Eccovi Mosca

giovedì 11 Febbraio 2010

prigov

Ricordare è facile. Mi ricordo che poco tempo fa pensavo a Leningrado e mi è venuta in mente Mosca. Per l’esattezza quanto mi era capitato a Mosca in vari anni. E lo stesso, seppure con differenze minime nei nomi delle vie e delle persone – dettagli trascurabili – mi è capitato a Leningrado. E con Leningrado. Poi però mi sono detto: che c’è di strano? Del resto sono io a ricordare, mica qualcun altro.
E mi ricordo proprio un caso in merito ai ricordi. In merito all’azione e al processo del ricordare. L’episodio è così indicativo che vale la pena di riportarlo, sebbene appartenga, è ovvio, a un altro periodo, a un contesto diverso e utilizzi parole assolutamente diverse. Ma è davvero assai indicativo. Eccolo.
Entro in metropolitana. Prendo la scala mobile. Poco più in basso, uno scalino sotto, ci sono due giovani signore di seconda, insomma, non primissima giovinezza. Vestite niente male. Niente male anche per i nostri tempi di lusso: costose pellicce. Truccate con misura, ma a sufficienza. Con una nota malinconica indolenza nella voce, una dice all’altra:
– Ho fatto tutto come mi hai detto tu, ma mi è rimasto comunque l’amaro in bocca.
Drizzo le orecchie, pronto ad ascoltare, prima che termini la discesa, se non proprio tutta almeno una buona parte della romantica storia, sul genere della Signora con il cagnolino di Čechov. Oppure Anna Karenina. Qualcosa di straziante, strappacuore fin ai più profondi, primitivi precordi.
– Avrai dimenticato di metterci la foglia di alloro – risponde l’altra con tono grave da maestrina.
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