martedì 2 Febbraio 2016
«Io non so», gridai con voce afona, «certo non so. Se non viene nessuno, ebbene, allora non venga nessuno. Io non ho fatto del male a nessuno, nessuno ha fatto male a me, però nessuno mi vuole aiutare. Proprio nessuno. Eppure non è così. Soltanto, che nessuno mi aiuti, altrimenti, tanti nessuno, che bella cosa! Sarei molto contento, e perché no? di fare una gita con una compagnia di tanti nessuno. In montagna, si capisce, dove altrimenti? Come questi nessuno si affollano, tutte queste braccia tese oblique o intrecciate a braccetto, tutti questi piedi, separati da passi brevissimi! Si capisce che tutti indossano la marsina! Andiamo così, lalà, il vento passa nei vuoti che lasciamo formare nelle nostre file. Il collo si sente libero in montagna! È un miracolo se non cantiamo.»
[Franz Kafka, I racconti, traduzione di Henry Furst, Milano, Longanesi 1965, p. 51]
giovedì 10 Dicembre 2015
Quando sono a letto, ho la silhouette, mi pare, d’un grosso coleottero, d’un cervo volante o d’un maggiolino. Sì, la silhouette d’un coleottero di grandi proporzioni. Prendo perciò una posizione da fare credere a un letargo invernale e premo le mie zampette contro l’addome prominente. Poi sussurro poche parole che sono le mie istruzioni al corpo, che, triste, sta in attesa, chino e immobile, accanto al letto. Gli dico velocemente tutto. Lui s’inchina e s’avvia rapidamente. Eseguirà ogni cosa nel modo migliore mentre io mi riposo.
[Franz Kafka, Storie di animali, traduzione di Valeria Giudice, Palermo, Sellerio 2005, p. 53]
mercoledì 2 Settembre 2015
«A te, corvo!», dissi. «Razza di vecchio corvo di malaugurio, perché stai sempre sulla mia strada? Dovunque mi trovi, stai là a raddrizzare le tue miserabili penne. Sei insopportabile!».
E lui «È vero». E si mise a marciare in lungo e in largo davanti a me come un professore che incomincia la lezione. «È giusto, io stesso comincio a esserne seccato».
[Franz Kafka, Storie di animali, traduzione di Valeria Giudice, Palermo, Sellerio 2005, p. 94]
giovedì 23 Aprile 2015
Donde l’improvvisa fiducia? Oh, mi rimanesse! Potessi entrare e uscire da tutte le porte come un uomo relativamente impavido! Salvo che non so se lo voglio.
Franz Kafka, Diari, 6 novembre 1913
[Epigrafe al primo capitolo di Pierre Zaoui, L’arte di scomparire. Vivere con discrezione, traduzione di Alice Guareschi, Milano, Il saggiatore 2015, p. 35]
martedì 16 Ottobre 2012
Le nostre leggi non sono note a tutti, esse sono un segreto riservato al piccolo gruppo di nobili che ci domina. Noi siamo convinti che queste antiche leggi vengano scrupolosamente applicate, ma tuttavia è estremamente penoso esser governati secondo leggi che ci sono ignote. Non voglio alludere alle diverse possibilità di interpretazione e agli inconvenienti che si verificano quando soltanto a pochi, e non a tutto il popolo, è concesso di prendere parte all’interpretazione. Questi inconvenienti forse non sono neppure molto gravi. Le leggi sono antichissime, i secoli hanno cooperato alla loro interpretazione e questa è divenuta legge a sua volta; le libertà di interpretazione sono ancora sempre possibili, ma sono molto limitate. Inoltre nell’applicazione della legge la nobiltà non ha evidentemente alcuna ragione di lasciarsi influenzare a nostro svantaggio dal suo interesse personale, poiché le leggi sono state stabilite fin da principio a favore della nobiltà stessa, la quale sta al di fuori della legge, e appunto per questo, pare, la legge è posta esclusivamente nelle mani dei nobili. Questo naturalmente è molto saggio – chi dubita della saggezza delle antiche leggi? – ma è per l’appunto un tormento per noi; forse ciò è inevitabile.
Del resto anche di queste presunte leggi noi possiamo, in fondo, soltanto supporre l’esistenza. È tradizione che esse esistano e siano segretamente affidate alla nobiltà, ma ciò non è e non può essere nulla più che una vecchia tradizione, degna di fede per la sua vetustà, poiché il carattere stesso di queste leggi esige che la loro essenza sia mantenuta segreta. Noi gente del popolo seguivamo attentamente, fin dai tempi più remoti, le azioni dei nobili, possediamo su di esse delle annotazioni scritte dai nostri padri, le abbiamo coscienziosamente continuate e crediamo di riconoscere negli innumerevoli fatti certe linee direttive che fanno argomentare questa o quella missione storica, e secondo queste deduzioni accuratamente vagliate e coordinate cerchiamo di organizzarci un poco per il presente e per l’avvenire – ebbene, tutto questo è incerto e forse non è che un gioco dell’intelligenza, perché può essere che queste leggi che noi cerchiamo di indovinare non esistano affatto. Vi è un piccolo partito che è di questa opinione e che cerca di dimostrare che, se una legge esiste, essa non può esser concepita che così: ciò che fa la nobiltà, è legge.
[Franz Kafka, Il messaggio dell’imperatore. Racconti, versione di Anita Rho, Milano, Adelphi 1994, pp. 277.278]