martedì 1 Settembre 2020
Un giorno, allora ero liceale, un professore disse: «Quando sarete innamorati, scriverete lettere bellissime». In realtà, chiunque abbia conosciuto innamorati – e capita a tutti – e si ricorda di se stesso amoroso o amorosa, sa benissimo che chi è trafitto d’amore è un personaggio monotono, ripetitivo, dalla aggettivazione scialba e iterativa, affranto dal gravame dei luoghi comuni, emotivamente instabile, solipsista, convinto che l’oggetto del suo amore sia di interesse generale, e più
stupito che irritato se nota una certa tendenza a cambiare discorso nei più cari e pazienti sodali. L’innamorato è socialmente una peste, un diluvio innocente, un farneticante, un ossessivo, e sebbene tutto ciò sia assai nobile e fondamentale dal punto di vista della storia psicologica specifica, non è credibile che costui sia in grado di produrre testi letterari interessanti.
[Giorgio Manganelli, Il rumore sottile della prosa, Milano, Adelphi 2013 (2), pp. 85-86]
domenica 16 Agosto 2020
«S’era nell’agosto, ed in Iscaricabarilopoli, città moscosissima, nessuno aveva mai visto negli agosti precedenti tanta copia di mosche, tal quantità di mosconi, tanti stuoli di moscerini, tali turbe di mosconcini, tal novero di mosconacci, tal moltitudine di mosconcelli, tanta folla di moschette, tanta adunanza di moscini, tanto popolo di moschettine, tanta frequenza di moscherelle, tanto spesseggiare di moscherini, tanto concorso di moschini, tanto esercito di mascolini e tanta folla di mosconi. Scaricabarilopoli era tutta un moscaio. I signori salariavano persone apposta per moscare gli scacciamosche…» Quo fo sosta. La citazione che avete or ora letto è dell’Imbriani, ed è purissimo, schietto Imbriani; quell’Imbriani che, con il Dossi e il Faldella, è tra i massimi stravaganti del nostro Ottocento.
[Giorgio Manganelli, Antologia privata, Macerata, Quodlibet 2015, p. 198]
sabato 9 Maggio 2020
In verità, il filologo ha non poche qualità dell’omicida ideale. Uomo di passioni occulte, di meditazioni clandestine e iniziatiche, di vocazione scontrosa, il filologo aggredisce i suoi testi con quell’odio mescolato ad amore con cui il criminale lavora la sua vittima.
[Giorgio Manganelli, Concupiscenza libraria, Milano, Adelphi 2020, p. 190]
mercoledì 22 Aprile 2020
Si era accorto che gli avevano rubato l’universo: clic
martedì 19 Novembre 2019
Naturalmente, doveva succedere; è secondo le sacre e misteriose leggi della natura, e sarebbe stato vano, forse empio, far contrasto. Un uomo pensoso di sé e della galassia, uno studioso delle comete dell’anima, lettore di classici, amante della sintassi, cultore di aggettivi; tradotto, anche, in lingue bizzarramente locali, sussurrate da pochi e nevrotici indigeni; un uomo così fatto sa che la sperduta umanità si rivolgerà a lui come a un saggio, diciamo una roba zen, un po’ sul guru.
Mi si consenta di uscire dal generico, e di inalberare i vessilli del narcisismo. Mi hanno chiesto, a bruciapelo, come usava nell’Iowa, cosa pensavo della morte, che idea avevo dell’aldilà, che cosa pensavo di una certa nave fenicia, e naturalmente della droga, del Foscolo, dell’amore, dell’eros, dell’erotismo, della pornografia, del sesso, dell’eterosessualità, della fotografia, del cinema muto, degli handicappati, degli omosessuali, dell’inferno, della scuola, dei flipper, di Dio, del romanzo, ma un oracolo non ha raggiunto il suo culmine, non è se stesso, se non gli fanno la domanda estrema: «Che cosa ne pensa lei del culo?».
