Nondimeno
Le volpi hanno le loro tane, al carcerato danno una branda, il coltello riposa nella guaina, e tu non avevi dove appoggiare la testa.
Nell’utopia che hai scritto per l’almanacco futurista VZJAL tra le tante fantasie ce n’è una: ogni uomo ha diritto a una stanza in qualunque città.
Certo, nell’utopia si dice che ogni uomo deve avere una stanza di vetro, ma credo che Velimir ne avrebbe accettata anche una semplice.
È morto Chlebnikov, e qualche uomo polveroso sulla rivista Literaturnye zapiski ha detto qualcosa con voce decrepita a proposito di un “fallito”.
Nel cimitero sulla croce tombale il pittore Miturič ha scritto: «Velimir Chlebnikov – Presidente del globo terrestre».
Così si è trovato un posto per il pellegrino, non di vetro, certo.
È difficile, Velimir, che tu voglia resuscitare, per tornare a vagabondare.
E sopra un’altra croce era scritto: «Gesù Cristo, re giudeo».
È stato difficile per te andare per le steppe, fare il soldato, fare la guardia di notte ai magazzini, e ancora, semiprigioniero a Char’kov, partecipare a una rumorosa esibizione degli imaginisti.
Perdonaci per te e per gli altri, che uccideremo.
Perché ci riscaldiamo a fuochi stranieri.
Lo stato non risponde della morte degli uomini, ai tempi di Cristo non capiva l’aramaico e in generale non capisce mai la lingua umana.
I soldati romani che hanno inchiodato le mani di Cristo non sono più colpevoli dei chiodi.
Nondimeno coloro che vengono crocefissi soffrono molto.
[Viktor ŠKlovskij, Der Zoo, o lettere non d’amore, traduzione di Giulietta Greppi, Bologna, Meridiano zero 2014, pp. 33-35]