venerdì 6 Ottobre 2017
In generale si pensa che il metodo geometrico che Spinoza applicò nella sua filosofia abbia soltanto un senso formale; egli formulava assiomi, e dagli assiomi costruiva teoremi. Ma ci si lascia sfuggire che con il suo metodo geometrico egli riuscì a ottenere molto di più: l’opposizione bene-male fu superata. Al Dio di Spinoza non serve una teodicea. Per questo Dio non esistono né il bene né il male.
[Friedrich Dürrenmatt, Una partita a scacchi con Einstein, traduzione di Andrea Michler, Bellinzona, Casagrande, p. 16]
venerdì 6 Giugno 2014
Il libretto di Luigi Malerba Le galline pensierose, appena ripubblicato da Quodlibet compagnia extra, è una raccolta di 155 testi come quello contrassegnato dal numero 2: «Una gallina pensierosa si metteva in un angolo del pollaio e si grattava la testa con la zampa. A forza di grattarsi diventò calva. Un giorno una compagna le si avvicinò e le domandò cosa la preoccupasse. “La calvizie”, rispose la gallina pensierosa». Viene in mente il libro preferito dal presidente del consiglio, Il piccolo principe, che, come il libro preferito dal sindaco di Parma, Il gabbiano Johnatan Livingston, è un libro illustrato, ed è un libro dove a un certo momento (capitolo XII) il piccolo principe incontra una bevitore e gli chiede “Cosa fai?”, “Bevo”. “Perché bevi?”, “Per dimenticare”. “Per dimenticare cosa?”, “Per dimenticare che ho vergogna”. “Vergogna di cosa?”, “Vergogna di bere”». Alla gallina numero 4, invece, succede più o meno la stessa cosa che succede a Fabrizio Del Dongo, quando giovanissimo, e senza sapere il francese, parte per andare a aiutare Napoleone, all’inizio della Certosa di Parma: «Una gallina vagabonda si trovò per caso in mezzo a un grande trambusto di uomini e cavalli, rischiò di venire calpestata, ma alla fine riuscì a scappare e andò a nascondersi sotto una siepe. Quando raccontò il fatto, le dissero che si era trovata in mezzo alla battaglia di Waterloo, dove era stato sconfitto Napoleone. La gallina vagabonda fu molto orgogliosa di essere stata testimone di un grande avvenimento storico». La gallina 53, invece («Le oche si vantavano con le galline perché le loro antenate avevano salvato Roma dando l’allarme dal campidoglio quando i galli avevano tentato di entrare dalle mura. Una gallina disse che se al posto delle oche ci fossero state le galline forse li avrebbero fatti entrare e così Roma, conquistata dai galli, sarebbe diventata il più grande pollaio del mondo»), si muove in un’altra direzione, antistorica, se così si può dire, e ricorda Romolo Augustolo, l’ultimo imperatore romano d’occidente, che nella pièce di Friedrich Dürrenmatt Romolo il Grande, mentre arrivano i barbari pensa che la cosa migliore che può fare, aspettando l’arrivo dei barbari capitanati da Odoacre, è dar da mangiare alle proprie galline, che riconosce a una a una e che chiama per nome. La perplessità delle galline nei riguardi della storia la si ritrova anche nella gallina 57: «Una gallina romana passò sotto l’arco di Costantino, ma non provò nessuna emozione particolare. Ci passò una seconda volta e rimase ancora delusa. Si domandò perché mai Costantino avesse fatto costruire quell’arco per poi passarci sotto». La gallina numero 68 («Tutte le galline del pollaio si riunirono per discutere del significato del proverbio “Meglio un uovo oggi che una gallina domani”. Nonostante le lunghe discussioni non arrivarono a capo di nulla. Alla fine una gallina disse che c’era un errore di stampa e che il vero proverbio era “Meglio un uomo oggi che una gallina domani”»), rimanda a un libretto di Ermanno Cavazzoni, Gli scrittori inutili, dove, a un certo punto, si dice così: «Due scrittori in riva al mare giocavano con la sabbia e il secchiello. C’era un terzo scrittore nei pressi che scavava con una paletta, e un quarto stava nell’acqua fino ai ginocchi contemplando le increspature del mare. Lontano, dove finiva la sabbia, un quinto scrittore succhiava un gelato. “È ora di scrivere,” gridava a un certo punto l’assistente sociale suonando allegramente una campanella. Al che tutti si alzavan festosi. Alcuni che erano in mare con il salvagente tornavano a riva: e così pure chi era tra gli scogli a guardare le alghe. “Avete fatto le osservazioni?” chiedeva l’assistente sociale. “Sì”, rispondevano gli scrittori in coro. “Anch’io le ho fatte,” diceva in ritardo uno scrittore più basso, ancora tutto bagnato, e mostrava un sassolino. Al che ridevano tutti, e anche lo scrittore più basso rideva». E voglio finire con le galline numero 103: «Due galline andarono al giardino zoologico e osservarono con curiosità tutti quegli strani animali dentro le gabbie. Alla fine si guardarono pensierose negli occhi e si domandarono perché mai non ci fosse anche una gabbia con dentro le galline. “Vuoi vedere”, si dissero le due amiche, “che le galline non sono animali?”».
[uscito ieri su Libero]
[uscito ieri su Libero]
venerdì 18 Febbraio 2011
Per secoli e secoli abbiamo sacrificato tante cose per il bene dello Stato. È ora che lo Stato si sacrifichi per noi.
[Friedrich Dürrenmatt, Romolo il Grande, in Teatro, edizione a cura di Eugenio Bernardi, Torino, Einaudi, 2002, p. 205]