giovedì 23 Maggio 2019
Uno scrittore che accenna ai propri trascorsi penali – o in generale alle proprie traversie – è paragonabile a un individuo normale che si fa bello alludendo ad amicizie importanti.
[Iosif Brodskij, Per compiacere un’ombra, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p. 109]
martedì 17 Luglio 2018
Verso la metà dell’Ottocento le due cose si fusero in una: la letteratura russa, a furia di inseguire la realtà, la raggiunse. A tal punto che oggi, quando pensate a San Pietroburgo, non potete distinguere quella raccontata nei romanzi da quella reale. Il che è abbastanza curioso per un luogo che conta soltanto duecentosettantasei anni di vita. La guida, oggi, vi mostrerà la sede della Terza Sezione della polizia, dove Dostoevskij fu processato, ma manche la casa dove un suo personaggio, Raskolnikvo, uccisa a colpi d’ascia quella vecchia usuraia.
[Iosif Brodskij, Guida a una città che ha cambiato nome, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p. 56]
sabato 15 Luglio 2017
I poveri tendono a utilizzare qualsiasi cosa. Io utilizzo il mio senso di colpa.
[Iosif Brodskij, In una stanza e mezzo, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p. 219]
mercoledì 8 Febbraio 2017
Lo vidi l’ultima volta a Londra nel luglio del 1973, a una cena da Stephen Spender, Wystan, seduto a tavola con una sigaretta nella destra e un bicchiere nella sinistra, dissertava sul tema del salmone freddo. Poiché la sedia era troppo bassa, la padrona di casa provvide a infilargli sotto la persona due squinternati volumi dell’Oxford English Dictionary. Pensai allora che davanti ai miei occhi stava l’unico uomo che avesse il diritto di usare quei volumi come sedili.
[Iosif Brodskij, Per compiacere un’ombra, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p. 132]
venerdì 24 Giugno 2016
Tuttavia, poiché il nostro palazzo si trovava all’incrocio con il leggendario Liteinij Prospekt, il nostro indirizzo postale era: Liteinij prospekt # 24, Apt. 28. Così erano indirizzate le lettere che ci arrivavano, così scrivevo io sulle buste indirizzate ai miei genitori. Ne parlo qui non perché abbia qualche importanza particolare, ma perché la ia penna, presumibilmente, non scriverà mai più questo indirizzo.
[Iosif Brodskij, Una stanza e mezzo, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p. 198]
lunedì 20 Giugno 2016
In ogni caso, una persona che sia vissuta abbastanza a lungo in questa città è portata ad associare la virtù con la proporzione.
[Iosif Brodskij, Guida a una città che ha cambiato nome, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p. 59]
domenica 24 Aprile 2016
Tutto può cambiare a Pietroburgo tranne la sua meteorologia. E la sua luce. È la luce nordica, pallida e diffusa, una luce in cui memoria e occhio operano con insolita acutezza. In questa luce, e grazie alle strade così lunghe e rettilinee, i pensieri di un passante vanno più lontano della sua destinazione, e un uomo con una vista normale può distinguere a più di un chilometro di distanza il numero dell’autobus in arrivo o indovinare l’età del poliziotto che lo pedina. Almeno nella giovinezza un uomo nato in questa città trascorre tanto tempo camminando quanto un buon beduino. E non è e per la penuria di automobili o per il loro prezzo (c’è un eccellente sistema di trasporti pubblici), né per le code che davanti ai negozi di generi alimentari si allungano per centinaia di metri. È solo perché camminare sotto questo cielo, lungo gli argini di granito di bruno di questo immenso fiume grigio, è di per sé un buon prolungamento della vita e una scuola che migliora la vista e la mente. Nella trama granulare del selciato di granito che corre accanto al flusso continuo, alla fuga costante dell’acqua, c’è qualcosa che infonde alle suole una voglia quasi sensuale di camminare. Dal mare soffia soffia un vento di tramontana, odoroso di alghe, che qui ha guarito molti cuori soprassaturi di menzogne, disperazione e impotenza.
[Iosif Brodskij, Guida a una città che ha cambiato nome, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p. 53]
mercoledì 13 Agosto 2014
Se mai un poeta ha un obbligo verso la società, è quello di scrivere bene.
[Iosif Brodskij, Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Adelphi, Milano 2008 (8), p. 107]
venerdì 28 Marzo 2014
Vorrei spingermi un passo più avanti, a questo punto. Di per sé la realtà non vale un accidente. È la percezione a elevarla, a promuoverla alla dignità di significato. E c’è una gerarchia tra le percezioni (e, parallelamente, tra i significati): una gerarchia che ha al vertice le percezioni acquisite attraverso i prismi più raffinati e sensibili. Affinamento e sensibilità sono conferiti a questi prismi dall’unica possibile fonte di approvvigionamento: la cultura, la civiltà, il cui strumento principale è il linguaggio. La valutazione del reale fatta attraverso uno di questi prismi – e l’acquisizione di questa capacità è uno degli scopi cui tende la specie – è perciò la più esatta, forse anche la più giusta. (Se a questo punto si levano grida di «Vigliacco!» e «Etilista!», e magari si levano, guarda un po’, proprio in certe università occidentali, sarà bene infischiarsene, perché la cultura è «etilista» per definizione, e l’applicazione dei princìpi democratici nella sfera della conoscenza porta a mettere saggezza e idiozia sullo stesso piano).
Ciò che rende inattaccabili le parole che Nadežda Mandel’štam ha scritto sulla sua realtà, sul suo pezzo di realtà, è il possesso di questo prisma, procuratole dalla migliore poesia russa del ventesimo secolo, e non già la dimensione, pur eccezionale, del suo dolore. Che la sofferenza sia la matrice di un’arte superiore è un errore abominevole. La sofferenza acceca, assorda, devasta e spesso uccide. Osip Mandel’štam era un grande poeta prima della Rivoluzione. E così Anna Achmatova, così Marina Cvetaeva. Sarebbero diventati quello che diventarono anche se non ci fosse stato nessuno degli avvenimenti storici abbattutisi sulla Russia in questo secolo: perché erano dotati. In sostanza, il talento non ha bisogno della storia.
[Iosif Brodskij, Nadežda Mandel’štam (1899-1980). Un necrologio, in Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Milano, Adelphi 2008 (8), p .101]
[mi segnalano che c’è un refuso (elitista, e non etilista, ma etilista mi piace di più e ce lo lascio)]
giovedì 10 Maggio 2012
Per quanto ne so, è l’unico monumento al mondo che raffiguri un uomo su un autoblindo. Almeno sotto questo aspetto, è il simbolo di una società nuova. La società vecchia era abitualmente rappresentata da uomini a cavallo.
[Iosif Brodskij, Fuga da Bisanzio, traduzione di Gilberto Forti, Adelphi, Milano 2008, pp. 45-46, l’immagine è di Vladimir Šinkarev]