Come scavata nel processo dell’appetito
La coscienza è soltanto un sogno ad occhi aperti. «È così che un bambino crede di desiderare liberamente il latte, un giovane in collera di volere liberamente la vendetta, un pauroso la fuga. Così, persino l’ubriaco crede di dire per libera decisione della mente quelle cose che, fuori da quello stato, vorrebbe aver taciuto».
Inoltre occorre che la coscienza stessa abbia una causa. Capita a Spinoza di definire il desiderio come «l’appetito con coscienza di se stesso». Ma precisa che si tratta solamente di una definizione nominale del desiderio, che la coscienza non aggiunge nulla all’appetito («noi non tendiamo ad una cosa […] per il fatto che la riteniamo buona, ma, […] al contrario, giudichiamo che una cosa sia buona, perché tendiamo ad essa». Occorre dunque pervenire ad una definizione reale del desiderio che mostri, al tempo stesso, la «causa» da cui la coscienza è come scavata nel processo dell’appetito.
[Gilles Deleuze, Filosofia pratica, traduzione di Marco Senaldi, Milano, Guerini e associati 2012 (5), p. 31]