Al supermercato
– La letteratura – e in particolare il processo di lettura – per molti è un momento di intimità tra scrittore e lettore: perché sente l’esigenza di sostituire il lettore con un ascoltatore e trasformarlo così in “pubblico”?
Alla fine degli anni novanta un mio amico mi parlava benissimo di Antonio Delfini, uno scrittore di Modena che non conoscevo, e avevo cercato un suo libro e avevo trovato Il ricordo della Basca e avevo provato a leggerlo e non mi era piaciuto; mi sembrava, non so come dire, lamentoso, il contrario di quello di cui mi sembrava di aver bisogno allora. Qualche mese dopo avevo sentito Gianni Celati che leggeva ad alta voce l’introduzione del Ricordo della Basca, proprio il pezzo che avevo provato a leggere io, e l’avevo trovato bellissimo, con una musica che io non ero stato capace di riprodurre nella mia testa e un incanto ipotetico che era tutt’altro che lamentoso. E ero tornato a casa e avevo preso Il ricordo della Basca e l’avevo riletto tutto con quella voce lì che mi aveva fatto scoprire Celati. E mi viene da dire che, per me, l’esperienza dell’ascolto di un testo letterario non sostituisce l’esperienza della lettura, l’arricchisce. Io non credo che chi verrà al festival poi tornerà a casa pensando “Ve’, oggi ho sentito leggere ad alta voce, non devo leggere niente”, credo, che, forse, succederà il contrario.
– Dal dialetto di Benati e Baldini alle storie visuali di Gipi, passando per la “polifonia della parola” dei Nuovi Bogoncelli e il duetto tra Lucarelli e le mondine di Novi: qual è la “sostanza” comune di queste voci?
Daniil Charms, che è l’autore che verrà letto dai Nuovi Bogoncelli, diceva che lui voleva che quando scriveva un verso, quel verso fosse così duro che a buttarlo contro la finestra si rompesse la finestra. Ecco io, non so cosa succederà, dal 16 al 19 luglio, a Reggio Emilia, ma credo che sia possibile che si rompa qualche finestra.
– Perché ha deciso di dare al festival il nome del discorso di David Foster Wallace?
Il discorso intitolato Questa è l’acqua è un esempio meraviglioso di letteratura ad alta voce, è un discorso comico e commovente che mette in scena delle situazioni, come una fila al supermercato, che tutti abbiamo incontrato e incontriamo nella nostra vita; Wallace, da quel materiale lì, tira fuori una cosa che poi, quando trovo una fila al supermercato, a me vien sempre in mente quel discorso di Wallace.
– “Imparare a pensare – scriveva Wallace nel suo discorso – di fatto significa esercitare un controllo su come e cosa pensare. Significa avere quel minimo di consapevolezza che permette di scegliere a cosa prestare attenzione e di scegliere come attribuire un significato all’esperienza”. In un mondo in cui siamo bombardati di informazioni, stimoli, disturbi, storie e prodotti culturali, perché “scegliere” la narrazione e il rapporto/incontro diretto con gli autori o i lettori?
Ogni tanto mi capita che mi sottomettano degli appelli a favore della letteratura, io non li firmo quasi mai, perché mi sembra che la letteratura sia talmente potente, mi sembra che abbia una forza paragonabile alla forza di gravità e mi chiedo chi sono io, per fare un appello a favore della forza di gravità. Allo stesso modo mi sembra che se verrà qualcuno, a Reggio Emilia, al festival sonoro della letteratura, quelli che verranno non hanno bisogno che io gli dica i motivi per cui devon venire, li sanno benissimo da soli.
– Il Festival nasce come supporto per la realizzazione di un Archivio sonoro della letteratura, che lei e Cavazzoni vorreste/avreste voluto realizzare. Il progetto esiste ancora?
Sì.
[Questa intervista a Daniele Valisena dovrebbe essere uscita oggi sulla Gazzetta di Reggio]