venerdì 28 Dicembre 2018
L’atteggiamento di Tolstoj verso i matrimoni era negativo, e pianse le nozze della figlia. Diceva che, in generale, ai matrimoni bisogna piangere.
[Viktor Šklovskij, L’energia dell’errore, traduzione di Maria Di Salvo, Roma, Editori Riuniti 1984, p. 213]
domenica 16 Dicembre 2018
Per Tolstoj questo aspetto ha un’importanza di principio: egli diceva che gli uomini non sono intelligenti, stupidi, coraggiosi, codardi, no: gli uomini sono come un fiume, che attraversa valli ora strette, ora ampie, ora incontrando un banco di sabbia, ora una cascata.
[Viktor Šklovskij, L’energia dell’errore, traduzione di Maria Di Salvo, Roma, Editori Riuniti 1984, p. 353]
venerdì 14 Dicembre 2018
Il termine «scritto» è sbagliato se riferito ai romanzi. I romanzi non si scrivono, anche se Mark Twain, rispondendo alla domanda su come si dovesse scrivere un romanzo, rispose: «stando seduti». I romanzi vengono costruiti. Il romanzo non è un lago, ma un fiume, e si potrebbero scegliere come epigrafe per i romani le parole del Canto della schiera di Igor:
«O Dnepr Slavutič! Ti sei fatto strada tra i monti di pietra…»
[Viktor Šklovskij, L’energia dell’errore, traduzione di Maria Di Salvo, Roma, Editori Riuniti 1984, p. 236]
lunedì 19 Novembre 2018
Čechov scriveva novelle senza inizio né fine.
Al fratello Alessandro, uomo di talento, padre del geniale attore Michail Čechov, e uomo saturo di futuro, scriveva che, una volta scritto un racconto, bisognava strappare le prime cinque pagine senza leggerle. Eliminava esordi e scioglimenti.
Čechov diceva che il vecchio dramma sapeva una cosa sola: il protagonista moriva o si sposava.
La vecchia prosa non era morta.
Ma Čechov aveva imboccato una via nuova, inesplorata, non battuta; addirittura rimasta inavvertita.
Cominciò col vedere la natura.
La natura siamo noi stessi.
A cominciare dai bambini piccolissimi, che sono essi stessi natura, e per questo non la vedono.
Se in ciò vedete una contraddizione, sono lieto per voi.
[Viktor Šklovskij, L’energia dell’errore, traduzione di Maria Di Salvo, Roma, Editori Riuniti 1984, p. 172]
venerdì 2 Novembre 2018
Ma Tolstoj non vuole stupire mostrando cose strane.
Egli vuole mostrare la stranezza del quotidiano, nei dettagli.
Ivan Il’ič è morto, eppure tutti sono contenti.
È lui il morto, non io.
E Ivan Il’ič giace là dove «devono» giacere tutti i morti.
La vita vissuta da Ivan Il’ič è stata delle più semplici e delle più terribili.
Tolstoj temeva non solo la morte, ma anche la vita, se era quella di sempre.
[Viktor Šklovskij, L’energia dell’errore, traduzione di Maria Di Salvo, Roma, Editori Riuniti 1984, p. 172]
martedì 9 Ottobre 2018
Nelle penultime parole del Decameron, Boccaccio dice che il vento agita solo gli alberi grandi.
[e]
Alla fine dell’Uva spina [di Čechov] il protagonista è contento di sé; e questo è il dramma più terribile, che un uomo sia contento della propria esistenza.
[Viktor Šklovskij, L’energia dell’errore, traduzione di Maria Di Salvo, Roma, Editori Riuniti 1984, pp. 364, 366]
mercoledì 19 Settembre 2018
In un grande scrittore il carattere del personaggio è come fotografato da diversi punti di vista; il dubbio di Puškin su chi sia Onegin, assieme con la proposta di tutta una serie di nomi, termina col pensiero: pare che questo sia lui.
Per Tolstoj questo aspetto ha un’importanza di principio: egli diceva che gli uomini non sono intelligenti, stupidi, coraggiosi, codardi, no: gli uomini sono come un fiume, che attraversa valli ora strette, ora ampie, ora incontrando un banco di sabbia, ora una cascata.
«L’uomo scorre e in lui ci sono tutte le possibilità: era stupido, è diventato intelligente, era malvagio, è diventato buono, e viceversa. In ciò consiste la grandezza dell’uomo. E perciò non si può giudicare un uomo. Giudicare quale uomo? Tu l’hai condannato, ed egli è già un altro. Non si può neppure dire: non mi piace. L’hai appena detto, ed è qualcosa di diverso».
[Viktor Šklovskij, L’energia dell’errore, traduzione di Maria Di Salvo, Roma, Editori Riuniti 1984, p. 353]
sabato 25 Agosto 2018
Mark Twain, rispondendo alla domanda su come si dovesse scrivere un romanzo, rispose: «Stando seduti».
[Viktor Šklovskij, L’energia dell’errore, traduzione di Maria Di Salvo, Roma, Editori Riuniti 1984, p. 236]
venerdì 10 Agosto 2018
– Andatevene, canaglie! – diceva con voce sorda. Tra i peli folti della faccia luccicavano i denti, grossi e gialli. Il gruppo si scioglieva impaurito, urlandogli contro qualche insulto.
– Canaglie! – diceva ormai alle loro spalle, e gli occhi gli rilucevano di uno scherno tagliente come una lesina. Poi, tenendo la testa in atteggiamento di sfida li seguiva e li provocava:
– Su, chi vuole morire?
Ma nessuno ne aveva voglia.
Parlava poco, e «canaglia» era la sua parola preferita. Così chiamava i capi della fabbrica e la polizia, così chiamava la moglie.
– Non vedi, canaglia, che ho i calzoni rotti?
[Maksim Gor’kij, La madre, traduzione di Luciana Montagnani, Roma, Editori Riuniti 1980, p. 8]
lunedì 28 Maggio 2018
Bisogna strapparsi alla propria casa, al calcolo sicuro sul domani o sul dopodomani, e prendere il volo per sé, per un’esigenza interiore, ma non come un uccello, perché gli uccelli seguono le vecchie vie; volar via come vola solo un uomo che lavora, che conosce il ritmo delle possibilità.
[Viktor Šklovskij, L’energia dell’errore, traduzione di Maria Di Salvo, Roma, Editori Riuniti 1984, p. 60]