Sui libri

giovedì 21 Gennaio 2021

Quale libro sta leggendo in questo momento?

L’enigma Tolstoevskij di Pierre Bayard, che è una biografia immaginaria di uno scrittore che si chiama Fedor Lev Tolstoevskij e che è nato due volte, nel 1821 e nel 1828, ed è morto due volte, nel 1881 e nel 1910.

[Sabato 23 gennaio, esce un’intervista sulla Gazzetta di Parma (a Davide Barilli)]

Non c’era niente

domenica 30 Settembre 2018

– La grande Russia portatile è un libro di storia, letteratura, storia della lingua e del costume russo, ma anche un romanzo autobiografico, una riflessione su grandi temi del presente: da cosa è nata l’idea? Nasce prima da un desiderio di raccontare un’esperienza personale o come “guida” al mondo intimo russo, a partire dalla scrittura?

Nel gennaio del 2018, stavano andando al collegio Borromeo di Pavia a parlare di traduzione a dei dottorandi e, intanto che andavo in stazione in bicicletta, ho pensato che per me, che prima di mettermi a studiare russo avevo lavorato per un anno e mezzo in Algeria, sulle montagne del piccolo Atlante, e per un anno e un po’ a Baghdad, in mezzo alla guerra Iran – Iraq, ecco per me, studiare russo era stata un’avventura più grande delle montagne del piccolo Atlante e della guerra Iran – Iraq, era stata una cosa che aveva cambiato il mio modo di camminare, di pensare, di muovermi, di dormire, di leggere, di parlare, di mangiare, di immaginare, di stare fermo, di ridere, di piangere, di sospirare, di disperarmi, di chiedere scusa, di arrabbiarmi, di concentrarmi e di portare pazienza e che era stata una cosa che, se non l’avessi fatta, nella mia vita, chissà dove sarei andato a finire, e mi sono detto che forse valeva la penna di raccontarla, questa avventura qua.

– Più volte in questo romanzo, ritorna il tema del suo periodo russo come chiave di volta interpretativa sul mondo, ma anche rispetto ad un percorso esistenziale. Ma che cos’è stata questa formazione russa?

Credo che, come vale per me con la Russia, vale per qualcun altro per la Francia, o per il Sudamerica, o per il Portogallo, o non so, è la fortuna di trovare un posto del quale non finisci mai di esser curioso. Io l’ho conosciuta nel ’91, in una condizione che viene raccontata bene da una storiella di una serie televisiva americana, The Americans, dove c’è un colonnello del Kgb che racconta che, nella strada principale di Mosca, ulica Gor’kogo una donna entra in un ristorante e chiede: «Non avete della carne?», e il ristoratore risponde «La carne non ce l’hanno nel ristorante di fronte, qui non abbiamo il pesce». Non c’era niente, allora, a Mosca, ed era bellissimo.

– E la Russia di oggi come le appare?

All’epoca, nel ’91, mi sembrava che la Russia fosse trent’anni indietro, rispetto all’Italia, adesso, nel 2018, Mosca è una città modernissima e molto più avanti, per esempio, di Roma, che, dopotutto, è la nostra capitale; ma una cosa che trovo incantevole è il fatto che oggi, a Mosca e a San Pietroburgo, convivono questa Russia moderna, quella sovietica che ho conosciuto io nel ’91 e quella imperiale del sette e dell’ottocento.

– Il titolo del libro richiama un’altra opera – La piccola battaglia portatile – che affronta, come tema principale, il rapporto padre/figlia. In questo caso invece sembra quasi che il cuore del romanzo sia un rapporto madre/figlio, dove la madre è la Russia, paese di elezione e formazione. Anche nel libro torna spesso il tema della relazione affettiva: esiste un nesso fra questi due mondi che, sempre stando alle parole del testo, non si toccano mai, o si sono toccati un’unica volta?

