Se si pensa alla mia reputazione
Per esempio era preoccupata di dover interpretare la sfortunata, edonistica eroina di Venere in visone, di John O’Hara; un obbligo legale difficile da sciogliere (per quel ruolo, avrebbe poi vinto un Oscar), ma avrebbe preferito sottrarvisi perché: «Quella ragazza non mi piace. Non mi piacciono le sue idee. Il suo squallido vuoto. Gli uomini. Tutto quell’andarci a letto».
A quel punto mi venne in mente una conversazione che avevo avuto con Marylin Monroe (non che io intenda fare un paragone fra la Taylor e la Monroe: sono due ragazze completamente diverse, una professionista la prima, tutta «prendere o lasciare», una primitiva la seconda, morbosamente insicura, un talento di natura). Ma l’atteggiamento morale della Monroe era molto simile: «Io non credo nel sesso casuale- Giusto o sbagliato che sia, se un uomo mi piace penso che sia giusto sposarlo. Non so perché. Forse è una cosa stupida. Ma io la penso così. Oppure, se le cose non possono andare a questo modo, devono però avere un senso. Qualcosa che vada oltre il lato puramente fisico. È buffo, se si pensa alla mia reputazione. Che forse è meritata. Solo che io non lo penso. Di meritarla, voglio dire. È che la gente semplicemente non capisce che a volte le cose ti capitano. Assolutamente senza il tuo consenso. Senza il tuo consenso interiore, voglio dire».
[Truman Capote, Elizabeth Taylor (1974), in Ritratti e osservazioni, traduzione di Stefania Cherchi, Milano, Garzanti 2008, pp. 394-395]