Con i russi
Ho incontrato Mario Martone in un caffè di Milano per parlare della sua regia dell’Evgenij Onegin di Čajkovskij, e la prima cosa che gli ho chiesto è stata “Come va con i russi?”
Ho incontrato Mario Martone in un caffè di Milano per parlare della sua regia dell’Evgenij Onegin di Čajkovskij, e la prima cosa che gli ho chiesto è stata “Come va con i russi?”
La lettura di Ermanno Cavazzoni dell’Eugenio Oneghin di Puškin, nella traduzione di Ettore Lo Gatto, fatta al circolo dei lettori di Torino il 5 febbraio del 2013 dentro la rassegna Gli inabbracciabili: Clic.
Mercoledì 8 maggio,
a Bergamo,
allo spazio Polaresco,
alle ore 21,
Forse siamo dei maniaci,
discorso sull’Evgenij Onegin
di Aleksandr S. Puškin
come romanzo di formazione
(chissà),
dura un’ora
Allora, per Puškin, fu molto importante la njanja, la nutrice, Arina Rodionovna, che gli raccontava, da piccolo, le fiabe popolari, e alcune Puškin poi le ha riescritte, e sono diventate celebri in tutto il mondo, come quella del pesciolino d’oro e quella lingua lì, la lingua della njanja, la lingua popolare, la lingua degli oggetti, delle mani, della fatica, la lingua parlata, Puškin l’ha portata nella letteratura, ne ha fatto la lingua della letteratura e alla njanja di Puškin, una contadina, una serva della gleba, una serva, a Pskov, che è la regione dove c’erano i possedimenti della famiglia di Puškin, hanno fatto un monumento, così come da noi, in Toscana, avrebbero potuto fare un monumento alla donna di servizio toscana di Manzoni, alla quale, continuamente, Manzoni chiedeva come si dicevano le cose in toscano, mentre lavorava alla nuova stesura dei Promessi sposi.
[Pezzetto del discorso sull’Evgenij Onegin come romanzo di formazione (chissà) che dico a Bergamo mercoledì 8 maggio]