Ho presentato il libro a Mantova, e una mia amica, che era lì a sentire, mi ha detto che tutti e due i libri, secondo lei, sono due libri d’amore. Io le ho risposto che amore è una parola che faccio fatica a dire, e che amare è un verbo che non uso quasi mai, probabilmente perché in dialetto parmigiano non esiste, non si dice “Ti amo”, da noi, si dice “At voi ben”, e “A mor”, in parmigiano, non significa Amore, ma “Io muoio”, e la mia lingua, anche quando parlo della Russia, ha molto a che fare col dialetto parmigiano, credo, e con il modo in cui si parla per le strade di Parma. Credo però che forse avesse ragione quella mia amica, sono due romanzi d’amore.

– E adesso quale prossimo viaggio ci aspetta?

Adesso vediamo.

[Intervista a Caterina Bonetti uscita oggi sulla Gazzetta di Parma]

Lo spunto per migliorarci

mercoledì 26 Luglio 2017

Oggi ho comprato un giornale, la Gazzetta di Parma, e non ci ho trovato scritto quasi niente tranne una lettera, forse, a pagina 46, che dice:
«Egregio direttore, è con estremo piacere che sabato 22 luglio abbiamo vista pubblicata sulla sua rubrica la lettera del signor Gianni Formia, che si complimentava per la riuscita della nostra 1ª Festa della Rana. Per la nostra associazione, fondata interamente sul volontariato, è stata una grande soddisfazione. Vedere un piccolo paese come Roccabianca, affollato di gente, non capita tutti i giorni e questo per noi è uno stimolo per andare avanti e riprovarci nei prossimi anni, cogliendo anche dalle critiche, lo spunto per migliorarci. Ringraziamo quindi, oltre al signor Fornia, tutte le persone che ci hanno dato fiducia e sono venute ad apprezzare la nostra cucina. Vi aspettiamo nel 2018.

Una lettera alla Gazzetta di Parma

giovedì 29 Agosto 2013

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Una delle cose belle di essere a Parma, o in provincia di Parma, è poter leggere le lettere alla Gazzetta di Parma, come per esempio questa: «Signor direttore, ogni qualvolta che le scrivo una lettera, come fanno tanti altri, dopo qualche giorno, puntualmente, mi arrivano lettere assolutamente anonime, piene di insulti di ogni tipo. Non è che un anonimo imbecille mi disturbi molto, anzi mi fa molta pena, però è l’ignoranza di queste persone che fa più paura, perché un popolo ignorante non guarderà mai al futuro, ma guarderà sempre al passato, cioè resterà sempre ignorante. E proprio questi cosiddetti «signori» che sono rimasti con la loro mentalità al medioevo e che trovano la loro forza nella vigliaccheria nascondendosi dietro l’anonimato, resteranno sempre degli imbecilli e anonimi ignoranti. Giorgio Fornasari – Fontanellato, 19 agosto».

Una lettera

giovedì 21 Marzo 2013

Signor direttore,
su invito del cimitero, sono andata per la riesumazione di mia madre, ma il lavoro era già stato fatto, e io volevo riprendere la catenina d’oro e la fede nuziale che le avevo messo nella bara al suo funerale. Non c’erano più. E’ una vergogna, non rispettano nemmeno i morti. E non è la prima volta che accade.
Giovanna Rossi

[dalla Gazzetta di Parma: clic]

Il recente concerto

lunedì 12 Aprile 2010

Sulla Gazzetta di Parma di ieri, pagina dello spettacolo, c’era un grande articolo sul recente concerto di Samuele Bersani all’auditorium Paganini. L’articolo cominciava dicendo che andare a un concerto è molto meglio che ascoltare un album, perché in un concerto si può apprezzare il calore e l’umanità del cantante. E così è stato il concerto dell’altro giorno, c’era scritto nell’articolo, quando il calore e l’umanità di Bersani ha permesso di superare anche i soliti problemi tecnici che ci sono all’auditorium Paganini quando c’è della musica amplificata, anche se questa volta, c’era scritto, ci sono stati dei miglioramenti, per esempio si capivano le parole.

Lettera firmata

giovedì 6 Novembre 2008

Gentile direttore,
mi spiace vedere e leggere che un nobile pettirosso è stato scambiato da qualche redattore distratto in un più popolare passero. Tutti uccelli sono, è vero, ma essere precisi è ancora importante.
Lettera firmata
Parma, 29 ottobre 2008
(Pubblicata sulla Gazzetta di Parma del 1 novembre 2008)