Via che andiamo
Via che andiamo, con la mia macchinina, un due tre, un due tre, un due tre.
[Dev’essere uscito l’audiolibro di Diavoli]
Via che andiamo, con la mia macchinina, un due tre, un due tre, un due tre.
[Dev’essere uscito l’audiolibro di Diavoli]
Che io, meglio se concentro tutti i miei impegni lavorativi un solo giorno la settimana, la domenica, quando le forze del bene sono stanche dopo lo sforzo della creazione e il settimo giorno si riposarono. Io invece vengo da sei giorni che non ho fatto un cazzo, sono fresco come una rosa.
[Oggi vado a Milano a registrare l’audiolibro di Diavoli e, stasera, a presentare Grandi ustionati alla libreria Verso]
L’audiolibro di Grandi ustionati che ho registrato al Frigostudio è uscito su tutte le piattaforme tranne che su audible, dove c’è stato un problema tecnico ma adesso lo risolvono, mi han detto.
Avevano ragione loro. Aveva ragione anche quello là, nel novantadue. Che nel novantadue c’era uno che mi diceva Sei un imbroglione. No, gli dicevo io. Sì, mi diceva lui. Che litigata, quella volta lì.
Be’, aveva ragione lui. Sono un imbroglione.
[Mi hanno chiesto oggi di fare anche l’audiolibro di Diavoli, e io gli ho detto di sì]
Questa è una conversazione da bar, in un bar che hanno aperto qui a Parma, d’estate, dentro un convento nel centro della città. A quel bar lì ci va della gente che pensa di essere molto alla moda, à la page. Allora fanno tutte queste domande: Tu cosa scrivi, di cosa ti occupi.
Molte volte dicono: Interessante. Molte volte dicono: Pasolini. Molte volte dicono: Wim Wenders. Ti piace Pasolini?, chiedono. Ti piace Wim Wenders?.
Alla domanda su Pasolini non dico niente: faccio partire la testa verso destra, poi le faccio fare una curva stretta ma morbida, com’è disegnata e la porto a sinistra, la fermo in salita. Alla domanda su Wenders dico di sì, che mi piace. Quando mi chiedono i film gli dico di no, che non li conosco.
Allora come fai a dire che ti piace Wim Wenders?
Wim Wenders, gli dico, mi piace il suo nome. Che lui ha un nome di battesimo che se lo ribalti di centottanta gradi, si legge uguale.
[Oggi finiamo di registrare l’audiolibro di Bassotuba non c’è]
Io sono quello che non ce la faccio.
[E mi hanno detto, stamattina, che, con Frigo Studio, presto facciamo anche l’audiolibro di Bassotuba non c’è]
Te lo puoi portare a casa questo lavoro, mi ha detto il geometra, io ho preso e me lo sono portato e mi hanno dato venti giorni per tradurre duecento pagine.
Ogni giorno mi alzavo e dicevo: Domani. E ogni giorno facevo il calcolo di quante pagine al giorno avrei dovuto tradurre: dieci, diciassette, venti, ventinove. Mi sono ridotto agli ultimi quattro giorni, cinquanta pagine al giorno, stacco il telefono, mi incollo al computer con lo stereo in random su quattro cd, cinque pagine senza tirare il fiato, un’ora e mezza di corsa e negli intervalli di dieci minuti mi stendo sul letto e mi dico Non ce la faccio, non ce la faccio, non ce la faccio.
Mi alzo, faccio un caffè e mi rimetto a tradurre questi brevetti per la cernita delle patate. Che crescendo, se cre- scono in fretta, crescono con dei vuoti interni che si chia- mano cuori cavi, e ci sono delle macchine per scoprire i cuori cavi con esame non intrusivo.
Con la mia gatta Paolo in calore che mi piscia da tutte le parti e miagola. Miao miao miao. Miao miao miao. Miao miao miao. Che due maroni.
[Ieri, al Frigo studio di Milano, ho cominciato a registrare l’audiolibro di Le cose non sono le cose, che esce il 14 novembre, il libro, e anche l’audiolibro, credo]
Che belle le vite infelici come quella di Anna Achmatova.
[Ieri e l’altroieri, al Frigo Studio, a Milano, abbiamo registrato l’audiolibro di Vi avverto che vivo per l’ultima volta. Noi e Anna Achmatova, che esce, insieme al romanzo, il 21 febbraio]