10 settembre – Ravenna
Domenica 10 settembre,
a Ravenna,
alla sala Dantesca
della biblioteca
Classense,
alle 10,
leggo un discorso
intitolato
I sandali di Dante,
in occasione
del 702° Annuale
della morte di
Dante.
I vocaboli che chiamiamo «urbani»
Cominciamo dunque con l’asserire che saper discernere fra i vocaboli non è uno dei compiti più facili per la ragione: a quanto vediamo, se ne possono infatti trovare di parecchie specie. Alcuni vocaboli vengono sentiti come femminei, alcuni come virili; taluni di questi ultimi ci appaiono poi agresti, altri invece urbani. Infine, alcuni dei vocaboli che chiamiamo «urbani» ci sembrano pettinati e lisci, altri invece irsuti e ispidi. Sono appunto questi vocaboli «pettinati» e «irsuti» quelli cui diamo il nome di «grandiosi»; i vocaboli che nel suono presentano una ridondanza li definiamo invece «lisci» e «ispidi». Così avviene anche per le grandi imprese: alcune sono opere di magnanimità, altre invece di presunzione. Anche qui infatti una ragione che sa ben giudicare vedrà chiaramente che, quando si viola la ben determinata linea della virtù, anche quello che a un’osservazione superficiale pare un innalzamento, non risulta tale, ma è invece un rovinare lungo l’opposto pendio.
Considera dunque attentamente, o lettore, che bisogno ci sia del vaglio per separare la pula delle parole eccellenti. In considerazione del volgare illustre (quello che, come si è detto prima, deve essere usato dai poeti tragici volgari, cui noi rivolgiamo il nostro insegnamento) avrai cura infatti che nel tuo vaglio rimangano solo i vocaboli più nobili. Fra questi non potrai assolutamente annoverare né i vocaboli «infantili» (come mamma e babbo, mate e pate) causa della loro semplicità, né quelli «femminei» (come dolciada e piacevole) a causa della loro mollezza, né quelli «agresti» (come greggia e cetra) a causa della loro ruvidezza, né i vocaboli «urbani» «lisci» e «ispidi», come femina e corpo. Vedrai dunque che ti restano soltanto i vocaboli «urbani» «pettinati» e «irsuti», che sono i più nobili e costituiscono le membra del volgare illustre. Secondo la nostra definizione sono «pettinati» i vocaboli trisillabi (o vicinissimi ai trisillabi), senza aspirazione, senza accento acuto e circonflesso, senza le consonanti doppie z o x, senza liquide geminate, senza mute seguite da liquide: vocaboli che, quasi fossero levigati, lasciano in chi parla una certa soavità, come amore, donna, disio, virtute, donare, letitia, salute, securate, defesa.
[Dante, De Vulgari Eloquentia, Libro secondo, capitolo VII, in Opere minori di Dante Alighieri, Vol. II, Utet, Torino 1986, cura e note di Sergio Cecchin]
Cartelli
La speranza non è che un ciarlatano che non smette di imbrogliarci; e, per me, io ho cominciato a star bene solo quando l’ho persa. Metterei volentieri sulla porta del paradiso il verso che Dante ha messo su quella dell’inferno: Lasciate ogni speranza ecc.
[Samuel Beckett, Pseudo-Chamfort, in Le poesie, Torino, Einaudi 1999, p. 135]