Di questa domanda debbo osservare in primo luogo che è formulata con il “lei”, e dunque deferente, lievemente angosciata, e che include la parola “culo”. A domande così rispondeva in altri tempi il decaduto oracolo di Delfi, o la quercia di Dodona. E appunto così avrebbero parlato gli antichi: non avrebbero detto “parti deretane”, o “natiche”, o “sedere”, o “servizi”, o “didietro, tutte parole svergognatamente senza vergogna, oneste, semplici, leali. No: è quella parola breve e sonora, quel “culo”, che vuole una risposta. Mi dicono che il culo oggi sia in crescita, che la sua dignità venga riconosciuta, che sia di moda. Quando diventerà di moda l’orecchio sinistro? O il mastoide?
[Giorgio Manganelli, Improvvisi per macchina da scrivere, Milano, Leonardo 1989, pp.63-64]
mercoledì 21 Agosto 2019
Chi va in vacanza è infelice.
Giorgio Manganelli
[Immagine di Simone Cireddu (cliccarci sopra per ingrandire]
domenica 6 Gennaio 2019
Una notizia minima – non trascuriamo le belle notizie minime, che tentano di fare di un giornale un romanzo, una favola di Esopo, un frammentato racconto di fantascienza. Dicevo, una notizia da poco; forse men che minima. Un deputato francese, mai sentito nominare, chiede all’assemblea dei Galli se non sia il caso di imporre alla televisione un giorno settimanale “senza politica”.
Una sciocchezza, no? Non sappiamo forse che la politica, la minuta, sussurrata, allusa, criptica, politica, quella che si fa incontrandosi in ascensori, in conventi, la politica insomma, è il sale della vita? Come potremmo vivere decenti, armoniose giornate senza notizie esatte, puntigliose, ora per ora, su quel che fa il tal sottogruppo, gli amici del tale, i dissenzienti del talaltro?
Qualcuno ha rinfacciato al deputato francese che, essendo costui stato gollista, seguace d’un capo intensamente televisivo, non era il più adatto a far codeste prediche. Può darsi che quel deputato fosse tormentato da sensi di colpa; che l’ossessivo ricordo di quello schermo trasformato in campo di battaglia del suo generale gli facesse desiderare una settimanale, non di più, verginità televisiva. Che sciocchezza, vero? Potremmo dire d’aver vissuto il giorno in cui non avessimo visto l’onorevole Bisaglia, almeno in bianco e nero, e ammirato il sorriso di Giulio Andreotti che stringe la mano – a chi? Fate voi, sarà certo importante e cordiale. Ma attenzione a queste sciocchezze. Rivoluzioni sono cominciate per una battuta detta fuori posto, battaglie sono state perdute perché qualcuno aveva litigato con la moglie.
[Giorgio Manganelli, Improvvisi per macchina da scrivere, Milano, Leonardo 1989, p. 30]
lunedì 10 Dicembre 2018
«Leggere i russi» è un’esperienza che molti fanno nell’adolescenza, più o meno al tempo delle sigarette e dei primi, sani desideri di scappare di casa e andare a fare il mozzo. Di questi desideri i «russi» sono i più tenaci, e se poche sono le possibilità che ci si dedichi a correre lungo i moli in cerca di un brigantino, assai minori sono quelle di liberarsi di un Dostoevskij una volta che vi è entrato nel sangue. Ma non è solo lui; non esistono disintossicanti per Gogol, ed è molto più facile dimenticare il numero del telefono del primo amore, che la prima lettura della Sonata a Kreutzer di Tolstoj, o della Steppa di Cechov. Così accade che, periodicamente, nella vita, veniamo accolti da un attacco di «leggere i russi».
[Giorgio Manganelli dentro La grande Russia portatile, domani a Milano nella sede nuova dell’Associazione Italia Russia]
lunedì 20 Agosto 2018
Quando devo tradurre, come in questi giorni, nei momenti che sono stanco e mi devo riposare, mi metto a scrivere. E quando devo scrivere, nei momenti che sono stanco e mi devo riposare, mi metto a tradurre. Come in quella frase di Manganelli: «Come staremmo bene qui, se fossimo altrove».
martedì 30 Gennaio 2018
Le parole usate per servire a qualcosa si vendicano.
[Giorgio Manganelli, Il delitto rende ma è difficile, s.l., Comix 1997, p. 13]