28 marzo – Bologna

mercoledì 28 Marzo 2018

Mercoledì 28 marzo
a Bologna,
in fiera,
alle 11,
al Translators Café (sic)
Pad. 21 Stand B/81,
con Fabian Negrin
parliamo di Van’ka
di Anton Čechov,
se non mi sbaglio.

Una boccetta di inchiostro

martedì 27 Marzo 2018

Van’ka Žukov, un ragazzo di nove anni che da tre mesi era stato messo a bottega dal calzolaio Aljachin, la notte prima di Natale non era andato a dormire. Dopo avere aspettato che i padroni e gli apprendisti uscissero per andare a messa, aveva tirato fuori dall’armadio del padrone di casa una boccetta di inchiostro, una penna con il pennino arrugginito e, steso davanti a sé un foglio di carta tutto spiegazzato, aveva cominciato a scrivere. Prima di tracciare la prima lettera, aveva gettato uno sguardo timoroso alla porta e alle finestre, aveva guardato di traverso l’icona scura, ai lati della quale si stendevano gli scaffali con le forme per le scarpe, e aveva strascicato un sospiro. La carta stava su uno sgabello, e lui ci si era messo davanti in ginocchio.

[Anton Čechov, Van’ka, illustrazioni di Fabian Negrin, Roma, orecchio acerbo 2018, pp. 7.8]

È grande la California

giovedì 26 Ottobre 2017

La signorina Gemma diceva che avevo bisogno di tagliarmi i capelli, mia madre diceva che avevo bisogno di tagliarmi i capelli, mio fratello Krikor diceva che avevo bisogno di tagliarmi i capelli; tutti volevano che andassi a tagliarmi i capelli. Il mondo non mi permetteva di avere una testa così grossa di capelli. Troppi capelli neri, troppi, diceva il mondo.
Tutti dicevano:
«Quando vai a tagliarti i capelli?».
C’era un uomo d’affari nella nostra città che si chiamava Huntington e che ogni giorno soleva comprare da me l’Evening Herald.
Era un uomo che pesava più di un quintale, possedeva due Cadillac, sei jugeri di terreno piantati a uva di Alicante, un milione di dollari, e aveva una piccola testa calva in cima a una grossa persona.
Egli portava i forestieri di passaggio per la nostra città a vedere la mia testa.
«È grande la California» urlava in mezzo alla strada. «C’è aria buona» urlava. «Ma, santo Dio, avete mai visto tanti capelli su una testa?»
La signorina Gemma diventava ogni giorni più feroce in proposito.
Un giorno disse:
«Non faccio nome, ma se un certo giovanotto di questa classe non va a tagliarsi i capelli uno di questi giorni finisce che lo mando al riformatorio».
Non faceva nomi. Però mi guardava.
«Perché non te li tagli?» diceva mio fratello Krikor.
«Pensa a Sansone» dicevo io. «Pensa alla collera di Sansone quando gli tagliarono i capelli.»
«Che c’entra questo?» diceva mio fratello Krikor. «Tu non sei Sansone.»
«Ah no? Sei sicuro che non lo sono? Cosa ti fa pensare che non lo sono?»
Ero contento che tutti ce l’avessero con me per i miei capelli, ma un giorno un passero cercò di farsi il nido nella mia testa; così corsi da un barbiere.

[William Saroyan, Lo zio del barbiere e la tigre che gli mangiò la testa, illustrazioni di Fabian Negrin, traduzione di Elio Vittorini, Roma, orecchio acerbo 2017, pp. 7-10]