venerdì 10 Giugno 2022
Qualche anno fa, dopo una lezione (polvere di gesso sospesa nell’aria autunnale, vecchio termosifone che gorgoglia nell’angolo, banda musicale che si esercita da qualche parte in lontananza, per esempio), mi sono reso conto che alcuni dei momenti migliori della mia vita, momenti nei quali ho davvero avuto la sensazione di offrire al mondo qualcosa di prezioso, li ho trascorsi tenendo queste lezioni sui russi.
[George Saunders, Un bagno nello stagno sotto la pioggia, trad. di Cristiana Mennella, Milano, Feltrinelli 2022, p. 13]
venerdì 27 Maggio 2022
Alla vigilia della Prima guerra mondiale, Mosca era la città più sorvegliata d’Europa (con un poliziotto ogni 287 abitanti circa rispetto ai 325 di Berlino, i 336 di Parigi e i 342 di Vienna). Il commissariato di polizia di Jakimanka, a cui faceva capo la Palude, registrava tutti i residenti stranieri, gli ebrei, gli studenti, i tassisti, gli operai e i disoccupati, tra gli altri, nonché “esercizi commerciali, alberghieri, industriali e artigianali”. Oltre alle registrazioni e ai rapporti di routine, i poliziotti erano tenuti ad annotare gli “umori” di particolari gruppi di individui (soprattutto) quelli che più probabilmente potevano avere “un effetto negativo sui compagni di lavoro”), a incoraggiare i residenti a esporre le bandiere nelle festività pubbliche e a “tenere sotto controllo” tutti “gli individui sottoposti a sorveglianza aperta o segreta della polizia”. Alla voce “tratti caratteristici” nei registri della polizia, alcune di queste persone erano descritte come “irascibili”, altre come “loquaci”, altre ancora – la maggioranza – come “contemplative”. Più intensamente la polizia operava, più irascibili, loquaci e contemplativi diventavano gli individui sottoposti a controllo.
[Yuri Slezkine, La casa del governo, trad. di Bruno Amato, Feltrinelli, Milano 2018, p. 36]
mercoledì 3 Marzo 2021
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Ma i comuni mortali, davvero è difficile capire come son fatti, i comuni mortali: per quanto sia banale una notizia, basta che sia una notizia, loro senz’altro la affibbiano a un altro comune mortale, anche magari solo per dire: “Guardate che balle, che mettono in giro”. E l’altro comune mortale, con piacere porge l’orecchio, benché poi dica egli stesso “Sì, questa è una volgare menzogna, che non merita che le si presti nessuna attenzione”, dopo di che parte subito a cercare un terzo comune mortale al fine, dopo avergliela raccontata, di potere esclamare con lui, con nobile indignazione: “Che volgare menzogna!”. E la cosa farà senza dubbio il giro di tutta la città e tutti i comuni mortali, per quanti ce ne sono, ne parleranno senza dubbio a sazietà, e poi riconosceranno che la cosa non merita attenzione /…/
[Rinnoviamo con Feltrinelli il contratto per la traduzione di Anime morte di Gogol’ (immagine di Konstantin Grišin)]
sabato 17 Ottobre 2020
Quasi ovunque – e spesso anche a proposito di problemi puramente tecnici – l’operazione del prendere partito, del prender posizione a favore o contro, si è sostituita all’operazione del pensiero. Si tratta di una lebbra che ha avuto origine negli ambienti politici e si è allargata a tutto il Paese fino a intaccare quasi la totalità del pensiero.
[Simone Weil, Senza partito, traduzione di Marco Dotti, Milano, Feltrinelli 2013, p. 41]
martedì 4 Agosto 2020
Vedi Rodja, io l’ammetto, sei un ragazzo intelligente, ma sei un imbecille.
[Fëdor Dostoevskij, Delitto e castigo, traduzione di Damiano Rebecchini, Milano, Feltrinelli 2019 (8), pp. 197-198]
martedì 28 Luglio 2020
«A me piace,» proseguì Raskol’nikov, «mi piace quando cantano al suono dell’organetto in una fredda sera d’autunno, buia e umida, soprattutto quando è umido e i passanti hanno tutti un’espressione malata e un colorito verde pallido, o ancora meglio, sapete, mi piace quando cade la neve bagnata e vien giù dritta, senza vento, e attraverso la neve brilla la fiamma dei lampioni a gas».
[Fëdor Dostoevskij, Delitto e castigo, traduzione di Damiano Rebecchini, Milano, Feltrinelli 2019 (8), p. 185]
lunedì 27 Luglio 2020
«Non un granello di polvere in tutto l’appartamento. Una pulizia così c’è solo nelle case delle vecchie vedove, sole e cattive». continuò a pensare Raskol’nikov fra sé.
[Fëdor Dostoevskij, Delitto e castigo, traduzione di Damiano Rebecchini, Milano, Feltrinelli 2019 (8), p. 31]
martedì 16 Giugno 2020
Ecco l’intervista di un giornalista del quotidiano Kayan di Teheran a un uomo che ha abbattuto le statue dello scià:
Da anni e anni il giovane scià non faceva che erigere statue in onore suo e del padre, per cui ce n’era un bel po’ da abbattere.
D. Le ha abbattute tutte?
R. Sì, non è stato difficile. Al rientro dello scià dopo il colpo di stato non c’era più un solo monumento a Pahlavi. Ma lui cominciò immediatamente a farne eriger dei nuovi, a se stesso e al padre.
D. Vuol dire che voi li tiravate giù, lui li ricostruiva, voi li tiravate giù di nuovo e via di seguito?
R. Sì, proprio così. Roba da far cascare le braccia. Ne distruggevamo uno, e lui ne costruiva tre; ne distruggevano tre, e lui ne tirava su dieci. Non se ne veniva mai a capo. /…/ Nel ’79, durante l’ultima rivoluzione, ci si vollero immischiare anche i dilettanti, per cui purtroppo ci furono molti incidenti: più d’uno ci rimase sotto. Abbattere un monumento non è semplice come sembra. Ci vogliono pratica e professionalità. Bisogna stabilire di che materiale è fatto, il peso, l’altezza, se all’intorno è saldato o cementato, in che punto attaccare la fune, in che direzione fare oscillare la statua e, infine, come distruggerla. Appena cominciavano i lavori per erigete una nuova statua, noi ne approfittavamo per fare i nostri calcoli.
[Ryszard Kapuściński, Shah-in-shah, trad. di Margherita Belardetti, Milano, Feltrinelli 2009 (6), pp. 43-44]
domenica 12 Aprile 2020
P. S. Io, mia carissima, adesso non scrivo satire su nessuno. Son diventato vecchio, matuška, Varvara Aleksandrovna, per mostrare i denti per nulla! E, secondo il proverbio russo, è di me che rideranno: chi scava la fossa all’altro, ci finisce dentro pure lui.
[Fëdor Dostoevskij, Povera gente, a cura di Serena Prina, Milano, Feltrinelli 2017, p. 36]
giovedì 19 Dicembre 2019
Eh, mio caro Nikolaj Nikolaevič, Parigi è una città terribilmente noiosa, e se non vi fosse una quantità di cose davvero notevolissime, vi si potrebbe addirittura morire di noia. I francesi, in fede mia, sono gente che fa addirittura venire la nausea.
[Fedor Dostoevskij, Lettere sulla creatività, a cura di Gian Lorenzo Pacini, Milano, Feltrinelli 2011, p. 61 (Dostoevskij era a Parigi da 10 giorni, quando ha scritto questa lettera, l’8 luglio del 1862)]