso non pensare che esseri come la zebra – questa irriverente ed arcaica parodia della Juventus – come le farfalle, i pavoni, il colibrì, le lumache, siano nati dalla creatività di una natura per nulla interessata ad essere naturale».
[Uscito ieri su Libero]
