domenica 28 Giugno 2020
Alla fine del 1862 Dostoevskij va all’estero per la prima volta e visita la Francia, l’Inghilterra, la Svizzera, la Germania. Tornato, pubblica «Note invernali su impressioni estive». Della libertà scrive: «Cos’è la liberté? La libertà. Che libertà? La libertà di fare tutto quello che si vuole entro i limiti della legge. Quando si può fare quello che si vuole? Quando si possiede un milione. La libertà fa ottenere a tutti un milione? No. Che cos’è una persona senza un milione? Una persona senza un milione non è uno che fa tutto quel che vuole, è uno a cui fanno tutto quel che vogliono».
[Evgenija Saruchanjan, Dostoevskij a Pietroburgo, Lenizdat 1970, p. 143]
domenica 16 Luglio 2017
Molti anni dopo la morte di Dostoevskij, il giovane compositore S. Prokov’ev, che stava scrivendo un’opera sul romanzo Il giocatore, si era rivolto a Anna Grigor’evna. Al momento di salutarsi, dopo averla ringraziata per l’aiuto, S. Prokof’ev aveva chiesto alla moglie dello scrittore di lasciare qualche parola nel suo album. Prokof’ev aveva avvisato Anna Grigor’evna che era un album originale, e che ci si potevano scrivere solo cose che avevano a che fare col sole.
Anna Grigor’evna aveva preso la penna e, dopo averci pensato, aveva scritto:
– Fëdor Dostoevskij è il sole della mia vita. Anna Dostoevskaja.
[Evgenija Saruchanjan, Dovtoevskij v Peterburge, Leningrad, Lenizdat 1970, p. 60]
giovedì 13 Luglio 2017
L’8 novembre del 1866, quando Anna Grigor’evna era andata ancora da Dostoevskij a lavorare, lui le aveva detto che gli era venuto in mente un romanzo nuovo, ma che non era sicuro e voleva il suo consiglio. «Io ero così orgogliosa di poterlo aiutare», scrive nelle sue memorie Anna Grigor’evna.
– Chi è il protagonista del suo romanzo?
– Un artista, un uomo non più giovane, della mia età. /…/
Per il suo eroe Fedor Michajlovič non aveva risparmiato i colori forti: era un uomo invecchiato precocemente, un malato incurabile, tetro, sospettoso, con un buon cuore, a dire il vero, ma incapace di esprimere i propri sentimenti, un arista forse di talento, ma sfortunato, che non era mai riuscito a incarnare le proprie idee nella forma che sognava da sempre…
– E poi, – aveva continuato Dostoevskij, – in questo momento decisivo della sua vita l’artista incontra una donna giovane, della sua età, più o meno, forse un anno o due di più. Chiamiamola Anja, solo per non chiamarla la protagonista. È un bel nome… È possibile che una donna giovane, così diversa per carattere e per abitudini, possa innamorarsi del mio artista? Non sarebbe, psicologicamente, inverosimile? Era questo, che volevo chiederle.
– Ma perché dovrebbe essere inverosimile. Se, come dice lei, la sua Anja non è solo una civetta, ma ha un cuore buono, sensibile, perché non dovrebbe innamorarsi del suo artista? Perché è malato e povero? Come se ci si potesse innamorare solo per l’aspetto esteriore e per la ricchezza…
Lui taceva, come se dubitasse di qualcosa.
– Si metta per un attimo nei panni di lei, – aveva detto con la voce che un po’ gli tremava, – Si immagini che questo artista, io, per esempio, si immagini che io le confessi che la amo e le chieda di essere mia moglie. Mi dica, cosa mi risponderebbe lei?
– Io le risponderei che la amo anch’io e che la amerò sempre. – aveva detto Anna Grigor’evna.
Alla vigilia del matrimonio F. M. Dostoevskij aveva trovato un nuovo appartamento sulla prospettiva Voznesenskij.
[Evgenija Saruchanjan, Dovtoevskij v Peterburge, Leningrad, Lenizdat 1970, p. 60]
giovedì 13 Luglio 2017
In tutto il racconto non ci sono una parola o un’espressione semplice, viva: tutto è ricercato, forzato, sui trampoli, adulterato e falso.
[Evgenija Saruchanjan, Dovtoevskij v Peterburge, Leningrad, Lenizdat 1970, p. 60]